ROMA – Chi è nato tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta è cresciuto in un mondo dove i dinosauri sono ritornati improvvisamente a vivere al cinema, grazie alla sconfinata immaginazione di un regista che, basandosi sulle pagine di Michael Crichton, riuscì a riportare in vita le affascinanti creature solitamente confinate nei libri di storia. Era l’11 giugno 1993, venticinque anni fa, quando negli Stati Uniti prima, poi il 17 settembre in Italia, arrivò nelle sale Jurassic Park, facendo sobbalzare grandi e piccoli nelle gremitissime sale (ventottesimo film nella classifica degli incassi all time) e cominciando una saga oggi ancora molto lontana dal concludersi.

Quel T-Rex, illuminato da una torcia segnaletica e inzuppato da una pioggia battente, per i più piccoli ebbe lo stesso impatto del treno dei Lumière, talmente vero e rivoluzionario che sembrava uscire dallo schermo. Spielberg aprì un nuovo corso e non c’era bambino che non credesse davvero che su un’isola sperduta in mezzo al Pacifico vivessero i dinosauri. Potere del cinema e della fantasia che ha portato Jurassic Park ad essere impresso nella memoria, alimentandola poi con un franchise mastodontico: un sequel, Il Mondo Perduto, un terzo capitolo datato 2001 e un nuovo ciclo di sequel/reboot/remake avviato dalla Universal nel 2015, con Jurassic World, con Chris Pratt e Bryce Dallas Howard, un miliardo e 670 milioni di dollari di incasso.

Con quel nuovo capitolo, diretto da Colin Trevorrow, una nuova generazione riuscì ad assaporare la magia che, anni prima, avevano provato padri e fratelli più grandi: il giro di pianoforte di John Williams, ancora una volta il T-Rex, ancora una volta quel «Run!» urlato a perdifiato. I miti, del resto, vivono delle emozioni degli appassionati, e il riavvio della saga è riuscito nella delicata missione di non alterare il cult di Spielberg (rimasto produttore esecutivo), portando i dinosauri prima in un parco riaperto – schiavo del consumismo e del fatturato – facendoli poi ritrovare compromessi dalla natura stessa: un vulcano in eruzione minaccia Isla Nublar, ormai controllata dai giganti rettili.

È questo il presupposto di partenza di Jurassic World – Il Regno Distrutto (lo trovate in streaming su CHILI qui, al timone non più Trevorrow ma Juan Antonio Bayona), che da un colpo di coda all’andamento della serie con un’inevitabile svolta e un chiaro messaggio naturalistico, dichiarato proprio da Jeff Goldblum in un emozionante cameo: il mondo è uno, la natura è unica, l’uomo distrugge e l’uomo crea. E ora è arrivato il momento della consapevolezza: il pianeta va condiviso, non serve violenza, ma sono necessari giustizia, empatia, bontà. Uomini e animali, davanti al caos più totale.

La vostra domanda a questo punto sarà: ma era proprio necessario questo Jurassic World 2? Sì, perché in mezzo a tanta azione, è la commozione il fattore che arricchisce Il Regno Distrutto. Siamo davanti ad esseri viventi – «Sono vivi come me», dice la piccola Isabella Sermon, deus ex machina ed elemento portante del film – che lottano per la sopravvivenza. E, si sa, la vita è inarrestabile, e trova sempre la strada per imporsi sulla morte. Così, Jurassic World 2 conduce lo spettatore a correre a fianco al raptor Blue – ormai tra i characters cult della saga – in simbiosi con Pratt e la Howard, scudi a proteggere i più deboli. Perché, una cosa è evidente: in realtà il T-Rex non è mai stato l’animale più spietato creato dalla natura. Siete pronti a correre più veloci dell’uomo?
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