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Laura Samani: «Il mio ritorno a Cannes, tra Piccolo Corpo e le storie del Friuli»

Il santuario, le storie e il viaggio a Cannes: la regista racconta a Hot Corn il suo primo lungometraggio

laura samani

MILANO – «È bellissimo. Anche perché è un ritorno a casa, in qualche modo. Nel 2016 ero venuta qui per la prima volta, selezionata in Cinéfondation con La santa che dorme, che era il mio corto di diploma del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Quindi il fatto di vedere che, chiaramente in sezioni diverse, il festival continua a seguire i miei passi, è molto commovente». Così Laura Samani ci racconta via Zoom l’emozione di presentare in concorso alla Semaine de la Critique il primo lungometraggio, Piccolo Corpo. Legato alle tradizioni e al folklore del Friuli Venezia Giulia, il film prende spunto dai miracoli che sembrano aleggiare intorno al santuario di Trava, santuario dove, si diceva, i bambini nati morti potevano essere riportati in vita per essere battezzati. Con Laura Samani abbiamo parlato della storia dietro al film e delle sue abitudini, ma non solo.

Laura Samani durante la nostra intervista Zoom con Ileana Dugato.

LA STORIA – «Il film si è sviluppato quando, proprio nel 2016, mi è stato raccontato per la prima volta dell’esistenza di un santuario nella mia regione, il Friuli Venezia Giulia, che si chiama Trava. È tutt’ora esistente ma ha perso la funzione originale, che era quella di resuscitare i bambini che nascevano senza respiro solo, per l’appunto, per il tempo di un respiro. Quindi quello necessario a poterli battezzare perché altrimenti la loro anima sarebbe rimasta nel limbo. Io non sapevo niente di queste pratiche, mi sono state raccontate da un signore friulano che, tra l’altro, aveva visto il mio primo corto (La santa che dorme, ndr) e quindi pensava che potesse interessarmi. E così è stato.»

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Agata, la protagonista di Piccolo Corpo di Laura Samani

LO SVILUPPO – «Quello che è successo è che, proprio qui a Cannes, ho incontrato Nadia Trevisan, che è la CEO di Nefertiti Cinema – una casa di produzione di Pordenone – che si è immediatamente innamorata del progetto. Da lì a poco abbiamo iniziato a lavorarci insieme e abbiamo fatto tanti laboratori, sia di scrittura che di sviluppo in generale, anche proprio per la storia del film, che ci ha permesso di innanzitutto ampliare il raggio dei collaboratori coinvolti, ma anche di crescere e di farci le ossa arrivando a un contesto internazionale…».

IL FOLKLORE – «Sono sempre stata affascinata da tutto quello che è nella zona grigia della fede religiosa. Ho ricevuto un’educazione cattolica, più o meno come tutti in Italia, per quanto io non sia cattolica e la mia famiglia non mi abbia mai obbligato a seguire una strada precisa. Non saprei dire una ragione razionale sul perché mi affascinano queste cose però è come se, anche quando smetto di cercarle, mi venissero addosso. Come ci fosse una invocazione involontaria. Sono argomenti che mi interessano, mi piace anche passare il tempo con gli anziani, che tante volte hanno dei punti di vista diversi rispetto al nostro, molto rapido e veloce».

Un altro momento dell’incontro via Zoom

LA CHIESA – «La Chiesa non vedeva di buon occhio queste pratiche innanzitutto perché è un miracolo presuntuoso da chiedere, quello di far tornare qualcuno in vita. Basti pensare al fatto che nel Vangelo, quando Gesù fa tornare in vita Lazzaro, è l’ultimo miracolo che compie prima di morire, quindi è il miracolo dei miracoli. Ma non lo vedeva di buon occhio, e anzi lo chiamava proprio “abuso di sacramento”, perché tante volte non erano persone di chiesa a compierle ma le perpetue. E la curia non aveva il controllo su questo. Tra l’altro il miracolo non veniva chiesto a Dio ma alla Madonna, perché essendo una madre che aveva perso il figlio poteva empatizzare con queste persone e forse intercedere con Dio. E non funzionava nemmeno sempre, il miracolo. Ci sono proprio dei documenti, anche fatti dall’Inquisizione, che lo testimoniano».

laura samaniUna scena di Piccolo Corpo 

ISPIRAZIONI – «No, non mi sono ispirata a nessuno perché in realtà, e questo è spesso un problema, tendo a non guardare film prima di girare. Preferisco andare sulle location, passare il tempo a parlare con le persone. Ho come una sorta di rifiuto rispetto a tutto ciò che è audiovisivo prima di girare. Leggo tanto, questo sì, prima di andare sul set. Di registe che mi piacciono ce ne sono tantissime. Qui al Festival in questi giorni c’è Andrea Arnold, che mi piace tanto. Ma anche Kelly Reichardt mi piace moltissimo, così come Jane Campion.»

DONNE NEL CINEMA – «La vittoria agli Oscar di Chloé Zhao? Secondo me rappresenta il significato che ognuno di noi ci può dare. Sicuramente è un segnale importante ma ce ne sono anche molti più piccoli e meno eclatanti. Stanno succedendo cose nella vita di tutti noi, grazie ai nuovi movimenti. Di conseguenza stiamo iniziando a capire che non c’è una differenza tra uomini e donne: vogliamo le stesse cose. Quindi vogliamo vincere l’Oscar, avere o non avere figli, scegliere cosa fare del nostro corpo, scegliere se lavorare o no e non essere condannate perché abbiamo preferito il lavoro alla famiglia. Vogliamo le stesse identiche cose. Semplicemente, e qui parlo da donna, abbiamo più fame, perché abbiamo dovuto lavorare di più per arrivare a questo».

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