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Hometown | Roman Polanski e Ryszard Horowitz, tra l’Olocausto e la strada dei ricordi

Un documentario, due testimoni e un toccante viaggio a Cracovia. In bilico tra presente e passato…

Roman Polanski e Ryszard Horowitz in una scena di Hometown.

ROMA – Un regista, un fotografo e un viaggio. Roman Polanski e Ryszard Horowitz sono tornati in Polonia per condividere i ricordi della loro infanzia perduta. Passo dopo passo, camminando per le strade di Cracovia, ripercorrono il passato e ricordano i momenti difficili della loro vita, durante l’Olocausto, quando si incontrarono nel ghetto ebraico costruito dai nazisti nel 1941. È una storia di sopravvivenza quella raccontata da Mateusz Kudla e Anna Kokoszka Romer tra le maglie filmiche del loro Hometown – La strada dei ricordi, bellissimo documentario in uscita in Italia il 25 gennaio, una storia in cui si narra di come Horowitz divenne uno dei bambini più piccoli salvati da Oscar Schindler e di come Polanski si nascose in un villaggio, nella casa di una famiglia contadina. Una storia di uomini diversi dal cammino simile. Tenuti insieme e uniti per sempre dalla propria passione per la vita.

Hometown - La strada dei ricordi.
Testimoni della storia: una scena di Hometown – La strada dei ricordi.

Prodotto da Èliseo Entertainment e KRK Film, distribuito come detto dal 25 gennaio da Vision in collaborazione con Europictures in concomitanza con la Giornata della Memoria, Hometown è però molto più che semplice cinema, perché è da intendersi piuttosto come una preziosa testimonianza filmica del tempo che fu, un tempo da non dimenticare mai e da preservare per le generazioni future. Un tempo lontano – e vicino – reso nella forma di un viaggio a piedi dove la semplicità d’intenti narrativi dà forma a immagini e figure forti prese direttamente dai ricordi dell’anima, quelli custoditi nelle memorie del tempo che Polanski in una scena definisce così: «Fantasmi. Momenti dimenticati che ritornano alla mente. È difficile raccontarli, bisogna averli vissuti». A queste parole, gli fa eco immediatamente Horowitz: «Conserviamo i ricordi belli. Quelli brutti diventano sfuocati».

«Fantasmi. Momenti dimenticati. È difficile raccontarli, bisogna averli vissuti»

Il ritorno a Cracovia di Polanski e Horowitz a distanza di settant’anni dagli eventi che furono, parte così sotto auspici benevoli di leggerezza tra una riflessione sui piccoli cinema resa nella forma di un pensiero poetico di Konstanty Ildefons Gałczyński («Non c’è niente di meglio dei piccoli cinema dove dimentichi tutto, che ospitano i poveri che hanno avuto una pessima giornata») e un aneddoto di quando, da bambino Polanski vide il musical Bisticci d’amore di W. S. Van Dyke con la sorella Annette al cinema Apollo, nell’aprile del 1939. Poi c’è anche un’indiretta e spassosa citazione a Chinatown – film con Jack Nicholson, diretto da Polanski nel 1974 – servendosi dei peli del naso di Horowitz e di una forbicina dalle lame affilate. Pura catarsi del potere taumaturgico del cinema di cui Kudla e Kokoszka Romer si servono a piene mani per Hometown, riuscendo a farlo nel modo più spontaneo possibile.

Hometown, Polanski, Horowitz e l'incontro con l'orrore
Hometown, Polanski, Horowitz e l’incontro con l’orrore

Lasciare che le immagini nostalgiche vengano da sé, che sia Cracovia a parlare attraverso volti e corpi dei sopravvissuti Polanski e Horowitz attraverso ricordi di vita come l’ultima volta che Polanski vide il padre Ryszard prima che venisse deportato, o di quando la madre Bula (nata Katz-Przedborska) nascose la piccola Annette sacrificandosi, o ancora di una feroce esecuzione tra le strade di Cracovia dove una donna, distrutta dalla stanchezza dopo ore di marcia, fu uccisa da un nazista con una revolverata sulla schiena da cui sgorgò sangue come se fosse acqua zampillante da una fontana: «Terrorizzato, corsi attraverso il corridoio e mi nascosi nelle scale. Quello fu il mio primo incontro con l’orrore», dice poi Polanski. Ricordi che ben presto diventano insopportabili:  «Terribili, ma non li voglio cancellare, voglio che rimangano nella memoria come sono, non li voglio deformare».

Hometown - La strada dei ricordi: al cinema dal 25 gennaio
Un’altra scena di Hometown – La strada dei ricordi.

Lo scatenamento della trasformazione degli archi narrativi di Polanski e Horowitz tra finzione e dolorosa vita reale, reso possibile da un montaggio delicato ed efficace, permettono a Hometown di regalarci una preziosa ragione ex-post del perché, al tempo, Polanski scelse di non accettare l’offerta dello Steven Spielberg produttore per la regia di Schindler’s List – rifiutò anche Sidney Lumet ma solo perché dopo L’uomo del banco dei pegni credeva di aver dato tutto alla causa filmica dell’Olocausto – per poi dedicarsi interamente alla causa dello struggente e personalissimo Il pianista: «È per questo che non voglio fare un film su Cracovia in quel periodo. Sono ricordi molto importanti per me e questa visita li sta già un po’ offuscando, ma sarebbe peggio se ci facessi un film, se dovessi ricostruire i luoghi, rifare Cracovia artificialmente. Non rimarrebbe più nulla nella mia memoria».

Stanislaw Buchala, Ryszard Horowitz e Roman Polanski in una scena di Hometown - La strada dei ricordi
Stanislaw Buchala, Ryszard Horowitz e Roman Polanski

C’è tempo anche per della sana gioia comunque. «Ma perché è un film sulla memoria, sul destino e sul trauma. Attraverso questi due personaggi, che hanno avuto la fortuna di sopravvivere abbiamo voluto mostrare la tragedia di tutti gli abitanti del Ghetto che non ce l’hanno fatta», spiegano Kudla e Kokoszka Romer. Nelle battute finali del racconto Polanski incontra anche Stanislaw Buchala, nipote di Jan e Stefania Buchala, ovvero i contadini cattolici polacchi che lo nascosero dai nazisti, appena undicenne, nella loro casa di Wysoka, vicino a Wadowice, permettendogli, poi di fuggire e, anni dopo, dipingere immortali pagine di cinema. Episodio prezioso perché in quel frangente sembrerebbe abbia assistito agli ultimi minuti di volo di un Consolidated B-24 Liberator Hell’s Angel, un aereo alleato, abbattuto dai tedeschi il 13 settembre 1944 sopra la vicina Zygodowice.

Hometown
«Sono ricordi importanti per me e questa visita li sta già un po’ offuscando…».

Una lezione storica quella di Hometown, che per Kudla e Kokoszka Romer finisce con il rendere Polanski e Horowitz: «Testimoni della storia, due voci utili a impedire che tutto questo possa accadere di nuovo in futuro», ma che per bocca di un voice-over dello stesso Horowitz però, potrebbe essere già troppo tardi: «Le persone non imparano dalla storia, non traggono alcuna lezione. La mancanza di rispetto per le religioni diverse, per le origini diverse, per il colore della pelle diverso è crudele e dimostra come la storia si ripete. Tutto si ripete dopo qualche decennio, la guerra o qualche disordine, cambia poco, le persone sono da sempre crudeli…». Un film assolutamente da vedere, un balsamo per l’anima e forse anche il miglior regalo che possiate farvi in questa stagione.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

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