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Il canto del cigno | Mahershala Ali e quello sci-fi capace di arrivare dritto al cuore

La tecnologia, la morte, il futuro, l’anima: Benjamin Cleary e un film capace di parlare a tutti

Il canto del cigno
Mahershala Ali nel manifesto de Il canto del cigno.

ROMA – Voi cosa fareste se scopriste che vi resta poco da vivere e potreste farvi rimpiazzare da un clone evitando di far soffrire chi amate? Da questa domanda dalle innumerevoli implicazioni morali parte Benjamin Cleary per Il canto del cigno, dal 17 dicembre su AppleTv+. Cameron Turner (Mahershala Ali) è un brillante grafico, ha una moglie, Poppy (Naomie Harris), un figlio piccolo e un altro in arrivo quando scopre di essere affetto da una malattia terminale. Il suo dilemma è se confessarlo o meno alla moglie oppure affidarsi alle cure della dottoressa Jo Scott (Glenn Close), che ha dedicato la carriera ad una tecnica all’avanguardia capace di clonare gli esseri umani in ogni minimo aspetto, duplicando ricordi e subconscio.

Il canto del cigno
Mahershala Ali e Naomie Harris in una scena de Il canto del cigno

Partendo da un’esperienza personale – il dover affrontare molteplici lutti nella tarda adolescenza -, Benjamin Cleary – regista irlandese che nel 2015 vinse l’Oscar per il suo cortometraggio Stutterer – ha sviluppato negli anni un pensiero costante sul concetto di morte che lo ha portato a scrivere una sceneggiatura capace di sfidare gli spettatori alla riflessione. C’è una lotta profonda e personale alla base delle azioni di Cameron che se da un lato, comprensibilmente, non vuole gettare nello sconforto la sua famiglia, dall’altro non vuole essere dimenticato. Mahershala Ali, qui al suo primo ruolo da protagonista totale (e anche produttore), è superlativo nel riuscire a riportare sullo schermo questo (doppio) ventaglio di emozioni.

Cameron e Jack: due facce di uno stesso uomo.

Cameron è geloso di se stesso, o meglio del suo clone che potrà veder crescere suo figlio, baciare sua moglie, conoscere il bambino non ancora nato. Tutto quello che a lui la malattia sta per togliere, Jack, il suo doppio, potrà viverlo al posto suo in un atto di amore estremo che l’uomo compie per la sua famiglia. Benjamin Cleary enfatizza colori, ricordi, luci, suoni per sottolineare tutta la meraviglia della vita che il suo protagonista sta perdere. Un film capace di parlare a tutti perché tutti amiamo, tutti abbiamo subito o temiamo di subire delle perdite.

 Il canto del cigno
Maharshala Ali e Awkwafina in una scena de Il canto del cigno

Ma Il canto del cigno non dimentica però anche l’ironia che la sceneggiatura di Cleary affida a Kate, personaggio chiave interpretato da Awkwafina. Una donna che, come Cameron, sta per morire e che ha già mandato il suo clone nel mondo a rimpiazzarla. La sua autoironia, mista ad un dolore palpabile, è un elemento fondamentale per regalare al film delle parentesi più lievi e aiutare il protagonista a compiere la sua scelta. Ambientato in un futuro prossimo il film non racconta di una tecnologia distopica ma di un mondo in cui gli avanzamenti tecnologici sono in equilibrio con la natura.

Il canto del cigno
Un’immagine de Il canto del cigno

Questo permette a Il canto del cigno di intessere un racconto armonico dove i ricordi arrivano potenti come onde e il futuro è un atto d’amore. Un film che racconta la fragilità della vita e di come quella fragilità possa contenere al suo interno anche tutta la potenza necessaria per affrontare dolore, paure, ignoto. Uno sci-fi in cui la componente fantascientifica è in secondo piano rispetto alla forza delle emozioni e che ci spinge ad interrogarci su dei dilemmi alla cui base risuona la parola amore.

La video intervista a Naomie Harris è a cura di Manuela Santacatterina:

 

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