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THX 1138 | Quella prima volta di George Lucas tra George Orwell e Robert Duvall

Robert Duvall e Donald Pleasence, l’enigmatico titolo e il fraintendimento: riscoprire un cult

Robert Duvall in una scena di THX 1138 – L'uomo che fuggì dal futuro
Robert Duvall in una scena di THX 1138 – L'uomo che fuggì dal futuro

ROMA – Rileggere l’inerzia del 1984 di George Orwell e al contempo coronare un sogno. Potrebbe essere questa la chiave di volta per comprendere THX 1138 – L’uomo che fuggì dal futuro. Presentato l’11 marzo 1971 nei cinema statunitensi e poi in concorso a Cannes nella sezione Quinzaines des Réalisateurs, nonostante una narrazione distopica pienamente figlia dei venti di sperimentazione creativa new-hollywoodiana però, l’opera prima di George Lucas fu tutt’altro che un esordio felice per il suo autore e la casa di produzione, la Warner Bros, quantomeno in termini produttivo-economici: «Era una deprimente parabola del modo in cui viviamo oggi, alla gente non interessava», dirà Lucas al riguardo. Senza mezzi termini: fu un flop THX 1138. Poco meno di un milione di dollari d’incassi con cui la Warner riuscì a coprire a malapena i costi di produzione. Lo stesso dicasi per le recensioni dell’epoca, tendenti perlopiù verso il negativo.

THX 1138 - L'uomo che fuggì dal futuro di George Lucas fu presentato l'11 marzo 1971
THX 1138 – L’uomo che fuggì dal futuro di George Lucas fu presentato l’11 marzo 1971

Per l’eminente critico Roger Ebert, l’esordio lucasiano, pur lodandone la costruzione d’immagine rievocativa di un immaginario giovane e neonato tra 2001: Odissea nello spazio e il contemporaneo Andromeda, ne sottolineò l’eccessiva semplicità narrativa. In totale tendenza il collega e spalla del Chicago Sun-Times Gene Siskel secondo cui: «Il problema principale di questo film è che manca di immaginazione. Alcune persone potrebbero affermare che il mondo di THX 1138 è qui, proprio ora. Un’opinione più ragionevole sosterrebbe che stiamo affrontando i problemi di quel mondo proprio ora: il tempo è passato dal film». Quelli riportati sono soltanto due dei tanti giudizi espressi, tra i più rilevanti della critica d’Oltreoceano, ma la forbice delle opinioni attorno all’opera prima di Lucas era ampia e discordante: mutevole e caratterizzata di forze opposte. Il motivo? L’atipicità stessa della natura filmica di THX 1138.

I titoli di testa di THX 1138 - L'uomo che fuggì dal futuro
I titoli di testa di THX 1138 – L’uomo che fuggì dal futuro

Mosca bianca di un genere appena nato e dalla grammatica narrativa grezza: troppo sperimentale per i canoni di una New Hollywood aperta comunque al cambiamento e ai venti innovativi, troppo avanguardista in termini di linguaggio filmico. Praticamente impossibile da giudicare in modo autenticamente coerente con gli strumenti critici dell’epoca. Mezzo secolo dopo – e con tutto ciò che ne è derivato – siamo ancora qui a parlarne: George Lucas e THX 1138 stravincono la prova del tempo e lo scetticismo delle recensioni dell’epoca, a conferma della bontà delle idee e del genio creativo del suo autore, da dove nasce però l’idea alla base del pionieristico esordio di Lucas? Facciamo un passo indietro. Precisamente negli anni sessanta e ancor più precisamente nel 1967, all’epoca Lucas era uno studente di cinema della USC School of Cinematic Arts.

L'impressionante futuro distopico di Lucas è una rielaborazione dell'immaginario di Orwell e del suo 1984
L’impressionante futuro distopico di Lucas è una rielaborazione dell’immaginario di Orwell e del suo 1984

Affascinato da sempre dalla fantascienza e dalle narrazioni sperimentali, cresciuto nel mito di Buck Rogers, come progetto finale del corso Lucas decise di realizzare un corto cinematografico fantascientifico dal titolo Electronic Labyrinth THX 1138 4EB di cui riportiamo in calce la sinossi ufficiale della USC: «L’impressionante incubo di un uomo che cerca di sfuggire da un mondo computerizzato che ne segue costantemente i movimenti». Girato in appena 12 settimane, THX 1138 4EB – vincitore del premio come Miglior film drammatico alla terza edizione dello Student Film Festival tenutosi al Lincoln Center di New York – ebbe una formidabile eco tra i cineasti dell’epoca, non ultimo Steven Spielberg che ne rimase estasiato ma che, in quel frangente, non ebbe modo di confrontarsi con quel Lucas con cui un domani farà squadra per Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta.

