VENEZIA – Il fatto: Stefano muore il 22 ottobre 2009. Prima, una passione durata sette giorni. E l’indifferenza di chi ha fatto finta di non capire. Poi, il dolore di un padre, di una madre, di una sorella. Un dolore mai sopito, diventato poi sconforto, disgusto, rabbia. Perché la morte di Stefano continua a non avere fine. Ce lo ricorda, utilizzando l’arte cinematografica, il regista Alessio Cremonini, con il suo Sulla mia Pelle. Lui, la produzione, gli attori, la distribuzione (il 12 settembre in sala per Lucky Red e, contemporaneamente, anche su Netflix), lo mostrano davanti al mondo, sul palcoscenico illuminato di Venezia, ad aprire la competizione della sezione Orizzonti. E tutto, dalla musica sgraziata, alla Roma fatta di palazzoni e bruttezza, alla luce che è solo quella ronzante dei neon, si poggia sulle spalle livida di Stefano, interpretato con responsabilità, tormento e coraggio da Alessandro Borghi che ha raccontato quest’esperienza durante la conferenza stampa nel Palazzo del Casinò. Parlando del film, della giustizia e sì, anche di Stefano. Morto e mai risorto.

LA PAURA «Con il film, avevamo la responsabilità di toccare una ferita ancora aperta dell’Italia. E, tra tutto, è stato complesso trovare la misura giusta per raccontare la vicenda di Stefano Cucchi. Personalmente, quando mi è stato proposto il film, sentivo una sorta di paura, un fortissimo coinvolgimento emotivo».

LE SCELTE «La mia idea? Ho pensato che il film fosse l’occasione giusta di usare il cinema per una storia da raccontare obbligatoriamente. Leggendola, la sceneggiatura, era rigorosa, senza strumentalizzazioni. Mi sono innamorato. È questo e la troupe che ha lavorato all’opera che mi hanno convinto a farne parte. Il resto, è stato un valore aggiunto, a cominciare dalla presenza di Jasmine Trinca nel cast. Tutto quello che è successo è stato incredibile».

LA STORIA «Non ci siamo inventati nulla, è tutto testimoniato. Così come la fede. Per lui, la religione e la palestra, erano una nuova fase. Stava cambiando, faticosamente, ma voleva uscirne. Credo fossero per lui un rifugio. Come l’ho affrontata? Come uno che era deciso a cambiare, pur continuando a sbagliare. E attenzione, tutto è oggettivo nei fatti, è stato un seguire il flusso delle cose.

IL RIGORE «Mi auguro e spero che, grazie a Sulla mia Pelle, si possa riaprire un dibattito. Abbiamo fatto il film pensando che tutti ricevessero gli strumenti giusti per riflettere su questa storia. Fare un film cattivo avrebbe solo dato da parlare agli haters, ormai ovunque. Così la dimensione è stata quella di una storia vera e precisa».

LA TRASFORMAZIONE «Il lavoro sul fisico? La nutrizionista, e all’occorrenza psicologa, mi ha seguito in un processo di tre mesi. Una roba forte, ero intrattabile. Un’esperienza fisica che mi ha costretto a stare solo, esclusivamente con me stesso, . Niente cene, niente di niente. Lenticchie rosse e a letto.

IL DOLORE «La cosa che spaventa? Penso a coloro che, in qualche modo, sono venuti a contatto con Stefano e non hanno fatto nulla. Nessuno si è voluto prendere la responsabilità di dire che Stefano, nel giro di pochi giorni, sarebbe morto. Spaventa che chiunque si sia trovato a tu per tu con questa vicenda si sia voltato da un’altra parte…».
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- Qui, potete vedere il trailer di Sulla mia Pelle:
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