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Tra Timothée Chalamet ed Enrico V | The King e le responsabilità di un Re moderno

David Michôd dirige un dramma storico (semi)vero, costruendo un eroe nobile, coraggioso e… rock

Timothée Chalamet è The King

VENEZIA – Enrico V d’Inghilterra, il re più rock di tutto il Medioevo. Potremmo riassumerla così la trama (semi)vera di The King, intelligente ritratto storico (e pop) che ne fa David Michôd nel suo film. Perché poi, al cinema (anche se The King, dopo il passaggio in sala, arriva su Netflix), i ribelli funzionano, si fanno amare, siamo pronti a schierarci dalla loro parte, sempre e comunque. Figuriamoci se il ribelle, qui, ha la faccia di Timothée Chalamet, Principe prima che Re, legittimo erede ad un trono che non vorrebbe ereditare, per quei conti in sospeso con un padre bramoso di guerre e dispotismo.

Il Re Timothée Chalamet

Così, da dramma storiografico, The King diventa una sorta di inno alla lungimiranza, al coraggio e alla nobiltà intellettuale. Perché, Hal, come lo chiama John Falstaff (Joel Edgerton), tanto amico quanto valoroso (ma decaduto) guerriero, in conflitto contro la Francia non vuole andare, eppure è costretto da quei giochi di potere e di politica da cui non si può scappare, soprattutto se, vista la giovane età, nessuno lo prende sul serio. Anzi, c’è un complotto che lo vorrebbe addirittura defraudare. Allora, l’eroe di Chamalet, scende in battaglia, l’affronta da uomo, la rispetta pur non accettandola, elaborando la sua idea, non comprendendo come la pace si possa barattare in nome di uno stupido odio.

Joel Edgerton è John Falstaff

Tanto che lui, eroe dallo sguardo nero ma dal cuore grande, baratterebbe la sua vita per proteggere quella del suo esercito. E, se le peculiarità di un re mitologico come Enrico V sono state già raccontate sul grande schermo (Kenneth Branagh, per citarne uno), il film di Michôd, velatamente basato sull’Henry IV di William Shakespeare, nei suoi 133 minuti alterna il più classico cinema in costume ad una messa in scena quasi concettuale, svincolandosi da intenti pedagogici per diventare, potentemente, un film d’intrattenimento che ha studiato il passato (e ci viene in mente Braveheart, senza cercarne però il paragone) ma che è proiettato nel futuro.

L’eroe moderno di The King

E, la storica battaglia di Azincourt, combattuta tra il fango e la pioggia, e vinta da Enrico V grazie all’astuzia e alla profonda conoscenza dell’arte della guerra (concetto ripetuto spesso in The King), visivamente diventa una sorta di quadro rinascimentale: corpi intrecciati, volti sporchi e un senso perpetuo di movimento che Michôd riprende dal basso, ad pochi centimetri dai suoi punti di riferimento: prima Joel Edgerton, poi Timothée Chalamet. Eppure, è la rivelazione intima e finale che rivela il messaggio di The King: qualunque cosa si faccia, altro non è che la risposta a quei conflitti famigliari da cui nessuno può uscire vincitore. Nemmeno un Re.

Qui il trailer di The King:

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