MILANO – È difficile nascondersi dal passato. Per quanto si cerchi di cancellarlo dalla memoria e di eliminarne le tracce, prima o poi torna sempre a chiedere il conto. E nessun passato è più carico di segreti e storie ancora da raccontare degli anni della guerra. È il caso di quanto accaduto in Slovenia, riportato alla luce da un semplice minatore, Mehmedalija Alić, nel 2007, nelle miniere di Trbovlje-Hrastnik vicino a Srebrenica. La sua storia, raccontata anche nel libro No One, è diventata un film grazie alla regista slovena Hanna Slak. Il segreto della miniera, questo il titolo, ripercorre l’impresa di Mehmedalija, le terribili scoperte che si nascondevano sottoterra e i tentativi del governo sloveno di insabbiare e nascondere la verità.

Prima dei fatti, facciamo un passo indietro. Le miniere, durante la Seconda Guerra Mondiale, avevano visto l’esecuzione di migliaia di vittime civili: i loro corpi erano stati lasciati disseminati nelle miniere e nel pozzo di Santa Barbara che si trova al loro interno. Quattromila persone, profughi di guerra, uccise nel maggio e nel giugno del 1945. Come se non bastasse, la Slovenia aveva già dovuto fare i conti con altri crimini, che erano invece di dominio pubblico. Tutti infatti erano a conoscenza della pulizia etnica operata dai serbi contro la popolazione slovena durante le guerre dei Balcani, oltre alla pulizia burocratica del governo della nuova Slovenia indipendente (dopo essersi staccata dall’ex-Jugoslavia), che aveva trasformato più di seicento sloveni in cittadini illegali.

Arriviamo al 2007 dove entra in gioco Mehmedalija: cosciente della storia più recente della Slovenia e del fatto che nella pulizia etnica dei Balcani aveva perso tutti i parenti maschi della sua famiglia, gli viene affidata una missione dal governo. Deve recarsi nella miniera, che verrà poi ribattezzata dalla popolazione “miniera crudele” e che fino ad allora era rimasta sigillata, per fare luce sulle voci dei presunti resti delle vittime della carneficina risalenti al conflitto mondiale. Due anni di scavi e 11 barriere ermetiche lo portarono a scoprire i corpi mummificati di quelle vittime e cancellati dalla Storia dal governo dell’allora Jugoslavia comunista. All’improvviso, Mehmedalija si trasformò nell’uomo che aveva riportato a galla i traumi della Slovenia del XX secolo e costretto tutti a trovarsi faccia a faccia con i fantasmi di un passato oscuro, crudele e inumano.

Le autorità – non che ci sia da stupirsi – si rifiutarono di dare troppo peso alla cosa. Nonostante le continue richieste del coraggioso minatore di riesumare i corpi per identificarli, tutt’oggi ne rimangono ancora più di settecento nell’Ossario delle miniere. Il coraggio e la determinazione di Mehmedalija, deciso a non lasciare che questo pezzo di Storia venisse nuovamente dimenticato, era una diretta minaccia al potere, così le autorità lo screditarono e tagliarono la sua pensione per farlo zittire. Per fortuna, le minacce non sono servite a niente: Mehmedalija ha continuato a raccontare cosa aveva scoperto, sempre in nome della verità e della giustizia, e solo in anni recenti il suo impegno è stato riconosciuto anche dalle autorità.
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