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Dune | Timothée Chalamet, Zendaya e il sogno diventato cinema di Denis Villeneuve

La difficile genesi, l’adattamento, Alejandro Jodorowsky e David Lynch, il futuro. Ma perché vederlo?

Un estratto della locandina di Dune - Parte Due di Denis Villeneuve, al cinema con Warner Bros
Un estratto della locandina di Dune - Parte Due di Denis Villeneuve, al cinema con Warner Bros

ROMA – In un’intervista a Vanity Fair nel 2020, Denis Villeneuve affermò come il suo Dune non sarebbe stato sviluppato in un unico film, ma diviso in due, in modo da garantire che la storia originale – e quindi, di riflesso, l’essenza dell’omonimo romanzo fantascientifico di Frank Herbert del 1965 – fosse preservata e non tagliata in tanti piccoli pezzi narrativi. Un processo ambizioso, ma soprattutto personalissimo per il regista canadese che, in tempi non sospetti, nel 2016 – quando saltò fuori che la Legendary Entertainment nella figure di Mary Parent e Cale Boyler riuscì a ottenere i diritti di acquisizione economica da Brian Herbert dopo cinque anni di trattative – nel pieno della post-produzione di Arrival, dichiarò come: «Dune è il mio mondo, uno dei miei sogni da regista, ma ottenere i diritti è un processo lungo e non credo ci riuscirò mai».

Dune - Parte Due, un film di Denis Villeneuve, sequel e completamento della Parte Uno del 2021
Dune – Parte Due, un film di Denis Villeneuve, sequel e completamento della Parte Uno del 2021

Quelle parole e quell’entusiasmo colpirono tantissimo la Parent che contattò Villeneuve chiedendogli quella che sarebbe stata la sua visione del film («In un certo senso è Star Wars per adulti» dichiarerà poi). Nonostante questo, però, in quel momento Villeneuve non si sentiva ancora pronto per misurarsi con un’epica così densa, immersiva e immensa come quella del Ciclo di Dune di Herbert, specie con il cuore diretto verso l’altrettanto ambizioso e non meno rilevante Blade Runner 2049. Serviva tempo. Tempo per curare i dettagli, lo sviluppo narrativo, o anche solo per immaginare le forme e il calore di Arrakis. Giusto per capirci. Lui e il suo team hanno dedicato un anno intero alla sola realizzazione del Verme delle Sabbie: «Abbiamo parlato di ogni piccolo dettaglio che avrebbe reso possibile una simile bestia. È stato un anno di lavoro per progettare e trovare la forma perfetta che sembrasse abbastanza preistorica».

Timothée Chalamet è Paul Atreides in una scena del film
Timothée Chalamet è Paul Atreides in una scena del film

E quel tempo arrivò, infine, nella prima metà del 2018, con l’intenzione di adattare Dune in due parti. Accanto a lui, gli sceneggiatori Eric Roth e Jon Spaihts, con l’obiettivo di allontanarsi dalla versione e dalla visione (mancata) di David Lynch del 1984: «Rimasi mezzo soddisfatto vedendolo. Sento di dover realizzare il mio Dune con una sensibilità diversa. Tornerò al libro e alle immagini che sono emerse la prima volta che l’ho letto. Sarà come tornare indietro nel tempo e trovare quelle immagini mescolate ad emozioni». Scelse, soprattutto, di non incorporare in nessun modo i concetti che Alejandro Jodorowsky aveva immaginato e in parte espresso per il suo Dune mancato: «Sarebbe stato presuntuoso e arrogante da parte mia provarci». Si sentiva intimidito Villeneuve alla sola idea. Sentiva che il suo amore per Dune era talmente forte da spingerlo a concentrarsi sulla propria – e già stratificata – visione.

L'immancabile Verme delle Sabbie di Arrakis
L’immancabile Verme delle Sabbie di Arrakis

Adattare oggi Dune, significa anche, però, tenere conto della contemporaneità. Villeneuve ha così rimarcato gli aspetti ambientalistici delle terre di Arrakis, quasi a giocare di parallelismi con l’attuale stato di salute della Terra, cercando di ancorarli ai personaggi. In particolare verso Paul (Timothée Chalamet) e Chani (Zendaya) e il loro intreccio epico-amoroso – che del suo Dune è l’epicentro narrativo – con lei, guerriera valorosa e bussola morale di lui, antieroe in una discesa negli inferi da principe ereditario a sopravvissuto e quindi messia di speranza e guerriero dal carisma dittatoriale. O la stessa Lady Jessica (Rebecca Ferguson) caratterizzata come sacerdotessa guerriera e quindi soldato e membro del Bene Gesserit, in modo da renderla più tridimensionale rispetto a quella letteraria di suora spaziale. Non ultimo lo stesso Barone Harkonnen (Stellan Skarsgård) presentato come un temibile nemico degno del Colonnello Kurtz coppoliano e non caricaturale come nella controparte cartacea.

