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Richard Linklater: «Hit Man, la faccia di Glen Powell e quell’articolo di giornale…»

Dal Austin a Hollywood a bordo di una storia incredibile, ma vera. La nostra intervista al regista

Richard Linklater sul set tra Glenn Powell e Adria Arjona.

LOS ANGELES – Il segreto della carriera di Richard Linklater? Non essersi mai trasferito qui a Los Angeles. Parola di Glen Powell. «A Hollywood ci va raramente, credo che questa cosa non abbia inquinato il suo cervello o la sua integrità. Il Texas lo mantiene puro», ci spiega l’attore, che con il regista di Prima dell’alba e Boyhood ha prodotto e scritto a quattro mani Hit Man – Killer per caso, ora al cinema anche in Italia dopo il passaggio a Venezia lo scorso settembre. Powell sembra scherzare quando lo dice, ma in realtà anche il suo sogno è quello di avere un giorno un ranch come quello che Linklater ha fuori Austin, a Barstop. «Mi piacerebbe portarci le persone a fare le prove, a guardare i film, come fa lui. Più si è in grado di stare da soli e preparare progetti, scrivendo le storie in cui si crede, più è possibile avere una lunga carriera». In Texas Linklater ha girato quasi tutti i suoi film e, nel 2017, ha aperto a Austin un cinema d’essai, l’AFS Cinema, dal nome della Austin Film Society, un’associazione che Linklater ha fondato nel 1985.

Hit Man
Sul set di Hit Man: Linklater osserva i due protagonisti, Glenn Powell e Adria Arjona.

Basato su una storia vera, Hit Man segna la quarta collaborazione tra Linklater e Powell, dopo Fast Food Nation (2006), Tutti vogliono qualcosa (2016) e Apollo 10 e mezzo (2022). Il film racconta la storia di Gary Johnson, interpretato da Powell, professore di psicologia che sotto copertura collabora con il dipartimento di polizia di New Orleans. La sua vita prende una piega inaspettata quando gli viene chiesto di fingere di essere un sicario: le persone che cercano di assumere un killer a pagamento vengono messe in contatto con lui, che finge di offrire i suoi servizi raccogliendo le prove della loro colpevolezza in modo che la polizia possa arrestarli. Tutto va bene finché Gary non incontra Maddy (interpretata da Adria Arjona), che lo ingaggia per uccidere il marito violento. Ma i due si innamorano. Ecco come Linklater ci ha raccontato la genesi del film.

Hit Man
Attrazione fatale? Il sicario e la moglie…

L’IDEA – «All’inizio della pandemia, Glen si è imbattuto in un articolo del Texas Monthly intitolato Hit Man, firmato da Skip Hollandsworth. Ha subito capito che si trattava di un personaggio avvincente. Quando mi ha chiamato, mi ha detto: “Ho appena letto questo articolo”. Mi è venuto un colpo e la prima risposta che gli ho dato è stata: “L’ho letto quando portavi il pannolino!”. In realtà ero felice di avere ricevuto quella chiamata perché era una storia che mi frullava in testa da tempo. Avevo parlato con Skip, avevamo avuto un paio di incontri, ma c’era qualcosa che non funzionava, la storia non andava da nessuna parte. Del resto però eravamo in pandemia, cos’altro potevamo fare? Così io e Glen abbiamo iniziato a sentirci tutti i giorni, per ore, e lui è riuscito ad allentare l’ingorgo in cui mi trovavo: “E se deviassimo la storia? Perché la sceneggiatura deve attenersi ai fatti?”, mi ha detto. Una volta aperta quella porta, siamo partiti e abbiamo iniziato ad avere delle idee fantastiche. Gli ultimi due terzi del film nascono da lì, quando vari generi entrano in gioco».

Hit Man
Uno dei molti travestimenti di Gary aka Hit Man.

