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Ennio Morricone, quel giorno a Londra e l’irresistibile importanza del genio

La tromba, Tarantino, Leone, il genio e quel pomeriggio a Abbey Road: un ricordo di Ennio Morricone

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Ennio Morricone. Nato il 10 novembre del 1928, è scomparso a 91 anni.

MILANO – «Ma si può fare? Non ci avevo pensato. Credevo che dopo l’Oscar alla carriera non si potesse essere più candidati». L’ultimo ricordo che ho di Morricone è di lui seduto in un elegante hotel di Londra a discutere della colonna sonora di The Hateful Eight. Quando gli ricordai che avrebbe potuto vincere l’Oscar, lui rispose così, con la meraviglia di un bambino. Era il dicembre del 2015 e pochi mesi dopo avrebbe vinto la statuetta per il film di Tarantino, il suo primo Oscar dopo sei nomination e il premio (tardivo) alla carriera. Parlare con Morricone – scomparso a 91 anni – non era facile, non era un uomo di troppe parole, non compiaceva l’interlocutore e non era interessato a dire cose banali. Mai. Diceva il giusto, poi si fermava quando capiva che non c’era altro da aggiungere. Qualche anno prima, al telefono, ero riuscito però a stuzzicarlo sulla sua grande passione: la tromba. «Ah, quanti grandi trombettisti che mi piacevano. Ma lei se lo ricorda Maynard Ferguson? Andava su, alto, alto con il suono. Irraggiungibile».

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Ennio Morricone e la tromba: si era diplomato in tromba al Conservatorio di Santa Cecilia.

Di tanti termini usati e abusati, uno si addice perfettamente a Ennio Morricone: sì, era un genio. Morricone ha rivoluzionato la musica – non solo quella da cinema – ha portato stilemi e intuizioni sconosciute al genere, cominciando da Il federale di Salce (era il 1961) e influenzando poi qualsiasi genere. Non c’è musicista, da David Byrne ai Ramones, da Bill Frisell ai Metallica, che non lo abbia omaggiato, non c’è regista, da Kubrick a Malick, che non abbia voluto, sognato, la sua musica per i film. «Kubrick? Sì è vero, mi cercò per Arancia Meccanica, era il 1970», mi confidò una volta, «ma stavo scrivendo Giù la testa per Sergio (Leone, nda) e quindi risposi no. Rimpianti? Ma no, stavo scrivendo un’altra cosa, succede». Uomo molto concreto, non amava crogiolarsi nel mito, era sempre al lavoro su qualcosa che doveva arrivare e tagliava corto quando c’era da ricordare il passato glorioso: «Con Sergio ci capivamo al volo, bastava una frase. Pasolini? Non era facile lavorare con lui, uomo di poche parole, complicato».

Ennio Morricone
Amici, complici, romani di Trastevere: Morricone e Sergio Leone.

Era un uomo di un’altra epoca – letteralmente – che per la musica nutriva non solo un rispetto enorme, ma una venerazione. Durante un’altra telefonata gli chiesi cosa fosse per lui la musica e lui rimase in silenzio per alcuni lunghissimi secondi. Temevo non volesse rispondere, invece stava pensando a una risposta che non fosse scontata, che gli appartenesse: «La musica è un linguaggio sotterraneo, qualcosa di magico, che non ha bisogno di parole. Come fanno i pesci, quando stanno sott’acqua. Si comprende senza dialogo». Si entusiasmava poi quando gli si faceva notare che ai suoi concerti tra il pubblico c’erano ragazzi di vent’anni: «E di questo sono particolarmente felice. Mi colpisce vedere un pubblico tanto eterogeneo, di qualsiasi età e con livelli culturali molto differenti. Credo sia il segno che la mia musica riesce a parlare a tutti. Non è una cosa da poco».

Ennio Morricone
Morricone con Quentin Tarantino a Abbey Road. Era l’11 dicembre del 2015.

Quel giorno di dicembre, dopo la nostra chiacchierata in hotel in cui si tolse anche qualche sassolino per l’Oscar («Mi scocciò non vincere quello per Mission, perché lo meritavo io, ero in sala, lo diedero a Herbie Hancock per Round Midnight») lo raggiunsi agli studi di Abbey Road, quelli dei Beatles, dove assieme a Quentin Tarantino parlò della colonna sonora di The Hateful Eight e di come l’aveva composta. Più che un regista, in quel momento Tarantino era un fan, si coccolava Morricone con gli occhi, lo trattava con premura infinita e prima dell’incontro con la stampa si alzò in piedi, si schiarì la gola e, indicando il Maestro, disse a voce alta: «Qualcuno dice Schubert, qualcun’altro Beethoven, qualcuno invece Bach. Per me no, è lui, è Ennio Morricone: lui è il mio compositore preferito». Era anche il nostro. Addio, Ennio.

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