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La Finestra sul Cortile | James Stewart e i settant’anni del capolavoro di Alfred Hitchcock

Grace Kelly, Raymond Burr, Thelma Ritter e quelle parole di Truffaut: Riscoprire un mito

James Stewart in una scena di La Finestra sul Cortile, capolavoro di Alfred Hitchcock del 1954
James Stewart in una scena di La Finestra sul Cortile, capolavoro di Alfred Hitchcock del 1954

ROMA – Il saggio filmico Il Cinema secondo Hitchcock di François Truffaut è da considerarsi tra i libri di cinema più rilevanti di sempre. All’interno si racconta di una serie di conversazioni avvenute tra Truffaut e Alfred Hitchcock lungo tutta una settimana, nell’agosto 1962. Dalle pagine del saggio, tra aneddoti, curiosità e riflessioni, emerge un quadro interessante di uno dei film diretti dal regista, La Finestra sul Cortile, del 1954, su cui Truffaut si espresse attraverso parole che valgono, forse, più di qualsiasi recensione possibile: «Abbiamo l’uomo immobile che guarda fuori. È una parte del film. La seconda parte mostra ciò che vede e la terza la sua reazione. Questa successione rappresenta quella che conosciamo come la più pura espressione dell’idea cinematografica». Che poi, in verità, basterebbe la sola (incredibile) sequenza d’apertura per parlarne in questi termini.

James Stewart e Grace Kelly in un momento del film
James Stewart e Grace Kelly in un momento del film

La musica di Franz Waxman e delle tende alzate lentamente di una finestra che si affaccia in un cortile. Basta poco per una delle sequenze d’apertura più interessanti, giocose e argute del cinema moderno americano. L’apertura di racconto de La Finestra sul Cortile vive, infatti, di un virtuoso esempio di soggettiva accompagnando il nostro sguardo curioso oltre i confini dell’abitazione. Tra gatti che girano per il quartiere, gente che si allaccia la cravatta, bambini seduti in balcone, piani comunicanti, una coppia che dorme sul balcone con la mano penzoloni, una donna che si pettina davanti allo specchio e il cielo plumbeo a cornice. Un agile e silenzioso, quasi austero, movimento di macchina guida l’occhio lungo tutto questo microcosmo di vita sociale.

I titoli di testa di La Finestra sul Cortile
I titoli di testa di La Finestra sul Cortile

Una soggettiva che indirizza lo sguardo – sino a tornare indietro – sul primissimo piano del volto sudato del L.B. Jefferies di Stewart il cui occhio, assimilato a quello dello spettatore, indugia osservando la realtà e piccoli scorci di vita quotidiana per poi soffermarsi sul momento del clic dell’intimo, in un movimento di gamba che squarcia l’aria, in un campo lungo che diventa medio, con cui stringere il campo visivo. Un indugiare con cui il cineasta britannico codifica il sottotesto voyeuristico alla base del racconto per poi presentarci caratterialmente Jefferies e le sue ossa rotte. Tra un bagno di sudore e una macchina fotografica rotta anch’essa (per non dire a pezzi), Hitchcock delinea con un semplice parallelismo la caratterizzazione psicologica del suo eroe protagonista.

La Finestra sul Cortile di Alfred Hitchcock fu presentato in terra statunitense il 4 agosto 1954
La Finestra sul Cortile di Alfred Hitchcock fu presentato in terra statunitense il 4 agosto 1954

Quindi una soggettiva che indugia sui dettagli dell’abitazione, da cui far emergere il quadro di un uomo d’azione, un fotografo di successo costretto all’immobilismo del dannato bozzolo. Un espediente, che de La Finestra sul Cortile è eccezionale meraviglia filmica, su cui si espresse così Hitch: «Si parte dal cortile addormentato, si passa sul viso di James Stewart che suda, sulla sua gamba ingessata, poi su un tavolo dove si vede la macchina fotografica rotta e una pila di riviste, sul muro si vedono delle foto di automobili da corsa che si capovolgono». Quindi una coppia che prende il sole spiata dall’elicottero e lo sguardo di Jefferies che indugia sulla ballerina (Georgine Darcy) in allenamento così da far crescere e cristallizzare la connotazione voyeuristica alla base del racconto.

James Stewart in una scena del film
James Stewart in una scena del film

Una connotazione mai veramente seriosa. Piuttosto da intendersi come ironica, irriverente, con cui strumentalizzare il concept da kammerspiel atipico e giocare sul ruolo scenico-sociale del guardone attraverso la particolare condizione di fissità coercitiva del suo agente scenico principe. Quindi l’arena scenica del cortile con cui Hitchcock si oppone alla solo apparente staticità narrativa de La Finestra sul Cortile, presentandoci gli abitanti dello stesso tra invidie e distrazioni, drammi e movimenti slanciati, ficcanaso e burberi. Frammenti di vita quotidiana che sono sia acuta osservazione delle debolezze umane che piccoli stralci di archi di trasformazione silenziosi raccontati da Hitchcock tramite intenzioni anziché effettive esplicitazioni. E poi c’è il valore della composizione dell’immagine di Hitchcock.