IL PUNTO DI ROTTURA – «Penso che uno dei punti di rottura più importanti nello scrivere la sceneggiatura sia stato quando ci siamo imbattuti in un paragrafo che parlava di questa donna che Gary aveva incontrato perché lei si era avvicinata a lui per fargli uccidere il marito. Invece di mandarla in prigione come aveva fatto con gli altri, la convinse a non farlo. Con tutta probabilità non credeva che fosse capace di andare fino in fondo. Ed era la prima volta che succedeva. Così è stata una specie di relazione che si è sviluppata da lì, ma non c’erano altre informazioni al riguardo. All’improvviso però ci siamo detti: “E se usassimo questo come spunto?”. Quello è stato il punto di rottura perché in quel momento abbiamo iniziato a pensare che Gary fosse rimasto bloccato nell’identità di questo falso sicario e che si fosse creata una sorta di matrice incredibile di un uomo che insegna l’umanità, ma non la sperimenta. E rimanendo bloccato nel corpo di qualcuno che incarna aspetti pericolosi ed eccitanti come quelli di un sicario, finisce per scoprire una
versione più tridimensionale di sé stesso».

Ancora Powell e Arjone in una scena di Hit Man.

IL VERO HIT MAN – «Lo chiamavano un finto sicario alla Laurence Olivier, perché si approcciava al lavoro in modo diverso: invece di diventare il sicario a pagamento di fronte a qualcuno che stava cercando di uccidere il marito, la moglie o il socio in affari, incarnava la loro idea di quello che fosse un sicario, perché i sicari non esistono. Dunque ha iniziato a indossare vari travestimenti, un’idea affascinante. Glen non l’ha mai incontrato, ma io sono riuscito a conoscerlo un po’. Si chiamava Gary Johnson. Purtroppo è morto due settimane prima delle riprese per una trombosi polmonare. È stato triste che se ne sia andato e che non sia riuscito a vedere il film, ma gli ho reso omaggio alla fine. Molte persone, quando fai un film su di loro, ti chiedono: “Dimmi di più. Chi recita? Posso leggere la sceneggiatura?”. Lui semplicemente mi disse: “Per me va bene”. Non gli importava più di tanto, era distaccato da quel tipo di cose. Era un vero maestro zen, un buddista».

Due sicari e un cuore a colpi di pistola.

IO & GLEN POWELL – «Quando lavori con qualcuno che ti piace i pianeti si allineano e finisci per lavorarci di nuovo. Con Glen le cose sono cambiate dieci anni fa, quando stavamo girando Tutti vogliono qualcosa. Glen è venuto a fare un provino per una parte che ritenevo difficile da interpretare. Avevo lavorato con lui quando era ancora più giovane, un ragazzo delle superiori. Quando è entrato nella stanza e ho visto questo ragazzo atletico, affascinante, ho pensato: “Porca miseria. Da quando Glen è diventato così figo?”. Lui poi è intelligente, è l’intellettuale della squadra. Ho pensato che mi avrebbe risolto il problema di quel ruolo, in più ci siamo divertiti molto dal punto di vista creativo, è stata un’esperienza meravigliosa. Quindi non vedevo l’ora di lavorare ancora con lui. E infatti ha lavorato in un altro mio film: Apollo 10 e mezzo. Ma come ho detto, quando mi ha chiamato per Hit Man, la nostra collaborazione è ripartita alla grande».

Hit Man
Ancora Powell in un altro momento del film.

LA SCENA DEL CONFRONTO – «La scena del confronto tra Glen e Adria è un buon esempio di come non ci siamo mai accontentati, sia quando scrivevamo la storia che durante le prove. È un esempio di come si arriva alla perfezione finché non si pensa che la scena sia perfetta, altrimenti si deve andare avanti fino a quando un nuovo strato non viene rivelato. Anche in quel caso ad ogni prova cercavamo un nuovo gesto, una nuova idea. Non bisogna mai fermarsi e accontentarsi. Tutto per me viene definito durante le prove e, infatti, il giorno in cui abbiamo girata quella scena è stato come se avessimo una coreografia collaudata, come nella danza. Credo che nei film sia tutta una questione di mestiere, bisogna essere degli artigiani. Non sono preoccupato se la performance viene modellata nella fase di prova. È quello che fanno i professionisti. Siamo arrivati a questo punto perché abbiamo continuato a sperimentare fino in fondo…».

 

 

 

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