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Nel Corso Del Tempo | Wim Wenders, Rüdiger Vogler e quell’inno al cinema libero

Vogler e Hanns Zischler, le riflessioni, quella lavorazione, la Germania. Riscoprire un’opera immortale

Nel Corso Del Tempo
Hanns Zischler e Rüdiger Vogler in una scena di Nel Corso Del Tempo

ROMA – Crudo, poetico, libero nella forma e nel contenuto. A Cannes, il 26 maggio 1976, Wim Wenders presentò in concorso il capitolo conclusivo della cosiddetta Trilogia della Strada: Nel corso del tempo, insignito poi del Premio Fipresci con cui il regista tedesco diede forma al road movie definitivo. Dove Alice nelle città aveva dato al viaggio wendersiano un’accezione amorevolmente paterna rievocata ex-ante da Paper Moon – Luna di carta di Peter Bogdanovich ed ex-post dal nostalgico Wenders di Paris, Texas, e Falso movimento invece ne rimaneggiò l’inerzia secondo un’estetica felliniana, è con Nel corso del tempo che Wenders sprigionò del tutto la carica poetica del viaggio nella sua accezione più alta, estrema, ontologicamente libera. Elemento comune alle tre pellicole della strada? Manco a dirlo, quel Rüdiger Vogler volto e corpo dell’alter-ego wendersiano Philip Winter, feticcio attoriale eccellente che sarebbe poi andato anche a Lisbona vent’anni dopo in Lisbon Story.

Nel corso del tempo di Wim Wenders fu presentato in concorso a Cannes27 il 26 maggio 1976
Nel corso del tempo di Wim Wenders fu presentato in concorso a Cannes il 26 maggio 1976

Dalla sua Vogler – che con Wenders formò un sodalizio iniziato nel 1972 de Prima del calcio di rigore per concludersi soltanto nel 1995 con I fratelli Skladanowsky alla maniera di Fellini & Mastroianni – ha sempre avuto enorme stima verso di lui, tanto da usare parole al miele nello spiegare il senso del loro legame: «Io e Wim? Abbiamo idee piuttosto simili. A lui piace il mio mio modo di essere e perciò riesce a riprendermi in modo efficace. Ciò che posso dire è che non voglio recitare a freddo, voglio rendermi conto di ogni cosa, padroneggiare la tecnica. In un certo senso la parte (Bruno/King of the road) era ritagliata su di me. Di Nel corso del tempo esisteva anche uno script ma io ho fatto ciò che volevo. Ho trasferito nel personaggio la mia personalità…».

Rüdiger Vogler in una scena di Nel corso del tempo
Rüdiger Vogler

Personaggio, quello di Bruno alias King of the Road, che secondo Vogler vive di una particolare inerzia caratteriale comune a tutto il cinema di Wenders: «La caratteristica dei personaggi che interpreto non è tanto la fuga quanto il dover lasciare qualcosa. Abbandonare la situazione in cui si trovano, in cui vorrebbero restare e che invece devono lasciare. Nei film di Wenders però non è mai rappresentata la vita borghese. I suoi personaggi, chi più chi meno, vogliono vivere da soli…». Se è pur vero che la prova del tempo ha dimostrato come Nel corso del tempo sia tra le massime vette del cinema di Wenders, è anche vero come per via dell’atipicità del suo concept on-the-road, a detta dello stesso Wenders, oggi non riuscirebbe ad arrivare nemmeno alle soglie della pre-produzione. Il motivo? Al momento della sua realizzazione non esisteva nemmeno uno script su carta!

La poetica sequenza di ombre e cinema muto nel teatro della scuola di Nel corso del tempo
La poetica sequenza di ombre e cinema muto nel teatro della scuola

«È il road movie per eccellenza in quanto non c’era uno script. C’era solo l’itinerario. Avevo una grande mappa della Germania. Ho seguito, da nord a sud, il confine tedesco. Una particolare terra di nessuno nel mezzo della Germania. I giovani partivano spesso. Era una zona dove non c’era nulla. Nessuno voleva andare lì. Conoscevo l’itinerario abbastanza bene. L’ho fatto io stesso due volte» Un progetto sperimentale e folle Nel corso del tempo, ma geniale nella sua poesia narrativa disarmonica di cui Wenders ci svela l’unica scena presente nello script: «(L’incipit) era l’unica cosa che era stata scritta. Era la prima scena, il primo dialogo: come i due personaggi s’incontrano. Da quel punto in poi non c’era più alcuna sceneggiatura. Ho scritto ogni notte. È stata un’esperienza fantastica», questo per via soprattutto della particolarità della sequenza.

«In un certo senso la parte (Bruno/King of the road) era ritagliata su di me»
«In un certo senso la parte (Bruno/King of the road) era ritagliata su di me»

Momento scenico in cui non soltanto Wenders disegna i contorni caratteriali del King of the Road di Vogler, ma determina, soprattutto, il battesimo (quasi) mortale con cui dar nuova vita al Kamikaze di Hanns Zischler. Erano altri tempi quelli. Un altro cinema, o per dirla alla maniera del cineasta tedesco: «L’idea di fare un film senza un grande script o uno script finito è impensabile oggi. Se dovessi provare a fare oggi un film come Nel corso del tempo credo mi caccerebbero da qualsiasi ufficio di qualunque casa di produzione. Nessuno sarebbe disposto a investire soldi in un film con un regista che ti dice lo scriviamo mentre lo giriamo». A cambiare è la concezione del contenuto filmico gradualmente passato da opera d’arte a prodotto industriale: «A quel tempo c’era più l’idea che il cinema fosse parte della arti. Un linguaggio, una forma di espressione».

