MILANO – La speranza è che diventasse un documento storico, invece le ultime notizie raccontano esattamente l’opposto. Così, le delicate tinte dell’animazione creano un netto contrasto con la crudeltà che mostrano ne Le rondini di Kabul, film animato a quattro voci diretto da Eléa Gobbé-Mévellec e Zabou Breitman presentato in anteprima nella sezione Un certain regard al Festival di Cannes del 2020, oggi inedito in Italia. Tratto dall’omonimo romanzo di Yasmina Khadra pubblicato per Mondandori, già al tempo gettava una luce potente sulla tragicità del vivere sotto il regime talebano, soprattutto per le donne e per la condizione femminile.

Nel 1998, in una Kabul devastata e distrutta dopo vent’anni di guerra, sopraffatta dalle bande di talebani e dai loro atti di violenza, continua la vita di quattro persone: Mohsen, giovane istruito ma che si ritrova in piazza a partecipare alla violenza collettiva, e sua moglie, prima dell’instaurazione del regime avvocato e sostenitrice della causa femminista, Atiq, guardiano del carcere femminile che non sopporta più la violenza del regime, e sua moglie, gravemente malata di cancro. Intorno a loro, la disperazione. Una donna, nascosta dal burqa e arrestata e condannata a morte, è portata nella pubblica piazza dove viene lapidata. Tutti intorno a lei le lanciano sassi, perfino i bambini, finché l’azzurro della stoffa non si tinge di rosso.

Le due coppie tentano, ognuno a modo suo, di lottare contro la crudeltà dei talebani ma la libertà è estremamente limitata ed è difficile trovare un appiglio di speranza in una società diventata mortificante in tutti i suoi aspetti e caduta nell’oscurantismo più totale. Non c’è più nient’altro, solo paura, diffidenza e i soprusi messi in atto dai talebani solo perché hanno il potere di farlo. In mezzo a tutto, la storia si concentra sulle donne e sulla drammatica situazione che si prospetta nel loro futuro. Sotto il regime talebano il dominio maschile aveva raggiunto livelli smisurati in nome della religione, del controllo della popolazione, del peggiore fanatismo. «Un uomo non deve niente a una donna» è il pensiero comune.

Forse è stato un bene che Breitman e Mévellec abbiano optato per una realizzazione animata: usare personaggi veri sarebbe stato troppo crudo da sopportare. Le rondini di Kabul è interamente disegnato a mano con tavole ad acquerello dai toni tenui e figure raffinate. In parte la sensibilità dell’animazione mitiga i sentimenti dello spettatore, ma le scene agghiaccianti di violenza o le esecuzioni rimangono comunque impresse nella mente di chi guarda. Le due registe sono già conosciute in Francia per il loro lavoro. Zabou Breitman è al suo quinto film come regista, oltre ad avere una carriera come attrice, mentre Eléa Gobbé-Mévellec è famosa per le sue precedenti animazioni come Ernest & Celestine e The Rabbi’s Cat.

Le rondini di Kabul è un film toccante, profondo e di riflessione ma anche coraggioso, un’opera che non tutti avrebbero avuto l’ardire di realizzarlo. Si pone come denuncia a nome delle donne vittime dell’integralismo e ne sottolinea i sacrifici e le speranze, in un mondo che ne chiede tanti dei primi e ne offre poche delle seconde. Un piccolo messaggio di speranza, o meglio un invito a riscoprire quelle idee umanistiche e femministe che, in un modo o nell’altro, riguardano tutti noi. Qualcosa a cui aggrapparsi in un momento terribile.
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- Qui potete vedere il trailer di Le rondini di Kabul:
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