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Come cambia il mondo dell’intrattenimento digitale nell’epoca del Coronavirus?

Piattaforme e film in digitale: l’emergenza Covid-19 accelererà un processo già iniziato?

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MILANO – Il mondo dell’entertainment e la sua fruizione? È innegabile come negli ultimi cinque anni abbia cambiato volto. Un mutamento figlio di una vera e propria rivoluzione digitale che ha rimodellato intere industrie e le abitudini del pubblico. Un’abbondanza di schermi di forme e dimensioni diverse, dagli smartphone ai tablet passando per pc e smart TV, che hanno azzerato i confini tra medium e in cui il numero dei contenuti è cresciuto vertiginosamente di anno in anno. Merito anche della nascita di nuove piattaforme SVOD – Subscription Video on Demand, ossia servizi su abbonamento – che hanno puntato parte del loro business sulla produzione di contenuti originali.

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I contenuti digitali? Si possono vedere ovunque su schermi di ogni dimensione

Ultima, in ordine di tempo, ad aggiungersi alla lista, la piattaforma streaming Disney+ disponibile in Italia dal 24 marzo. Abbonamento mensile da € 6.99 al mese – con possibilità di condivisione fino a sette profili – per avere accesso all’universo Disney a cui si affiancano contenuti targati Pixar, Marvel, Star Wars e National Geographic. Una realtà che, stando ai dati diffusi, ha già totalizzato un totale di 28 milioni e 600 mila abbonati nel mondo. E qui sorge una domanda: che impatto ha per le tasche del consumatore questa molteplicità di offerta? Sempre stando alle informazioni che arrivano da oltreoceano, il lancio negli Stati Uniti di Disney+ lo scorso novembre ha portato una fetta di utenti a disdire il proprio abbonamento Netflix.

L'home page di Disney Plus
L’home page di Disney+

Now TV, TIMvision, Infinity. Tutte le altre piattaforme SVOD presenti nel nostro Paese che prevedono un canone periodico a cui vanno aggiunti Amazon Prime Video e Apple+ (il primo compreso nel costo annuo di Amazon Prime, il secondo con un anno di abbonamento gratuito per chi acquista uno dei prodotti di Cupertino). Una molteplicità di offerta che si traduce, però, in un’inevitabile scelta e conseguente esclusione. Quale futuro si prospetta? Un abbonamento a singhiozzo in cui l’utente congela e riattiva il proprio account a seconda dei contenuti presenti su una piattaforma X quel mese?

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Come cambiano le abitudini degli utenti?

In questo scenario si inserisce la realtà complementare delle piattaforme transazionali – in gergo TVOD, Transactional Video on Demand -ossia servizi in cui l’utente paga per ogni singolo contenuto. Realtà come iTunes, Google Play e, in Italia, CHILI – presente anche in Uk, Austria, Germania e Polonia -, offrono i film nella prima finestra disponibile, mediamente tre mesi dopo l’uscita in sala. Se negli anni Duemila c’era Blockbuster, tempio di ogni cinefilo fatto di scaffali di DVD e leccornie di ogni tipo in cui poter noleggiare o comprare classici o nuove uscite, ecco che oggi quella realtà ha cambiato profilo e si è spostata nel mondo digitale. CHILI, infatti, non solo offre un catalogo di oltre 14.000 contenuti tra film e serie TV ma è arricchito da un eStore in cui poter acquistare prodotti legati alle produzioni più celebri.

L'home page di CHILI
L’home page di CHILI

Ne è un’ulteriore riprova la nuova rivoluzione che stiamo vivendo in queste settimane. La pandemia del Coronavirus sta influendo sulla nostra quotidianità trasversalmente e anche l’industria cinematografica, con i cinema momentaneamente chiusi in Europa e oltreoceano, sta ripensando al suo modello di distribuzione magari velocizzando un processo già timidamente ipotizzato. Un esempio? La scelta della Universal Pictures di distribuire direttamente su CHILI Emma, deliziosa commedia diretta da Autumn de Wilde ispirata all’omonima opera di Jane Austen. Questo significa la fine della sala? La risposta è un categorico no.

Un'immagine di Emma
Un’immagine di Emma

Significa pensare a nuovi modelli di distribuzione che magari accorcino ancora di più la finestra dei 105 giorni che separa l’uscita in sala dall’uscita digitale o che in questo momento arrivino, addirittura, ad annullarla lanciando i contenti direttamente sulle piattaforme in digitale. Un esempio? Prime Video, in America, ha creato una sezione chiamata In-Theater Movies At Home. E perché no, magari dare giusto spazio a quelle pellicole – e sono molte – che finiscono per venir offuscate dai grandi titoli di turno, finendo spesso per ottenere solo una distribuzione disomogenea e limitata. Significa trovare un nuovo equilibrio tra le parti in causa per creare un dialogo virtuoso tra produttori, distributori, esercenti, piattaforme e Istituzioni che guardi nella stessa direzione. In una parola? Futuro.

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