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Le Otto Montagne | Un’ode all’amicizia e ai ricordi per un film intimo e ricco di tenerezza

Borghi e Marinelli regalano interpretazioni preziose in un film visivamente ed emotivamente coinvolgente

Le Otto Montagne
Alessandro Borghi e Luca Marinelli sono i protagonisti de Le Otto Montagne

ROMA – «Il ghiacciaio è la memoria degli inverni passati che la montagna custodisce per noi». E Le Otto Montagne, film scritto e diretto da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch (che tornano a lavorare insieme dopo quella meraviglia di Alabama Monroe), adattamento del romanzo Premio Strega di Paolo Cognetti (edito da Einaudi), è un film in cui memoria e ricordi sono il filo conduttore di una storia di amicizia e amore (i cui confini sono labilissimi), di figure paterne presenti e assenti, di sentieri, ruscelli, petraie, valli e cime innevate. Un film su due bambini che si incontrano e non si lasciano più, anche quando la vita li allontana, e di un luogo in cui ritrovarsi e riconoscersi. «Il tempo della leggerezza» fatto di vino e formaggi, salite e corse, contro «il tempo della gravità» fatto dei rumori della città, dei pomeriggi passati al chiuso, della vita lontana dalla vastità imponente e magnifica delle vette.

Le Otto Montagne
Un’immagine de Le Otto Montagne

Pietro (interpretato da adulto da Luca Marinelli) è un ragazzino di città, nato e cresciuto in una famiglia borghese di Torino che non può dire le parolacce «perché noi non siamo così» gli ricorda la madre. Bruno (con il volto, da grande, di Alessandro Borghi), invece, è l’ultimo bambino di un paesino di montagna. Un’estate i due si conoscono e diventano amici tra i campi fioriti e le mucche da portare al pascolo. Negli anni a seguire, Bruno rimane fedele alle sue montagne, mentre Pietro andrà via per poi tornare sempre lì. Le Otto Montagne racconta come il loro incontro sia l’artefice della scoperta di una gamma di emozioni che li forma come uomini e fa conoscere loro il valore profondo dell’amicizia. Parola ampiamente abusata ma che in Pietro e Bruno vive sincera anche (e sopratutto) nei silenzi, negli sguardi e nei gesti di due uomini che custodiscono l’uno la storia dell’altro.

Una scena del film con Borghi e Marinelli

In una scena del film, in una notte di bevute e risate, Pietro disegna su un taccuino un cerchio che simboleggia il mondo. Al centro c’è la montagna più alta, il Sumeru, circondata da otto mari e otto montagne. La domanda è: chi ha imparato di più? Chi ha visitato “le otto montagne” (Pietro) o chi ha raggiunto la vetta del Sumeru (Bruno)? Ambientato tra le Alpi e il Nepal, il film si snoda attraverso quella domanda e ci mostra i percorsi opposti dei due, i confini che si è autoimposto l’uno e il bisogno di trovare il proprio posto nel mondo nel modo più imprevedibile possibile dell’altro. La regia di Van Groeningen e Vandermeersch, amplificata nella sua potenza emotiva dalla fotografia di Ruben Impens, è fatta di inquadrature fisse, zoom, campi larghissimi con i quali i due registi seguono il passare degli anni e delle stagioni scegliendo nel formato 4:3 di immortalare le montagne in tutta la loro maestosità tesa verso l’alto.

Le Otto Montagne
Alessandro Borghi è Bruno ne Le Otto Montagne

Borghi e Marinelli tornano, dopo Non Essere Cattivo di Claudio Caligari, a raccontare una storia di amicizia maschile ricchissima anche di quella tenerezza spesso negata al loro genere d’appartenenza e lo fanno regalando due prove attoriali senza sbavature. Interessante (e attualissimo) come tutto il film sia accompagnato, in sottofondo, da una riflessione sui tempi e le tradizioni della montagna scardinati e spazzati via da regole che impongono macchinari o procedimenti lontani da quelli tramandati di padre in figlio distruggendo, di fatto, un intero mondo. E proprio l’eredità paterna è uno dei temi cardine de Le Otto Montagne. I due protagonisti devono scegliere se seguirne le orme o meno, se abbracciarne i sogni perduti e mantenere promesse mai fatte. Su quella scelta si gioca il loro destino e la loro amicizia.

Una scena del film

Con una prima parte riuscita ed una seconda più frammentata in cui sarebbe servita una maggiore sintesi narrativa, Le Otto Montagne fa affiorare le emozioni con una naturalezza silenziosa e mai esibita che di quell’insieme di elementi che chiamiamo genericamente natura ci mostra anche il volto più difficile ed impervio. E quando si parla di un film di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch non si può non menzionare la musica affidata allo svedese Daniel Norgren che per la pellicola ha adattato dei suoi brani già esistenti (andate ad ascoltare Everything You Know Melts Away Like Snow o Why May I Not Go Out and Climb The Trees?) che si sposano alla perfezione con le immagini create dai due registi. Le Otto Montagne è un film malinconico, fatto di tenerezza e rimorsi, di quiete e perdono capace di farci sentire il freddo dell’inverno e il calore del sole di primavera sulla pelle. Un film sull’amicizia. Quella libera, che ti lascia andare via perché le radici le ha ben piantate in fondo al cuore.

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La video intervista per Le Otto Montagne è a cura di Manuela Santacatterina:

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