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Gabriele Muccino: «L’ultimo bacio? La fotografia di un tempo perduto che non tornerà più…»

Il 2 febbraio 2001 usciva L’ultimo bacio. Cos’è rimasto vent’anni dopo? Il regista lo racconta a Hot Corn

Sul set: Gabriele Muccino con Stefano Accorsi e Martina Stella.

ROMA – «Se me l’aspettavo? No, assolutamente no. Fu tutto totalmente inatteso. Uno tsunami che mi travolse». Accadde di venerdì, quando ancora i film uscivano quel giorno. Era il 2 febbraio 2001, sui giornali si parlava di George W. Bush, di Varenne e di una strana enciclopedia appena messa on-line: Wikipedia. Quel giorno il terzo film di Gabriele Muccino, L’ultimo bacio, arrivò in sala e il regista, nel primo pomeriggio, uscì di casa e andò al cinema Giulio Cesare di Roma per chiedere alla cassiera come stava andando: «Il film era uscito in 90 copie», ricorda Muccino al telefono, durante una pausa della scrittura della sua nuova serie, A casa tutti bene. «Andai alla cassa e chiesi quante persone c’erano al primo spettacolo. 35, mi risposero. Così domandai se ricordavano quante ce n’erano state due mesi prima per Chiedimi se sono felice di Aldo, Giovanni e Giacomo e mi dissero 60. Me ne andai, pensando che già la metà sarebbe stato un grande risultato».

La prima de L’ultimo bacio: Muccino con Accorsi, Giovanna Mezzogiorno, Stefania Sandrelli e Regina Orioli.

Ovviamente Muccino non poteva saperlo, ma da quel momento L’ultimo bacio smise di essere un film e si trasformò in un fenomeno sociologico, qualcosa su cui bisognava assolutamente avere un’opinione, un titolo che incassò 14 milioni di euro, vinse cinque David di Donatello e restò in sala per sei mesi. «E c’erano le file davanti ai cinema, ho visto gente insultare le cassiere perché non c’erano biglietti», ride Muccino. «Le copie poi vennero aumentate, fino ad arrivare a 250. Ricordo che io e Mario Spedaletti di Medusa monitoravamo la situazione giorno per giorno, mentre la gente si divideva e ne parlava. Così, in pochi giorni, divenne il film del momento. Non potevi non averlo visto». Non solo: dopo il successo italiano, che di fatto lo rese il primo classico moderno del nuovo secolo, in Francia L’ultimo bacio divenne Juste un baiser, in Spagna El último beso e ne venne fatto un remake americano: The Last Kiss, con Zach Braff.

Sul set de L’ultimo bacio: Gabriele Muccino e il produttore Domenico Procacci.

Facciamo un passo indietro e torniamo sul set: mentre girava si rendeva conto di avere in mano qualcosa di tanto potente?
«Ricordo che in post-produzione, mentre ero in sala di montaggio, pensavo di aver girato un film importante, ero molto soddisfatto, ma venivo da due film come Ecco fatto e Come te nessuno mai, che erano stati accolti bene, ma non avevano avuto alcun successo di pubblico. Come te nessuno mai divenne poi un cult per migliaia di studenti, condiviso dagli adolescenti in Dvd e VHS, ma non aveva avuto pubblico in sala, quindi non ero preparato alla risposta che ebbe L’ultimo bacio».

Il pubblico lo amò molto, da subito…
«Sì, il passaparola fu immediato. Già il primo weekend capimmo che stava diventando qualcosa di grande e dai numeri delle sale di altre città come Milano, Bologna e Firenze intuimmo che stava dilagando. La gente voleva vederlo e poi ne discuteva, le coppie addirittura ci litigavano».

Ci furono anche molti detrattori…
«Detrattori accaniti, fu pazzesco: gente che ne parlava come se avessi profanato chissà cosa e attaccava L’ultimo bacio come se avessi compiuto un’operazione molto più rivoluzionaria di quanto avessi fatto. Critici come Mereghetti e Morandini furono i primi a non comprendere la forza del film, altri come Maltese ne intuirono la potenza, ma molti furono infastiditi, molto infastiditi…».

