VENEZIA – Timothée Chalamet, appena entra nella camera dell’Hotel Excelsior riservata alle interviste di The King, si siede davanti a noi e, guardandoci negli occhi, ci saluta con un «Ciao». Se, un attore (giovane) si giudica anche da certi dettagli, Chalamet è già uno dei grandissimi. E lo dimostra anche nel film di David Michôd, in cui interpreta Enrico V, principe e poi Re d’Inghilterra, in lotta con sé stesso e la sua famiglia. «The King, per me, è stata un’esperienza istruttiva, ho imparato da tutti, mi piacciono questi progetti e sto cercando costantemente di trovare la mia versione migliore come attore», ha raccontato Chalamet ad Hot Corn, «Sono fan dei lavori di David Michôd e di Joel Edgerton (qui attore e sceneggiatore ndr), e la trasformazione del mio Hal è stata una cosa strana, diversa, e per questo una bellissima sfida».

Essere attori, essere famosi, può comportare dei privilegi come quelli di un Re?
Tutto è cominciato con Chiamami col tuo Nome, un film assolutamente puro, in tutto il suo intento. Non voglio esprimermi in termini cinici, ma il cinema, la notorietà, ti permette di illuminare cause che ti stanno a cuore. E in questo sono fortunato, perché è un concetto che non apparteneva molto alle generazioni precedenti.
Com’è stato interpretare un eroe non muscolare, ma intelligente, coraggioso e lungimirante?
Devi prendere il cuore dei tuoi soldati. Ed è un elemento importante perché l’eroe non è un gladiatore, non va in battaglia per uccidere, non desidera la guerra. In un mondo di machi, di maschi alfa, di mascolinità tossica, non abbiamo cercato di rappresentare la caricatura di un uomo, pur dovendo mantenere un grande potere. Si tratta pur sempre di recitare, e sentirsi adulti vale per i Re come per gli uomini. Sono problemi umani.

Puoi raccontarci com’è stato girare la sequenza della battaglia?
Il regista era fissato su questo punto, niente Hollywood, niente stunt, niente finzione. Doveva esserci tensione, fatica. In quella battaglia molte persone sono morte affogate invece che per colpi di spada. Così ne abbiamo fatto una rappresentazione diversa, più vera.
Prima di girare il film, hai visto il film con Laurence Olivier e Kenneth Branagh?
Non li avevo visti prima di The King, perché ci siamo dedicati alla storia e alla vita di Hall, che lotta con il peso della sua discendenza. Mi interessava più quell’aspetto, il suo essere giovane, il peso della discendenza, una discendenza reale. Non è basato sull’opera teatrale

Quali sono i tuoi riferimenti cinematografici?
Dico Joaquin Phoenix, Heath Ledger… C’è una scena di Phoenix, in The Master, seduto davanti ad Philip Seymour Hoffman, che è una vera masterclass di recitazione, da cui ho imparato moltissimo. Poi, ricordo il Joker di Heat Ledger in The Dark Knight Rises. E, ovviamente, non vedo l’ora di vedere Joker di Joaquin, anche se quando l’ho incontrato in albergo dell’albergo non mi ha notato…
- Qui la recensione del film di David Michôd: The King
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