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Giorgio Pasotti: «L’ultimo bacio? Un affresco familiare che raccontava la vita»

Tra amicizia e famiglia, empatia e l’importanza degli errori: l’attore racconta il film vent’anni dopo

giorgio pasotti

ROMA – «Avevo già lavorato con Gabriele nella sua opera prima, Ecco Fatto. Eravamo io, Claudio Santamaria e Barbora Bobulova. Mentre con Stefano Accorsi avevo fatto il mio primo film, I piccoli Maestri di Daniele Luchetti. Non conoscevo ancora Pierfrancesco Favino e Marco Cocci. Ma da quel momento in poi siamo diventati amici, demolendo il luogo comune che nell’ambiente del cinema non si possono avere amicizie». Era il 2 febbraio del 2001 quando in sala arrivò L’ultimo bacio di Gabriele Muccino (qui la nostra intervista). Vent’anni dopo Giorgio Pasotti ricorda quel film che, nel diventare un vero e proprio fenomeno culturale, lanciò le loro carriere facendoli diventare i volti del nuovo cinema italiano. Tre remake, un sequel, svariati premi – tra cui quello del pubblico del Sundance – e 13 milioni di euro al botteghino dopo, abbiamo chiesto a Giorgio Pasotti cosa rimane oggi di quell’«affresco familiare che raccontava la vita».

Sono passati vent’anni dall’uscita in sala de L’ultimo bacio. Cosa ricorda di quei giorni?

«Nessuno di noi si aspettava un successo così grande. Il giorno prima dell’uscita in sala eravamo a cena insieme e ricordo che speravamo il film ricoprisse almeno i costi di produzione (ride, ndr). Si sperava in quello, che per noi era già un traguardo ambizioso. Nessuno si immaginava ciò che sarebbe successo dopo. È diventato un cult, attraversando almeno tre, quattro generazioni che, magicamente, andavano a vedere il film una, due, tre volte consigliandolo agli amici. Ci esplose una bomba sotto i piedi».

Giorgio Pasotti
Giorgio Pasotti insieme ad Accorsi, Mezzogiorno, Santamaria e Impacciatore in una scena de L’Ultimo bacio

Risultato al botteghino a parte, quando ha letto la sceneggiatura del film ha capito di avere tra le mani qualcosa di diverso, destinato a far parlare di sé?

«Fin dall’inizio della mia carriera ho sempre avuto la capacità di leggere le sceneggiature a prescindere dal lavoro che faccio, come se fossero un libro, come se fossi uno spettatore qualsiasi, staccandomi dal mio personaggio con lucidità di analisi. La reputo una grande fortuna perché mi sono sempre reso conto di quello che stavo facendo. E leggendo la sceneggiatura de L’ultimo bacio, proprio come quando lessi quella de La grande bellezza, capii che sarebbe stato un film che avrebbe lasciato il segno. La dimensione del successo non l’avrei mai potuta indovinare perché per quello ci vuole una sfera magica, ma avere coscienza che fosse una cosa importante e di grande qualità, sì, quella l’ho sempre avuta».

Il film polarizzò il pubblico. Secondo lei perché scatenò reazioni così forti?

«Ci furono situazioni drammatiche. C’erano coppie che entravano insieme in sala e uscivano da sole, lasciandosi all’uscita del cinema. L’ultimo bacio andava ad analizzare storie in cui gli spettatori vedevano la loro vita proiettata in uno o nell’altro personaggio. Questo portava gli spettatori a un’autoanalisi e a provare un’estrema empatia con i personaggi. Cosa che, finito il film, ha condotto diverse coppie a separarsi o a litigare brutalmente. Il film ha toccato le corde più intime delle persone e ha raccontato un pezzo di vita vera. Spesso vogliamo nascondere i problemi sotto il tappeto, si cerca di nasconderli. Chi vede un film come L’ultimo bacio ne è partecipe ma, magari, prova anche una forma di rigetto da quanto ne è coinvolto in prima persona. C’è chi non lo ha amato perché lo considerava borghese. Io invece credo che le storie familiari, che siano di persone borghesi, nobiliari o comuni, hanno tantissime cose che li legano. Quei sentimenti, quando uno chiude la porta di casa, portano a dinamiche che si ripetono uguali nelle coppie. Il nostro film ha abbracciato tantissime persone, dagli adolescenti alle coppie di sessantenni perché era un affresco familiare che raccontava la vita».

Giorgio Pasotti e Sabrina Impacciatore in una scena del film

L’ultima volta che ha rivisto il film?