Non sono pensieri carini: Carlo e il ballo con Francesca.

Si disse anche che il telefonino aveva un ruolo troppo centrale.
«Sì, tra le voci dei detrattori c’era anche chi diceva che demandavo al telefonino parte della sceneggiatura. Credo L’ultimo bacio sia il primo film della storia che abbia anticipato l’ossessione per il cellulare che sarebbe arrivata poi: non c’erano gli smartphone, non c’era WhatsApp e cominciavamo a intuire quanto sarebbe stato invasivo il cellulare nella nostra esistenza, tanto che oggi dentro gli smartphone abbiamo praticamente tutta la nostra vita».

Quanto cambiò la sua vita dopo L’ultimo bacio?
«Cambiò completamente, non solo la mia vita, anche il peso delle relazioni tra me e tutte le persone che avevo intorno, a partire da Domenico Procacci, con cui avevi condiviso il percorso. L’ultimo bacio fu ovviamente un punto di definizione della mia carriera perché un successo come quello cambia tutto: quando per mesi non si fa che parlare di te, nel bene e nel male, è ovvio che si ribalta tutto. E tutti misero bocca su L’ultimo bacio, anche per distruggerlo».

L'ultimo bacio
Carlo e Giulia: Accorsi e Giovanna Mezzogiorno ne L’ultimo bacio.

Rivisto oggi è la fotografia di un tempo perduto.
«Perché poco dopo cambiò tutto: L’ultimo bacio arriva a sette mesi dall’11 settembre, una data che modifica poi la nostra concezione di futuro. La fame di cambiare vita e di cogliere l’ultima possibilità  prima di diventare vecchi – come nel film vogliono fare Carlo, Adriano e gli altri –  viene sostituita dal terrore del kamikaze che si fa esplodere su un aereo o in metropolitana. Improvvisamente quel viaggio di fuga non sarebbe più stato più un sogno, ma un incubo. Dopo quella data, il nostro futuro non è più stato così leggero e infinito come volevamo, anzi, è diventato sempre peggio, dal terrorismo fino alla pandemia».

Eppure quei personaggi vennero bollati come superficiali…
«Sì, venne anche detto che li giustificavo, ma io li stavo solo raccontando, stavo cercando di empatizzare con loro perché li conoscevo bene, li avevo visti da vicino. Non erano eroi, non erano intellettuali, anzi: Carlo e gli altri erano figli di un dio minore, come lo è la mia generazione. Siamo una generazione di ragazzi nati all’ombra di quelli che avevano la verità in mano, di quelli che ideologicamente sapevano tutto. L’arroganza intellettuale degli anni Settanta ha fatto molti danni e per questo diede fastidio mettere in scena ragazzi che non erano intellettuali e riconoscevano il fatto di non esserlo. Ma se pensiamo al populismo venuto poi, era solo un’anticipazione di quello che sarebbe successo».

Quando è stata l’ultima volta che ha visto L’ultimo bacio?
«Tanto tempo fa, tanto. Cerco di non rivedere mai i miei film, perché se mi piacciono ho paura di non riuscire poi a farli altrettanto bene, se invece non mi piacciono penso di aver imboccato già la strada della decadenza. Quindi, nel dubbio, evito sempre e comunque…».

  • Le altre interviste dello speciale #LUltimoBacio20:
  • GIORGIO PASOTTI: «Ma che meraviglia che fu quel set»
  • SABRINA IMPACCIATORE: «L’energia, il cast e la mia Livia…»
  • PAOLO BUONVINO: «La colonna sonora e quel titolo…»
  • HOT CORN TV | Quel giorno sul set de L’ultimo bacio:

  • IL FILM | Potete rivedere L’ultimo bacio in streaming su CHILI

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