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Da Sean Penn a Eddie Vedder | Perché Into The Wild è un classico moderno

La strada, gli incontri, la felicità: perché il film con Emile Hirsch è un cult per una generazione

Emile Hirsch sul tetto del furgone di Christopher McCandless in Into The Wild.

MILANO – Ebbene sì, sono passati già tredici anni dall’uscita nelle sale di Into The Wild, per molti uno dei film del cuore d’inizio millennio. Il viaggio per le terre selvagge di Christopher McCandless (l’incredibile Emile Hirsch, ma ora che fine ha fatto?), ribattezzatosi Alexander Supertramp, si costituisce di tutte le tappe più importanti che un uomo deve affrontare nella sua vita. Durante il viaggio, Alex incontrerà personaggi indimenticabili: il trebbiatore Wayne Westerberg (un magnifico Vince Vaughn, rivalutatelo) assume un ruolo fondamentale nella convinzione psicologica del protagonista per arrivare in fondo, fino alle terre selvagge, luogo di redenzione opposto a quella società impazzita dove sia Alex che Wayne vivono con insofferente anticonformismo.

Sean Penn e Emile Hirsch sul set di Into The Wild.

E poi c’è Tracy, giovane cantante country (Kristen Stewart, prima di Twilight: colpo di fulmine) che racchiude tutta l’estasi e il tormento delle illusioni adolescenziali, innamorandosi di Alex e soffrendo per la sua partenza, inconsapevole che quell’incontro è solo il preludio di sfuggenti passioni. Ron Frantz (un commovente Hal Holbrook), solitario veterano vedovo di moglie e figli, trova in Alex la figura di confronto umano e di insegnamento reciproco che gli è mancata. La sua partenza sarà vissuta con fatica anche da lui, dopo aver donato al cinema uno dei dialoghi più belli sul significato della fede.

Sean Penn in Alaska con il leggendario furgone di Christopher McCandless.

Ma chi è davvero Alexander Supertramp ispirato al vero Christopher McCandless? Un eroe oppure solo un ingenuo? Sean Penn gli riconosce coraggio e frenesia, passione e incoscienza, follia e genio. La sua non è una banale fuga, non è andarsene per andare, ma un rifiuto della materialità concepita come base portante della società moderna. Il pessimismo diventerà però cristallino nel doloroso finale, che omaggia e rimprovera le scelte del giovane protagonista: «La felicità è reale solo se condivisa». Così è il film, meraviglioso già di per sé, poi ci sono le canzoni di Eddie Vedder: raramente si è assistito a una fusione tanto densa e inseparabile tra musica e immagini.

Hirsch con Kristen Stewart in una scena del film.

Riascoltate brani come Rise, un colpo al cuore, con la voce di Vedder che accarezza e commuove («Gonna rise up burning black holes in dark memories/ Gonna rise up turning mistakes into gold»). Come Society, il manifesto di Into the Wild. Una benedizione proveniente dal cielo, che ha il sapore di Nick Drake e Bob Dylan. Canzoni che sono frammenti di vita. Non nascono per essere cantate negli stadi o ascoltate su Spotify. Nascono per essere la colonna sonora di un’avventura, di una riflessione, del nostro viaggio. Piccole schegge che necessitano di essere amate, per proteggerci dalle terre selvagge che affrontiamo tutti i giorni e per sognare quelle che desideriamo, ma che non riusciremo a raggiungere mai.

  • Potete rivedere Into The Wild su CHILI qui
  • Qui la puntata di Charlie Rose con Penn & Vedder.

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