CANNES – Penélope Cruz trattiene il respiro, quasi come se l’emozione di aprire il concorso di Cannes le facesse trattenere il fiato. Merito e colpa vanno a Everybody Knows dell’iraniano Asghar Farhadi, opera che la vede di nuovo protagonista accanto al marito Javier Bardem, dopo l’esperienza di Escobar. La maggior parte delle domande in conferenza stampa qui a Cannes sono riferite all’intreccio tra collaborazione artistica e privata, finché il regista non interviene a loro difesa per chiarire che la coppia tiene rigorosamente separati i due aspetti. Ad un certo punto una giornalista le domanda se, in nome dell’uguaglianza di genere, ci sia stata una parità di cachet tra i due: «Abbiamo ricevuto la stessa cifra», ribatte la Cruz, «è questa l’unica cosa che voleva sapere?». Per tutta risposta riceve un cenno con la testa, allora l’attrice si limita ad alzare il sopracciglio e continuare a guardare il consorte con aria interrogativa. In Everybody Knows si trova ad affrontare il peggior incubo di un genitore: la scomparsa di una figlia, rapita.

IL FILM «Abbiamo abbracciato l’idea di Everybody Knows cinque anni fa, da allora abbiamo continuato a ricevere aggiornamenti da Asghar, con cui ci siamo spesso incontrati per discutere sulla sceneggiatura. Ad un certo punto si è trasferito per un lungo periodo in Spagna con un insegnante di lingua per immergersi nella nostra cultura e devo ammettere che l’ha assorbita come una spugna. E visto che, per abitudine dorme poco di notte, impara a memoria tutti i dialoghi. Quindi non lo si poteva ingannare».
FARHADI «Quello che ammiro maggiormente in Asghar? Oltre all’innegabile talento, è la totale e assoluta devozione con cui si approccia al film. Un’immersione di questo genere nella storia crea quell’innegabile magia che contraddistingue il suo cinema, al punto che guardando il risultato dimentichi persino che sia un iraniano che dirige un film in spagnolo».

IL SET «Quest’esperienza è stata particolarmente gratificante perché mi sono sentita ascoltata. Mi sono trovata davanti ad un regista che non solo risponde alle mie domande ma che ne pone di sue e – cosa ancora più rara – ascolta le risposte e ne fa tesoro. A volte ho pensato che fosse un rilevatore vivente di bugie. Asghar ti legge dentro al punto da capirti nel profondo. È un tale osservatore, attento ad ogni dettaglio, che mi ha davvero ispirata e cambiata nel mio approccio».
IO E JAVIER «Avendo girato poco fa Escobar e poi Everybody Knows ho capito che va bene recitare con Javier (Bardem, nda), ma non sempre, in successione. Si può fare solo quando, come in questo caso, ne vale realmente la pena. Abbiamo un approccio simile al lavoro e non lasciamo assolutamente che i rapporti personali interferiscano con le performance attoriali».

IO E JAVIER 2 «Ho un enorme rispetto per Javier al punto che il suo parere è uno di quelli a cui tengo di più nella mia vita. Quando però siamo faccia a faccia sul set so di non aver di fronte mio marito, ma il personaggio. Resta comunque un retropensiero forte, ossia la consapevolezza che lui mi guarda le spalle. Sempre e comunque».
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