ROMA – C’è un brutale omicidio, c’è un accusato e c’è un detective. Ma, dietro il suo appeal da serie crime (l’ennesima? No, anzi), The Outsider nasconde molto di più. E allora, a chi ha letto il libro, rispondiamo subito: l’anima della storia è immutata, pur con qualche (im)percettibile cambiamento poetico. Ma, essenzialmente, troverete tutto: lo spaventoso El Cuco, i colori del Southwest, l’ambiguità umana, la task force che andrà fino in fondo all’incubo. Piuttosto, c’è un’esplorazione ancora più approfondita del Male – rigorosamente con la lettere maiuscola – che fa da protagonista al meraviglioso romanzo di Stephen King da cui sono direttamente tratti i dieci episodi ideati da Richard Price per HBO (in Italia su Sky Atlantic dal 17 febbraio).

La storia? Difficile raccontarla senza fare spoiler per chi non ha letto l’opera originale: tutto inizia quando una piccola città della Georgia (ma siamo in Oklahoma nel romanzo) viene sconvolta dal brutale omicidio del piccolo Frank Peterson. Ad indagare sul fatto, Ralph Anderson (Ben Mendelsohn) che, raccogliendo testimonianze visive e materiali inconfutabili, arresta davanti a tutti Terry Maitland (Jason Bateman), coach della squadra di baseball giovanile. Il caso, se pur sconvolgente, è chiuso in partenza: le prove contro l’insospettabile Terry sono schiaccianti. Solo che, nello stesso istante in cui l’amato coach (e marito e padre) avrebbe compiuto l’efferato omicidio, era a tutti gli effetti in un’altra città, insieme ai suoi colleghi professori, per una conferenza del suo romanziere (giallista, guarda caso) preferito.

Così, King (e la serie) mette in primo piano la domanda che accompagna The Outsider: può una persona trovarsi nello stesso istante in due luoghi diversi? Allora, ecco che la storia dello sfortunato Terry, dell’idealista e caparbio Ralph e degli altri protagonisti – su tutti la folgorante detective privata Holly Gibney, qui con il volto di Cynthia Erivo – prende letteralmente vita, avvinghiandoci in una tela mortale in cui cominciamo a fare i conti con una verità indiscutibile: l’universo non conosce confini. E allora può accadere anche che una vecchia e spaventosa leggenda non è solo frutto dell’immaginazione. Può accadere anche che il male perpetui all’infinito perché si ciba della paura, del dolore, del dramma. E che sia tangibile, aleggiando intorno a noi, nell’attesa di predere forma.

Del resto, se le pagine si prestano ad un’avida lettura, circoscrivendo la narrazione in un arco compiuto e definito, la serie amplia il background dell'”outsider” in questione, capace di lasciare dietro di sé una scia di sangue e tragedie, spingendo i protagonisti a riflettere sulle scelte che si compiono. L’una in grado di influenzare l’altra. Proprio come quella farfalla e il suo battito d’ali. E, un po’ come nella prima stagione di True Detective, il fattore sovrannaturale non è mai ingombrante, né eccessivo: King, come poche volte prima, dosa perfettamente gli elementi (il terreno e il metafisico, la realtà e l’inimmaginabile), facendo di The Outsider un grande esempio di scrittura. Sia per un romanzo da divorare con la luce accesa, sia nella serialità di un piccolo schermo che sta diventando ormai sempre più grande.
Qui potete vedere il trailer originale di The Outsider:
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