PALERMO – Nel 1931, all’apice del successo dopo Sciopero!, La corazzata Potëmkin e Ottobre, Sergej Eisenstein (Elmer Bäck) assieme a Grigori Grisha Aleksandrov (Rasmus Slätis) ed Ėduard Tissė (Jakob Öhrman) si reca in Messico per dirigere ¡Que viva Mexico! per Mary Craig Sinclair (Lisa Owen). Da poco respinto dal cinema hollywoodiano e con il regime comunista di Stalin che vuole il suo ritorno in URSS, Eisenstein raggiunge la cittadina di Guanajuato. A guidarlo è Palomino Cañedo (Luis Alberti) che farà scoprire al regista un nuovo mondo: saranno dieci giorni che cambieranno per sempre la sua vita. Presentato in concorso a Berlino qualche anno fa e distribuito in Italia da Teodora, Eisenstein in Messico di Peter Greenaway è in realtà un’opera preziosa nel suo dipingere un ritratto completo dell’icona Eisenstein nel sottile confine tra verità e finzione.
Quella lavorazione leggendaria di ¡Que viva Mexico! – probabilmente il più grande film mancato della storia del cinema al pari dell’hitchcockiano Kaleidoscope e del Napoleon di Kubrick – giunto a noi come testimonianza di una crociata artistica carburata dal sacro fuoco dell’arte fatta di placida ingenuità arrestata solo dalle volontà di produttori come gli Upton Sinclair di tutto il mondo, o di ciò che l’Eisenstein di Greenaway cita nella verosimile finzione di Eisenstein in Messico come «Faccio il pugile in nome della libertà cinematografica». Greenaway apre e chiude il racconto attraverso il pastoso voice-over tracciando linee guida del racconto, o di come: «In Occidente, Ottobre è conosciuto come I dieci giorni che sconvolsero il mondo. Il film che state per vedere potrebbe chiamarsi: I dieci giorni che sconvolsero Eisenstein».
Del resto quella di Greenaway è sempre stata pura ammirazione per Eisenstein. Qualcosa che era già evidente nel corto teatrale avant-garde M Is for Man, Music, Mozart del 1991 dove, assieme al compositore Louis Andriessen, raccontò della nascita dell’uomo, del movimento in musica celebrando, tra gli altri, proprio Eisenstein attraverso una canzone (The Eisenstein Song) che faceva pressappoco così: «Un uomo che porta in sé melodia e matematica in proporzioni perfette e invidiabili». Ventiquattro anni dopo è la volta di Eisenstein in Messico con cui restituire ai posteri una celebrazione dell’uomo, delle manie e ossessioni, del suo umorismo e delle debolezze, attraverso una lezione di storia resa nella forma di un viaggio a-lineare, folle e lisergico, ai confini del mondo e del proprio corpo.
Un’autentica esperienza cinefila dell’accettazione di sé tra storia e fantastoria Eisenstein in Messico, che Greenaway rende registicamente tra contaminazioni espressioniste e transizioni cromatiche, fish-eye vorticosi e mostruose dissolvenze rivelatrici, finendo con il consegnarsi di diritto nell’Olimpo del meta-cinema, o di quando i grandi autori decidono di restituire qualcosa a quello stesso cinema che ha dato loro un cuore, uno scopo, o più semplicemente una vita da vivere.
- IL FILM | Potete vedere Eisenstein in Messico qui su CHILI
- STORIE | ¡Que viva Mexico! o del grande film (mancato) di Eisenstein
- VIDEO | Qui il trailer italiano del film:
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