MILANO – Gian Maria Volonté ci lasciava trent’anni fa, il 6 dicembre del 1994, colpito da un infarto sul set del film Lo sguardo di Ulisse di Theo Angelopoulos, in cui interpretava il Direttore del Festival del Cinema di Sarajevo, impegnato a salvaguardare il patrimonio cinematografico del suo Paese in rovina. Era L’uomo dai mille volti, proprio come il titolo del documentario di Francesco Zippel che arriva ora in sala da Venezia per il trentennale della morte dell’attore. Un attore che prima di essere tale, era una persona che fu capace di incarnare la storia e la politica del suo Paese, del nostro Paese. Con ogni interpretazione, Volonté riusciva a trasformare il volto, offrendo allo spettatore una memoria collettiva che andava oltre lo schermo. Un attivismo cinematografico che nessuno è più stato in grado di eguagliare. Volonté – L’uomo dai mille volti, ripercorre la storia personale e artistica di un attore che è ancora oggi un riferimento e un mito assoluto per il cinema contemporaneo italiano e non.

E proprio alcune tra le più importanti personalità di questo cinema si siedono insieme agli amici e alla famiglia di Volonté, per raccontarci la brillante unicità e attualità di un attore e militante. E allora ecco Pierfrancesco Favino, Toni Servillo, Valeria Golino, Fabrizio Gifuni e molti altri, tutti a ricordare, tutti a spiegare perché Volonté è stato – e rimane – Volonté. Zippel va così alla ricerca dell’uomo dietro alla leggenda e forse per la prima volta ci viene svelato il privato dietro l’artista. Attraverso materiali d’archivio e filmati inediti, il regista – affiancato dall’ottima colonna sonora di Rodrigo D’Erasmo, che potete ascoltare qui – esplora l’impegno politico di Volonté, capace di offrire una visione nuova e intima della sua personalità, capace sempre di pagare in prima persona le scelte fatte, a partire dal clamoroso rifiuto de Il padrino perché non voleva essere doppiato.

Volonté, che è stato anche formato da grandi registi come Francesco Rosi ed Elio Petri, negli anni è rimasto sempre fedele ai suoi principi, dimostrando una passione politica e un impegno attivo che si riflettono ancora oggi nel suo modo di fare cinema e di interpretare i personaggi. Dalle prime esperienze negli sceneggiati televisivi fino a capolavori come Sbatti il mostro in prima pagina di Marco Bellocchio e Indagine su un cittadino… di Elio Petri, Volonté ha dimostrato una maestria unica, soprattutto nella capacità di lavorare sulla lingua: i dialetti e le inflessioni locali dei suoi personaggi diventavano universali (ascoltate che dice Servillo riferendosi a Banditi a Milano di Carlo Lizzani), facendo sì che ogni interpretazione fosse di tutti e non solo sua.

Ciò che emerge dal lavoro di Zippel – già autore di due bei documentari come Friedkin Uncut e Sergio Leone – L’Italiano che Inventò l’America – è un attore che sì, è completamente immerso nei suoi ruoli, ma è anche profondamente legato alla famiglia, in una maniera capace di bilanciare il conflitto tra vita privata e professionale, anche in momenti difficili come la nascita della figlia Giovanna fuori dal matrimonio. Si dice spesso che Gian Maria Volonté rubasse l’anima ai personaggi, ma dopo aver visto L’uomo dai mille volti, si potrebbe pensare il contrario: erano i personaggi a possedere la sua anima. L’anima di un uomo complesso e poliedrico, che era attore, militante, documentarista, poeta, marinaio, compagno e padre. Un artista che ha lasciato un’impronta indelebile e che – non va dimenticato – ha lasciato un esempio di etica professionale che in pochi, pochissimi, hanno seguito…
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