Robert Duvall è THX 1138
Robert Duvall è THX 1138

Per la realizzazione del ben più noto THX 1138 di un paio d’anni più tardi, Lucas ripartirà proprio dalla narrazione del corto sperimentale. Le vicende di Electronic Labyrinth THX 1138 4EB, verranno rilette nel climax dell’esordio registico lucasiano. Se però ambo le narrazioni collimano nella fuga speranzosa e ontologicamente disperata del protagonista in una panoramica baciata dal tramonto, a cambiare è l’inerzia. Laddove in quella ben più benevola di THX 1138 l’eroe protagonista resta del tutto libero da legami, perfino lasciato fuggire verso l’ignoto, in Electronic Labyrinth THX 1138 4EB accade l’opposto: l’eroe riesce a fuggire si, ma in forma violenta. In più, alla co-protagonista LUH, viene erroneamente comunicato l’annientamento dell’eroe e la possibilità di ottenere un nuovo partner dal Centro Comandi. Una chiusa, quindi, a metà tra la speranza in chi va via e la rassegnazione in chi resta.

Il confessionale dalle benedizioni pre-confezionate di THX 1138
Il confessionale dalle benedizioni pre-confezionate di THX 1138

Stato d’animo quest’ultimo a cui Lucas pose un freno nella rilettura. Un asciugare del tutto le sfumature nichiliste per consolidare gli effetti liberatori della fuga dell’eroe dal mondo sotterraneo e da tutto ciò che esso rappresenta. Con la neonata casa di produzione American Zoetrope – assieme all’amico e collega Francis Ford Coppola – Lucas diede il via alla realizzazione di THX 1138 partendo proprio da questo remake: più che un remake del cortometraggio una rilettura integrale. Sia Coppola che Lucas infatti, non erano molto soddisfatti dello script originale e in particolare dell’inerzia filmica del climax. Al fine di dare spessore dialogico a un racconto che, a dire il vero, è abbastanza scarno di tale componente, molte delle battute di SEN (Donald Pleasence) risultano essere stralci di discorsi di Richard Nixon.

Donald Pleasence è SEN in una scena del film
Donald Pleasence è SEN

La post-produzione invece, completata in appena un anno, fu realizzata da Lucas e Walter Murch, ex-collega della USC e co-ideatore del concept dell’opera originaria. Al fine di ottimizzare i tempi, Lucas e Murch lavoravano ad orari alternati: Lucas, di giorno, si occupava del montaggio video, Murch, di notte, di quello sonoro. Nel mezzo un taccuino in cui l’uno lasciava all’altro le indicazioni per il lavoro nella fascia oraria successiva: praticamente una sorta de La casa sul lago del tempo, ma tra due montatori. In realtà il risultato finale non fu dei migliori. La Warner insistette affinché un montatore di loro fiducia si occupasse di un’ulteriore revisione: lo accorciarono di 4 minuti, poi ripristinati da Lucas nel restauro del 1977 all’indomani del successo di Star Wars. La versione definitiva di THX 1138 risale però ai primi anni Duemila.

La scena finale del film, uno degli shot più evocativi della New Hollywood
La scena finale del film, uno degli shot più evocativi della New Hollywood

Nel 2004, sotto supervisione diretta di Lucas, gli addetti della sua Industrial Light & Magic restaurarono THX 1138 a partire dai negativi originali. Il risultato – noto ai posteri come Director’s Cut, l’attuale versione in commercio in Home Video – fu sensazionale, specie considerando l’utilizzo delle migliori tecnologie contemporanee, così da permettere di dare valore ed esaltazione all’originale contesto scenico si, distopico, avveniristico e dal forte carattere immersivo, ma assai grezzo e sgraziato. Ciò che non cambia però è l’alone di mistero intorno alla scelta del titolo. Numerose le ipotesi e speculazioni intorno alla sigla THX 1138. Un’insita magia dietro a quella precisa scelta di lettere e numeri che Lucas stesso fomentò attribuendogli, di volta in volta, i significati più disparati. In origine fu il caso, affascinato com’era dall’insolita simmetria strutturale tra lettere e numeri THX e 1138.

THX 1138 fu presentato a Cannes24 nella sezione Quinzanes des Réalisateurs
THX 1138 fu presentato a Cannes24 nella sezione Quinzanes des Réalisateurs

Un paio d’anni dopo Lucas corresse il tiro affermando come la scelta era da ricondursi al numero di telefono che aveva al college: 849-1138. I numeri 8, 4 e 9 nella tastiera corrispondono infatti alle lettere T, H e X. Ipotesi semplicistica che potremmo anche farci bastare e prenderla per buona se non fosse che, a questo punto del dibattito, intervenne anche Murch dandoci una spiegazione che potremmo perfino definire allegorico-allusiva a partire dai nomi dei protagonisti: THX come SEX/Sesso, LUH come LUV/Love/Amore, SEN come SIN/Peccato, che in effetti avrebbe senso nel ricondursi alle regole di un contesto narrativo orwelliano dove viene proibita ogni forma d’Amore. Dibattito, tuttavia, che in Italia non scalfì minimamente la critica visto che nell’ottobre 1976 arriverà nei cinema italiani sotto il titolo de L’uomo che fuggì dal futuro.

