MILANO – Per secoli le guerre sono state combattute sul corpo delle donne, e ancora succede come vediamo nelle immagini che da mesi irrompono sui nostri smartphone come se fossero racconti di finzione. Ma cosa succede se un giorno proprio le donne decidono di imbracciare le armi per proteggere la propria vita e quella degli altri? La storia non lo racconta quasi mai, ma è accaduto spesso e Red Snake, film decisamente poco conosciuto, cerca di puntare la luce su un movimento poco noto e poco celebrato. Il film è ora finalmente disponibile dopo un lungo peregrinare, in streaming in flat su Prime Video e a noleggio su Apple TV. Scritta e diretta dalla regista francese Caroline Fourest, la pellicola ci conduce direttamente sul campo di battaglia insieme alla Brigata Serpente, un’unità speciale composta da sole donne pronte a lottare contro l’Isis.
Potremmo poeticamente definirle amazzoni o immaginarle come delle vere soldato Jane, eppure questo non renderebbe loro giustizia, ma anzi le farebbe finire nel solito immaginario della donna guerriera. E no, non restituirebbe nemmeno a pieno il senso del loro coraggio e della loro rivoluzionaria abnegazione in una missione impossibile. Quale? Quella che le porta a smettere di subire ogni oltraggio e violenza, per resistere al nemico che le vede con terrore perché, essere ucciso da una donna, impedirebbe a un jihadista di andare in Paradiso e circondarsi delle vergini promesse. «La loro paura è la nostra forza», spiega infatti ad un certo punto del film la combattente italiana Laura, interpretata da Maya Sansa, all’impaurita Zara (Dilan Gwyn).
Una ha scelto di unirsi alla brigata per senso del dovere, l’altra è invece una giovane yazida che, dopo essere sopravvissuta al massacro del suo villaggio ed essere stata venduta come schiava, ha voluto arruolarsi nella Brigata sotto il nome di Red Snake, per vendicare il padre e ritrovare il fratellino che gli uomini di Daesh vorrebbero fare diventare un kamikaze. Ma quello che rappresentano Zara e Laura – insieme alle loro «sorelle d’armi» dagli epici nomi di battaglia come Lady Kurda – sono volti della stessa Resistenza fatta da donne di origini, estrazioni e culture diverse che si uniscono in un solo fronte, avendo come icona Rosa Luxemburg e in gola un canto, Bella Ciao, per liberare tutti dall’oppressione jihadista. Perché la rivoluzione della Brigata è globale, sociale, politica e, soprattutto, vera. È stata documentata dalle cronache provenienti dalla Siria.
Ed è stata onorata anche con il Nobel per la Pace assegnato nel 2018 a Nadia Murad: irachena yazida vittima dell’Isis, sopravvissuta alla tratta degli esseri umani, oggi attivista e Ambasciatrice Onu, autrice anche di un bel libro, L’ultima ragazza (edito da Mondadori). È la sua storia che, dopo aver ispirato quella di Zara, si interseca con altre vicende reali raccontate dalla regista, fedele al suo spirito da documentarista. Così, nonostante qualche difetto, Red Snake colpisce lo spettatore perché è una storia di guerra ma anche un racconto di formazione che mischia lacrime, sangue e polvere, per svelare le ferite di chi non si arrende alle atrocità del fanatismo religioso. E alla fine ci mette in guardia: per alcune donne la guerra non è mai finita.
- DOC CORN | Alla mia piccola Sama e quel documentario
- VIDEO | Qui il trailer di Red Snake:
Lascia un Commento