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Winter Brothers | Hylnur Pálmason, due fratelli e una storia senza alcun amore

Dopo il buon riscontro ottenuto da Godland, arriva ora l’opera prima del regista. Ma com’è?

Winter Brothers.
Johan e Emil in una scena di Winter Brothers.

ROMA – Johan e Emil, un’odissea tra fratelli che non potrebbero essere più diversi, ambientata in una comunità rurale di estrazione del gesso durante un rigido inverno. Il minore, Emil, distilla un liquore Moonshine a base di sostanze chimiche rubate dalla fabbrica dove lavora. Emil è un ragazzo stravagante, che vive tranquillo in solitudine ed è accettato dalla comunità mineraria solo grazie al fratello maggiore, Johan, ma Emil in cuor suo vuole essere solo desiderato e amato. Quando un collega di lavoro si ammala, il Moonshine ed Emil vengono subito accusati. Questa la sinossi di Winter Brothers, opera prima dell’islandese Hylnur Pálmason datata 2017, in un racconto di vendetta, solitudine e ricerca di amore, al cinema (finalmente) ora grazie a Trent Film, sull’onda del successo e della curiosità destate da Godland – Nella terra di Dio.

Winter Brothers, opera prima di Hylnur Pálmason, arriverà nei cinema italiani il 25 maggio grazie a Trent Film
Una scena di Winter Brothers, opera prima di Hylnur Pálmason.

Presentato nella sezione Discovery del TIFF – Toronto International Film Festival 2017 e in concorso al Locarno Film Festival, vincitore del Bodil Award per il Miglior Film Danese oltre che autentico mattatore ai Robert Awards nel lontano 2018 per un totale di otto vittorie tra cui Miglior Film Danese e Miglior Regista, Winter Brothers, ha nel cast Simon Sears, Elliott Crosset Hove, Anders Hove, Victoria Armen Sonne e, non ultimo, proprio quel Lars Mikkelsen – fratello maggiore di Mads – che tra Sherlock, House of Cards, The Kingdom si è già guadagnato una buona fetta di immortalità artistica, aspettando di vederlo come Grande Ammiraglio Thrawn in Star Wars: Ahsoka.

Lars Mikkelsen in una scena di Winter Brothers
Lars Mikkelsen

Intanto però c’è Winter Brothers, per un Pálmason che già all’opera di esordio – e con appena una manciata di cortometraggi alle spalle (Em dag eller to, En Maler, Seven Boats) – aveva le idee molto chiare nel definire la sua visione di cinema: «Se sei veramente autentico nel tuo lavoro riuscirai a creare qualcosa che nessun altro può. Nel processo creativo scopro se quello su cui sto lavorando è una serie di fotogrammi. Penso che alcuni progetti tendano a trasformarsi in una narrazione più ampia e lentamente nel processo iniziano a parlarsi, a muoversi e ad assumere una forma cinematografica. Per me il cinema è ascoltare e vedere. Quando mi tuffo nel processo comincio lentamente a vedere immagini e sentire suoni. Scrivo e sviluppo gli script quando sono nelle location, tutto è scritto per uno spazio specifico».

il film è stato definito da Pálmason una storia gelida di mancanza d'amore
Una suggestiva scena di Winter Brothers.

A proposito del processo creativo, il metodo di Pálmason consiste nel lasciar crescere l’idea spontaneamente, a partire dal visualizzare l’arena scenica dove prenderà forma la narrazione. Nel caso di Winter Brothers, una fabbrica di calcare nei pressi della cittadina di Faxe, in Danimarca: «Sono molto interessato allo spazio interno di un film e penso davvero che sia qualcosa che deve essere curato e nutrito durante l’intero processo di realizzazione di un film. Vedo il processo come molto fragile e misterioso, quindi fondamentalmente nel processo in cui si scava sempre più a fondo nel materiale. Cerco di lasciare che le cose semplicemente accadano. Penso che sia un processo lineare: emozione e visione emergono allo stesso tempo. In questo senso, tutto è ugualmente importante, il dialogo lo è quanto l’immagine e l’emozione quanto la narrazione».

Elliott Crosset Hove in una scena di Winter Brothers
Elliott Crosset Hove

Un ragionare per immagini quindi, che nell’asettico paesaggio danese di Winter Brothers vede Pálmason raccontare della mancanza di amore o del suo desiderio, o più semplicemente del bisogno di essere desiderati e amati, attraverso la dimensione caratteriale del suo protagonista. Quel Emil (un grande Elliott Crosset Hove, poi protagonista di Godland), scheggia impazzita incontrollabile spogliato di tutto meno che i suoi istinti di base, mosso da un qualcosa che Pálmason non esita a definire così: «Il disperato bisogno di aggrapparsi a qualcuno o qualcosa e allo stesso tempo di essere alieno rispetto a chiunque». Un moto perpetuo avvolto dell’agire registico di Pálmason e del suo occhio freddo e distaccato, ricco di intuizioni e colore, fatto di silenzi, geometrie rigorose, distorsioni sonore, e un enigma per finale che finisce dritto dritto negli annali del grande cinema…

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  • VIDEO | Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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