Il film nacque come ampliamento narrativo del cortometraggio Electronic Labyrinth THX 1138 4EB
Il film nacque come ampliamento narrativo del cortometraggio Electronic Labyrinth THX 1138 4EB

Poco importa perché, comunque lo si voglia chiamare, è cinema purissimo quello di THX 1138 a cui Lucas aggiunge, in un sorprendente prologo, una piccola nota citazionista: una sequenza-trailer di una puntata del serial Buck Rogers ancor prima di dei titoli di testa dallo stile e dalla grafica non dissimile da ciò che sarà poi l’opening wall di Star Wars, ma c’è del poetico nella scelta di Buck Rogers: il sogno nel cassetto, il chiodo fisso di George Lucas, a cui renderà omaggio indirettamente tra la saga stellare e Indiana Jones nello spirito avventuriero. Per tutta la carriera da regista cercherà d’acquisirne i diritti di utilizzazione economica così da realizzarne un film, ma la verità è che il suo film su Buck Rogers c’è già stato e altri non è che THX 1138. Pura ispirazione filmica la sua, quasi una reincarnazione narrativa.

Le guardie di sicurezza, automi depersonalizzati, i nemici nel futuro di THX 1138
Le guardie di sicurezza, automi depersonalizzati, i nemici nel futuro di THX 1138

Ecco come la sequenza-trailer del prologo, dove vediamo Rogers arrivare nel XXV Secolo, funge quasi da passaggio di testimone spirituale visto che è proprio quell’epoca futura il contesto scenico di THX 1138. A cambiare però è la ratio filmica, qui a inerzia opposta. Se Rogers è passato dall’America del Primo Dopoguerra a cinquecento anni di distanza, in cerca del proprio posto nel mondo, THX (Robert Duvall) sfugge dal proprio presente-futuro per tornare indietro (o per meglio dire per salire in superficie) andando alla ricerca di sé nei cari vecchi tempi. Un fuggire dal proprio tempo e da un sistema distopico e annichilente che nell’impedire qualsiasi contatto e interazione, paradossalmente, limita qualsiasi evoluzione e/o trasformazione caratteriale-narrativa, per poi lanciarsi verso uno speranzoso tramonto di rinascita umana. Perché in fondo, il viaggio di THX parte proprio da una svolta interiore: la presa di coscienza dei propri sentimenti verso LUH (Maggie McOmie).

THX 1138 fu la seconda produzione della American Zoetrope di Francis Ford Coppola e George Lucas
THX 1138 fu la seconda produzione della American Zoetrope di Francis Ford Coppola e George Lucas

Una rottura degli equilibri narrativi che è risveglio dell’individuo dal tepore di una società che lo tiene confezionato e sedato, bombardato d’immagini pornografiche e violente e opportunamente masturbato. Cullato, si, ma avvolto in un mondo fatto di radiazioni e cibo razionato, catene di montaggio e corpi carbonizzati. Trascinato in un mondo d’esaltazione verso i valori capitalistici e consumistici in cui si sente, lancinante, il silenzio di Dio. Non c’è apparente speranza nel mondo di THX 1138. Dinanzi a preghiere mosse da sensi di colpa tangibili, le risposte non sono altro che benedizioni preconfezionate: parole vuote standardizzate, registrate, caricate in server lerci popolati di locuste, per essere lanciate infine nell’etere. Poi arriva l’Amore e il suo risveglio, in una regia complessivamente claustrofobica e oppressiva, dal taglio d’immagine asettico, che diventa improvvisamente intima, vera, tacitamente delicata.

THX 1138 o dell'amore come risposta a un futuro meccanicamente freddo
THX 1138 o dell’amore come risposta a un futuro meccanicamente freddo

Attorno al potere dell’Amore, Lucas cementifica l’intera base drammaturgica di THX 1138 dando infine – alla sua esplicitazione in forma sessuale – una tale carica valoriale dal renderla totale atto sovversivo verso la società e i suoi fini di standardizzazione depersonalizzata dell’individuo, non dissimile quindi da quella che ha il più puro sentimento nel 1984 teorizzato da Orwell. Un agire quindi rivoluzionario, volto ad arricchire di senso l’arco di trasformazione di THX – a questo punto, si sguinzagliato – nel dispiego dell’intreccio che diventa quindi lode all’individualismo e auto-affermazione del singolo. Più che la mancanza d’immaginazione di cui rimproverava Siskel, ciò che manca in THX 1138 è la speranza, la vivacità, il guardare al domani con il nutrito entusiasmo che ci si aspetterebbe da un giovane e brillante cineasta all’esordio assoluto e non con nichilistica rassegnazione, ma il genio a volte viaggia verso vie che la ragione non conosce.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

 

 

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