Sono passati davvero tanti anni. Ma quel film ci ha unito talmente tanto come gruppo che, ogni volta che ci rivediamo, è come se fossimo sempre legati a quell’esperienza comune. Mi basta incontrare Stefano per rivivere le emozioni di quel film…

Il film di Muccino ritrae un mondo che non esiste più…

Il mondo è cambiato e sta cambiando a una velocità assurda. Oggi i trentenni, ma anche i quarantenni, stanno ancora cercando una loro strada, un’indipendenza economica. E questo ha maturato una forma di egoismo che prima forse c’era ma era sostenuta da una società che ti spingeva in quella direzione percorsa dai personaggi, altrimenti ti saresti sentito anomalo. Una dimensione quest’ultima rappresentata da Alberto, il personaggio di Marco Cocci, che vive alla giornata dichiarando che noi abbiamo costruito qualcosa che non ci permetterà di vivere la vita appieno. Oggi nei trentenni vedo una concentrazione sulla propria vita. E se avessi trent’anni, anche io sarei una persona alla ricerca di un’affermazione professionale, di un’indipendenza nel tentativo di tagliare il cordone che mi lega alla famiglia. Ma oggi, per ovvie ragioni, è difficile realizzarlo. Senza parlare della pandemia che non ha fatto che aggravare ogni singolo aspetto…

Gabriele Muccino e i suoi attori riuniti per Baciami ancora. Era il 2010

«La vita a quarant’anni è già bella che finita» dice Paolo, il personaggio interpretato da Claudio Santamaria. Conferma che si sbagliava?

Confermo e sottoscrivo (ride, ndr). Ricordo che quando avevo vent’anni guardavo quelli di trenta e dicevo che erano morti. Quelli di quarant’anni neanche li prendevo in considerazione perché pensavo venissero direttamente dall’aldilà. Invece cresci e capisci che un uomo raggiunge la sua maturità psicofisica dopi i quaranta. Ho quarantasette anni e mi trovo nel pieno della mia vita e non vorrei mai tornare indietro. Sento di essere sereno, felice, appagato. Se mi guardo indietro vedo una continua corsa affannosa verso qualcosa a cui non sapevo dare un esatto contorno. Oggi sono felice perché so esattamente quello che voglio.

In Baciami ancora riprende il personaggio di Adriano. Un uomo perso, in cerca di equilibrio che ritrova proprio da dove era fuggito anni prima…

Adriano rappresenta una di quelle persone che sbagliano e, nel farlo, toccano il fondo. Una volta che se ne rendono conto non possono far altro che risalire. Nella vita credo che sbagliare sia umano, non esistono i supereroi. E Gabriele questo lo racconta molto bene. Mi piacciono e credo nei personaggi reali. Si deve sbagliare perché è dagli errori che si capisce e si matura. Mi è piaciuto molto interpretare Adriano, ed è uno di quei personaggi che raramente ti capita di interpretare in un cinema italiano che vuole sempre personaggi edulcorati che devono rasserenare il pubblico. Adriano ha scosso e spostato l’immaginario che ci voleva sempre perfetti. Mi ricordo che fuori dal camper del trucco le persone passavano e dicevano: “Ma che gli è successo a Pasotti?”. Mi vedevano devastato e notavo in loro uno sguardo preoccupato (ride, ndr). C’è voluto un gran coraggio da parte di Gabriele di mettere in scena un personaggio così estremo…

giorgio pasotti
Giorgio Pasotti sul set di Baciami ancora insieme a Claudio Santamaria, Stefano Accorsi e Gabriele Muccino

Crede sia questo il talento di Muccino?

Il talento di Gabriele è nella capacita di vedere la vita e di anticipare i tempi. Nell’epoca in cui uscì L’ultimo bacio è come se avesse predetto quello che sarebbe successo a tutti noi attori nelle nostre vite private. Gabriele riesce a vedere la vita e raccontarla per quella che è, senza filtri, senza finzione. Una vita fatta di dolori e qualche gioia con la fatica per arrivare al traguardo dove spesso non c’è il lieto fine e, anche quando c’è, bisogna lottare per ottenerlo. I quattro personaggi maschili del film secondo me sono tutte parti della psiche di Gabriele e della sua vita. È lui diviso per quattro e ha regalato ad ognuno di noi parte della sua visione…

  • Le altre interviste dello speciale #LUltimoBacio20:
  • GABRIELE MUCCINO: «La fotografia di un tempo perduto»
  • SABRINA IMPACCIATORE: «L’energia, il cast e la mia Livia…»
  • PAOLO BUONVINO: «La colonna sonora e quel titolo…»
  • Volete vedere L’Ultimo bacio? Lo trovate su CHILI

Qui potete vedere una scena del dietro le quinte del film: 

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