Raymond Burr in un momento de La Finestra sul Cortile
Raymond Burr in un momento de La Finestra sul Cortile

Una forza narrativa che trova slancio in un uso pionieristico della soggettiva che è pura apoteosi – tecnica oltre che filmica – tra effetto cannocchiale, zoom e raccordo sull’asse, dove l’occhio dello spettatore è subito assimilato a quello del protagonista così da comporre un La Finestra sul Cortile come colorita e giocosa metafora del mezzo filmico, o per usare le parole dei cineasti Éric Rohmer e Claude Chabrol nel (meraviglioso) saggio filmico dal titolo Hitchcock: «Il tema centrale riguarda l’essenza stessa del cinema: la visione, lo spettacolo». Parole a cui fece eco lo stesso Truffaut nella recensione che scrisse nel 1954, nel suo passato di militanza critica ai tempi dei Cahiers du Cinéma: «Il cortile è il mondo, il reporter/fotografo è il regista, il binocolo rappresenta la macchina fotografica e i suoi obiettivi».

Il primissimo piano di Grace Kelly
Il primissimo piano di Grace Kelly

Quindi le dinamiche relazionali con l’arguta infermiera Stella (Thelma Ritter) e Lisa (Grace Kelly) con cui raccontare della crisi dell’individuo moderno, la solitudine auto-imposta, mascherando il tutto con una forzata razionalizzazione. Però è sempre di un thriller targato Hitchcock che parliamo. Ed è in un raffinato gioco registico che La Finestra sul Cortile prende slancio tra un urlo, il silenzio e un vaso rotto, sino alla soggettiva alla ricerca di verità. Nella curiosità che diventa morboso voyeurismo Hitch procede verso un’indagine fatta di silenzi e sguardi torvi, di dettagli e particolari e sigarette accese nel buio e di soggettive dal campo visivo sempre più stringente con cui comporre un gioco di deduzione, di lascio intendere e non detto, con cui colorire la connotazione voyeuristica alla base della narrazione.

Quella sigaretta accesa nel buio della stanza...
Quella sigaretta accesa nel buio della stanza…

Un gioco che ci porta fino al climax silenzioso che vede La Finestra sul Cortile rompere il malsano e immobile equilibrio tra Jefferies e Thorwald (Raymond Burr) di osservatore-e-osservato, in una resa dei conti al cardiopalma, attiva e reale, che è compimento dei loro archi di trasformazione e definitiva umanizzazione degli agenti scenici dall’altra parte del cortile. Climax che pone i sigilli su di un La Finestra sul Cortile opera immortale e irripetibile dallo sviluppo pulito, fluido, lineare e di solo apparente semplicità registica, che vive, si, di ironia, ma anche di inganni e incidenti, di tensioni ed emozioni che a settant’anni di distanza da quel 4 agosto 1954 che lo vide arrivare nelle sale statunitensi con Paramount Pictures, proprio non vuole smettere di stupire e far innamorare.

Il cameo di Alfred Hitchcock
Il cameo di Alfred Hitchcock

Eppure avrebbe potuto avere ben altra vita il premiato capolavoro hitchcockiano, a partire dal fatto che il racconto da cui è tratto – It Had to Be Murder di Cornell Woolrich del 1942 – aveva molte meno componenti narrative. Non vi era alcun altro vicino nel cortile su cui Jefferies potesse spiare. C’era solo Thorwald, per cui Hitchcock ingaggiò personalmente Burr perché assomigliava tantissimo al suo vecchio produttore, il titanico David O. Selznick (che tra Rebecca, Notorious e Il Caso Paradine, fece di tutto per rendergli la vita impossibile). Fu un semplice dispetto insomma, ma da Hitchcock era lecito aspettarsi qualsiasi cosa. L’altra grande innovazione fu l’introduzione del personaggio di Lisa la cui caratterizzazione fu delineata dallo sceneggiatore John Michael Hayes sui contorni umani della stessa Kelly.

Nei cinema italiani La Finestra sul Cortile fu distribuito il 14 aprile 1955
Nei cinema italiani La Finestra sul Cortile fu distribuito il 14 aprile 1955

E Ghiaccio Bollente, come era solita chiamarla Hitchcock, reduce dalla lavorazione de Il delitto perfetto, non se lo fece ripetere due volte. Salì a bordo de La Finestra sul Cortile rifiutando, di riflesso, il copione di Fronte del Porto per cui Budd Schulberg scrisse il ruolo di Edie Doyle (poi portata in scena da Eva Marie Saint) con lei in mente. Scelse Lisa per la semplice ragione che la caratterizzazione da indossatrice non-professionista le ricordava il suo passato da fotomodella. Nel 1947, infatti, la Kelly siglò un contratto con l’agenzia di moda Walter Thornton Model Agency di New York che le permise di muovere i primi passi nel mondo dello spettacolo. Con James Stewart fu intesa scenica perfetta. Lo fu con tutti, a dire il vero, su quel set.

Grace Kelly in una scena di La Finestra sul Cortile
Grace Kelly in una scena di La Finestra sul Cortile

Come raccontato dallo stesso Stewart: «Tutti si sedevano e aspettavano che arrivasse la mattina, anche solo per poterla guardare. Era gentile con tutti, così premurosa, fantastica, bella. E come attrice Grace aveva completa comprensione del modo in cui viene svolta la recitazione cinematografica». D’altronde, in appena tre anni, era stata plasmata artisticamente da registi del calibro di Henry Hathaway (14° ora), Fred Zinnemann (Mezzogiorno di fuoco) e John Ford (Mogambo) prima di legarsi a Hitchcock. Dopo La Finestra sul Cortile (lo trovate su Prime Video, Apple TV+ e NOWtv) arriverà Caccia al ladro dove divise la scena con Cary Grant segnando per sempre il proprio destino tra le strade del Principato di Monaco, ma quella è tutta un’altra storia…

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