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Da Terrence Malick a Steven Spielberg: l’irresistibile ascesa di Tye Sheridan

Blockbuster, cinema, società: l’attore a Roma presenta Friday’s Child e parla della sua carriera

Un volto d'altri tempi: Tye Sheridan.

ROMA Tye Sheridan ha due occhi gentili e un modo di fare elegante. Regala risposte ragionate, pensando prima di rispondere e mostrando una notevole sensibilità, elemento che l’attore texano classe 1996 tende a portare nei suoi lavori, spesso lontani rispetto ai blockbuster a cui prende parte, vedi Ready Player One  (un sequel? Non gli dispiacerebbe partecipare) e la nuova saga degli X-Men. Nella sezione Alice nella città della Festa del Cinema di Roma, Sheridan ha portato un piccolo film, Friday’s Child di A.J. Edwards, in cui appare a fianco di Imogen Potts, ma ha anche raccontato altro, parlando del suo percorso, dal debutto nel 2011 con Terrence Malick nel capolavoro The Tree of Life fino alla speranza di poter lavorare con Paul Thomas Anderson.

the tree of life
Il primo ruolo: nel 2011 con Jessica Chastain in The Tree of Life di Terrence Malick.

IO & IL CINEMA «I temi che mi interessano di più come attore? Senza dubbio prediligo i film che riguardano la sfera giovanile – essendo io ancora un ragazzo – e anche quelli che si incentrano sulla manipolazione di massa dell’opinione pubblica. Voglio che, anche attraverso un semplice film, le persone diventino più consapevoli di ciò che sta accadendo attorno a loro. La conoscenza è fondamentale per poter crescere e migliorarsi…».

Tye Sheridan
Nel 2012 il secondo film: Mud con Matthew McConaughey.

IO & IL CINEMA #2 «Cos’è per me il cinema? A questa domanda rispondo così: è l’arte che mi aiuta a capire come va il mondo. Non solo, però, il cinema impegnato, attenzione. Vi faccio un esempio: qualche giorno fa ho visto con mia nipote Inside Out, il cartoon della Pixar, e nessuno può dire che si tratta di un semplice film d’animazione, perché dentro c’è un ottimo utilizzo di temi incredibilmente profondi».

Nel 2013, sul set di Joe con un altro premio Oscar: Nicolas Cage.

FRIDAY’S CHILD «Ho incontrato la prima volta A.J. Edwards – il regista di Friday’s Child – quando avevo solo dieci anni, ed è quindi lui la persona dell’industria cinematrografica che conosco da più tempo. Mi ha mandato la sceneggiatura, poi ho cominciato a fare ricerche, ho parlato con alcuni ragazzi adottati, ho letto libri e anche gli opuscoli che danno ai bambini in cui spiegano co cose che si imparano in un contesto famigliare, proprio quello che loro non hanno…».

Sheridan nel poster di Friday’s Child.

IL MIO PERSONAGGIO «Il mio personaggio in Friday’s Child si chiama Richie, è un ragazzo problematico che cerca di sopravvivere. Come attore il mio problema era rendere autentico Richie, e per farlo mi sono confrontato con ragazzi della mia età che hanno attraversato questi percorsi, chiedendo quali erano stati i loro problemi maggiori. I principali? La famiglia e la mancanza di un sistema scolastico adeguato. Era importante che fosse chiaro nel film».

I MIEI REGISTI «Ho ventidue anni, ma ho già girato con Malick, Spielberg, Nichols, però sono molti ancora i registi con cui vorrei lavorare. Quali? Il primo in lista è senza dubbio Paul Thomas Anderson, trovo veramente unico il suo modo di fare cinema. Poi Darren Aronofsky e Denis Villenueve. Ma ho grande rispetto anche per i giovani autori, per i loro lavori e quello che tentano di fare. Poi, in fondo, a me basta che ci sia qualcuno capace di portarmi su nuovi sentieri da sperimentare».

Con Steven Spielberg e Olivia Cooke sul set di Ready Player One.

IMOGEN, OH IMOGEN «Su un set le persone devono essere coscienti di non essere le uniche quando si trovano a lavorare in gruppo, per questo con Imogen la cosa importante in Friday’s Child è che sapevamo di essere sulla stessa lunghezza d’onda. Merito anche di A.J., che ha saputo guidare non solo noi due, ma l’intera troupe. Pur essendo i nostri personaggi in estremo contrasto, riescono comunque a creare un legame nel film. Imogen è fantastica».

Tye Sheridan
Sheridan e Imogen Pots, amica e co-protagonista in Friday’s Child.

BLOCKBUSTER VS AUTORE «In tutto il mondo della cultura, dalla musica al cinema, c’è una fluidità di storie differenti, alcune contengono messaggi seri, altre diventano blockbuster più leggeri. Credo però ci sia un pubblico per entrambi i prodotti: l’importante è che per tutti si arrivi ad una buona esperienza cinematografica. Personalmente? Quando scelgo di girare un film mi interesso al messaggio che c’è dietro. Cerco di scegliere opere che ispirino la mia vita e che possano essere legate al mondo che viviamo, non mi fermo a chiedermi se è cinema indipendente o mainstream…».

Sheridan nel sorprendente The Stanford Prison Experiment, inedito che trovate su CHILI.

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