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Il Labirinto del Silenzio | Il processo di Francoforte e la storia vera dietro al film

Il film, diretto a Giulio Ricciarelli, racconta tra verità e finzione uno degli eventi cruciali post WWII

Il Labirinto del Silenzio, una scena del film
Il Labirinto del Silenzio, una scena del film

ROMA – Storia particolare quella di Giulio Ricciarelli, milanese trapiantato in Germania, che nella sua carriera è stato attore per innumerevoli film tv tedeschi, prima di tornare in Italia grazie a Paolo Sorrentino per un piccolo ruolo nel capolavoro È Stata la Mano di Dio. Ma, Ricciarelli, oltre attore, è anche regista. Nel 2014 infatti ha diretto Il Labirinto del Silenzio, presentato al Toronto Film Festival e scelto dalla Germania per rappresentarla agli Oscar del 2016 come Miglior Film Straniero. La storia vera, con protagonista Alexander Fehling, racconta la storia vera del processo di Francoforte, tenutosi negli Anni Sessanta. Gli imputati? Ventidue uomini, membri delle SS, accusati di atrocità commesse ad Auschwitz.

il labirinto del silenzio
Alexander Fehling, il protagonista del film

La pellicola si sofferma sul la storia di un giovane pubblico ministero che decide di mettersi alla ricerca della verità, combattendo contro ogni ostacolo immaginabile, con l’obiettivo di superare i limiti di un sistema dove è più facile dimenticare che ricordare. Già perché Il Labirinto del Silenzio illumina quanto parte della Germania era intenzionata a portare alla sbarra i criminali guerra. Il processo in questione iniziò nel 1963, e fu il primo processo tedesco della storia a giudicare i crimini nazisti. L’evento segnò un punto focale nella giustizia, dato che avvenne quando il Paese si stava rafforzando. Questo però, fece sì che la Germania dovette affrontare anche il suo oscuro passato, e dunque tornare ad elaborare l’Olocausto, nonostante l’opinione pubblica non fosse totalmente d’accordo.

Un momento del processo di Francoforte
Un momento del processo di Francoforte

Come mostra Il Labirinto del Silenzio di Giulio Ricciarelli il processo di Francoforte non ebbe la stessa risonanza di quello di Norimberga, anche perché le leggi della Repubblica Federale di Germania resero abbastanza complesso imputare i criminali, in quanto era possibile condannarli solo per fatti commessi singolarmente. Tesi enfatizzata dal giudice Hofmeyer, che puntava a giudicare il singolo imputato estrapolandolo dal contesto internazionale, e dunque allontanandolo dai crimini di guerra commessi. Il Hofmeyer si scontrò con Bauer (Gert Voss, nel film), un altro giudice che invece portò al processo – non senza difficoltà – testimonianze dirette di cosa avvenne davvero ad Auschwitz.

Una scena de Il Labirinto del Silenzio
Una scena de Il Labirinto del Silenzio

Purtroppo, nonostante gli sforzi, il Processo di Francoforte si concluse con un bicchiere mezzo vuoto: su 40 imputati ne vennero condannati 39, di cui ben 21 condanne a morte ma solo 8 ergastoli. “Diversamente dai processi di Norimberga, i processi di Auschwitz sono ancora oggi ignoti alla maggioranza delle persone,” affermò il produttore Jakob Claussen, quando uscì il film. “Il Pubblico Ministero Generale Fritz Bauer e il giornalista Thomas Gnielka esistono davvero, il protagonista, il giovane Pubblico Ministero Johann, era un personaggio inventato, un concentrato dei tre pubblici ministeri che condussero veramente le indagini all’epoca,” spiegò invece Uli Putz, altro produttore de Il Labirinto del Silenzio. “La sfida più grande nello sviluppo della sceneggiatura era bilanciare al meglio gli elementi individuali: da un lato, volevamo conservare i fatti decisivi, e dall’altro aggiungere una componente emozionale all’azione.”

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