Hanns Zischler e Rüdiger Vogler in una scena di Nel corso del tempo
Hanns Zischler e Rüdiger Vogler

Del resto con una logline simile, mistura eccezionale di poesia pura e realismo denso, non sarebbe possibile altrimenti: «E se oggi dicessi: Voglio fare un film in cui due ragazzi viaggiano attraverso la Germania e scoprono il paese e lo stato dei cinema e di tutte quelle cittadine dove ne è rimasto solo uno, ti direbbero: Dacci uno script e torna di nuovo. A quel tempo potevamo ancora finanziare il film e girarlo per un lungo periodo». Proprio per questo è un’opera preziosa Nel corso del tempo, perché espressione tangibile di un vento di libertà che oggi, vuoi per ragioni produttive, vuoi di tipo tematiche, non esiste più. Per Zischler, addirittura, il film di Wenders è un’ode erotica all’omofilia: «Si il suo erotismo è legato all’amicizia tra uomini. Non dico omosessuale. Si può ben dire però che Nel corso del tempo è un film omofilo».

«L'idea di fare un film senza un grande script o uno script finito è impensabile oggi. A quel tempo c'era più l'idea che il cinema fosse parte della arti. Un linguaggio, una forma di espressione»
«L’idea di fare un film senza un grande script o uno script finito è impensabile oggi…»

Ciò che appare evidente nel limbo di una dinamica relazionale tra due perfetti estranei solitari che oscillano tra la totale indifferenza alla bromance da canto all’unisono sulle note di Just Like Eddie, è proprio l’assenza di elementi caratteriali marcati per Kamikaze, ambiguo quanto basta, riflessivo e calcolatore, brusco e fuorviante con gli uomini, ma capace di aprirsi spontaneamente dinanzi a un bambino: «Bruno era dato, innanzitutto, dal materiale: il materiale primario (macchine del cinema, proiettori, camion). Mentre per me era meno definito. Io l’ho inventato. Ho immaginato di essere uno psicologo dell’infanzia» ed proprio qui che si gioca la partita relazionale de Nel corso del tempo. Due uomini che viaggiano secondo ritmi e spiriti diversi su binari – e archi narrativi – paralleli che finiscono con l’incrociarsi. Uomini che si annusano. Che si esplorano l’un l’altro. Sino al raggiungimento del punto di rottura.

Lisa Kreuzer e Rüdiger Vogler in una scena di Nel corso del tempo
Lisa Kreuzer e Rüdiger Vogler

Tra chi come King of the Road/Vogler ha trovato nella scelta di proiettare esperienze (e sogni) in formato cinematografico il proprio equilibrio on-the-road e chi invece come Kamikaze/Zischler, finisce con l’esplodere dilaniato dai propri fantasmi interiori. A detta di Zischler largo merito del successo de Nel corso del tempo sta soprattutto nell’impostazione recitativa indicata loro da Wenders: «La si potrebbe descrivere come angoscia da contatto, una mancanza d’immediatezza. Anche dovuta al fatto che in fondo pensa che la recitazione non è codificata dal teatro, da una certa drammaturgia del non-quotidiano. Wenders affida all’immagine il compito di stabilire segretamente la recitazione. Non si vede la recitazione. Si vede qualcosa di plausibile, come il tempo che passa, come qualcosa che non è drammatico. Ed è sempre molto forte il risultato quando non abbiamo a che fare con cose drammatiche ma, per così dire, aleatorie».

«È il road movie per eccellenza in quanto non c'era uno script. C'era solo l'itinerario. Avevo una grande mappa della Germania. Ho seguito, da nord a sud, il confine tedesco. Una particolare terra di nessuno nel mezzo della Germania» (Wim Wenders)
«È il road movie per eccellenza in quanto non c’era uno script. C’era solo l’itinerario…»

Sta tutta qui, in fondo, l’essenza di un’opera come Nel corso del tempo prossima al cinquantennale di vita. Recitazione fra le righe che scorre lungo un viaggio tipicamente europeo, su una terra di confine europea e al ritmo di una ballad europea, con cui però Wenders guarda oltreoceano a quell’immaginario collettivo colonizzatore del subconscio. Un’ode d’amore al cinema hollywoodiano figlia del Nuovo Cinema Tedesco, sapientemente declinata tra pittoresche e nostalgiche riflessioni meta-cinematografiche sul valore esperienziale della sala e i Ben-Hur e Nibelunghi del loro tempo, in un impianto narrativo come il road movie – genere americano tra i più caratteristici – di un viaggio come esplicitazione degli archi di trasformazione, un po’ alla maniera del viaggio fordiano.

Nei cinema italiani Nel corso del tempo fu distribuito il 17 febbraio 1979
Nei cinema italiani il film fu distribuito il 17 febbraio 1979

Wenders studia Ford, ne ruba la struttura, ci gioca su come solo i grandi della New Hollywood, getta i suoi eroi selvaggi e solitari in un viaggio desertico – ora in termini morfologici ora umani – fatto di silenzi e chiari di luna tra l’onirico, il pragmatico e il realismo disturbante, lancia il Nuovo Cinema Tedesco verso i confini hollywoodiani del nuovo mondo oltreoceano ed entra nella storia del cinema dalla porta principale. Nel corso del tempo: poesia e virtù, purezza e amore, la quintessenza della settima arte e del cinema wendersiano.

  • LONGFORM | Paper Moon, Bogdanovich e quel viaggio in America
  • INTERVISTE | Wenders: «Ford, Hendrix e il cinema come arte»
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Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

 

 

 

 

 

 

 

 

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