In Dune - Parte Due ancora più spazio per la fremen Chani interpretata da Zendaya
In Dune – Parte Due ancora più spazio per la fremen Chani interpretata da Zendaya

Ma soprattutto Villeneuve ha scelto di minimizzare la portata politica dell’Imperatore Shaddam IV (Christopher Walken), della Principessa Irulan Corrino (Florence Pugh) del suo Imperium, e di razionalizzare molte parti del romanzo – come l’eliminazione delle epigrafi e dei monologhi interni (che dell’adattamento lynchiano sono l’anello debole nda) – in modo da mantenere intatte l’atmosfera e la poesia dell’opera originale e con esse il senso di meraviglia da lui provato come lettore nella resa per immagini filmiche. Composizioni visive immense quelle di un Dune costituito da Villeneuve di una Parte Uno più contemplativa e di una Parte Due più d’azione bellica, adagiate in un impianto da kolossal postmoderno al sapore di coming-of-age fantascientifico, e infine intrecciate e manipolate – fatte vivere e vibrare nell’inquadratura – in un montaggio dal ritmo dosato che ne scatena la capacità immersiva del world-building in maniera esponenziale.

Javier Bardem è il fremen Stilgar in un momento del film
Javier Bardem è il fremen Stilgar in un momento del film

Eppure, contrariamente alla pratica comune del girare back-to-back – come accaduto in tempi recenti per Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame, o per Il Signore degli Anelli: Le Due Torri e Il Ritorno del Re un paio di decenni fa – così da ottimizzare i costi di produzione, per Dune: Parte Uno e Parte Due, Warner Bros e Legendary Entertainment si sono ritrovate costrette a ragionare di film in film. Complice l’impatto avuto sulle logiche industriali dalla pandemia da COVID-19 – e conseguente lockdown e chiusura a tempo (in)determinato dei cinema – Parte Due avrebbe visto la luce realizzativa solo e soltanto se Parte Uno fosse stato profittevole al punto da giustificarne la produzione. Le premesse parevano non essere le migliori se consideriamo che Parte Uno, completato nell’estate 2020 e destinato a essere distribuito world-wide il 18 dicembre di quell’anno, dovette attendere quasi un anno per il via libera.

Rebecca Ferguson è Lady Jessica, meglio caratterizzata da Villeneuve rispetto alla controparte cartacea
Rebecca Ferguson è Lady Jessica, meglio caratterizzata da Villeneuve rispetto alla controparte cartacea

Nel mezzo la favorevole (e incoraggiante) accoglienza di critica-e-pubblico a Venezia 78 dove Dune – Parte Uno fu presentato fuori concorso nel settembre 2021 – e distribuzione nei cinema italiani poche settimane dopo (16 settembre) – e la sensazione di aver assistito al prodromo, alla prima parte di una visione che solo in Parte Due si è potuta concretizzare in tutta la sua espressiva potenza filmica. Una sensazione acuita anche dallo sviluppo stesso del racconto, immersivo, dal ritmo dosato, ma in qualche modo condizionato dalla serialità cinematografica contemporanea in un brusco arrivo dei titoli di coda che sembra quasi privare lo spettatore di un’effettiva (e vera) risoluzione del conflitto. Non ultimo, la scelta – come tutti i film distribuiti da Warner Bros nel 2021 – dell’approdo simultaneo per quasi un mese (ma solo oltreoceano) su HBO Max.

Josh Brolin è Gurney Halleck in una scena di Dune - Parte Due
Josh Brolin è Gurney Halleck in una scena di Dune – Parte Due

Una decisione accolta tristemente da Villeneuve che in un’intervista a Variety dichiarò senza mezzi termini: «Lo streaming può produrre ottimi contenuti, ma non film della grandezza e della portata di Dune. La decisione di Warner significa – tradotto – che Dune non avrà alcuna chance di ottenere un risultato finanziario sufficiente per essere redditizio. Io e il mio team abbiamo dedicato più di tre anni della nostra vita per renderlo un’esperienza unica sul grande schermo. L’immagine e il suono sono stati meticolosamente progettati e calibrati per essere visti al cinema, ma in un modo o nell’altro la pirateria trionferà». Nonostante lo scetticismo del cineasta canadese, però, il film è riuscito a incassare oltre 430 milioni di dollari world-wide, a conferma di come – servizi streaming e atti di pirateria a parte – la gente vuole e ha bisogno di cinema e delle grandi esperienze sul grande schermo nella propria vita.

Austin Butler è Feyd-Rautha del Clan Harkonnen, gemello caratteriale di Atreides, in una scena del film
Austin Butler è Feyd-Rautha del Clan Harkonnen, gemello caratteriale di Atreides, in una scena del film

L’agognata risoluzione è arrivata infine, quest’anno, con Dune – Parte Due, coronando il sogno rincorso da Villeneuve da tutta una vita e che negli ultimi cinque anni lo ha visto consacrato come un maestro della fantascienza contemporanea. Un autore dal piglio intelligente, caustico e raffinato, mai banale, capace di prendere di petto la tradizione del genere tra Philip K. Dick e Frank Herbert realizzando, ora un sequel audace di un’opera intoccabile come Blade Runner, ora un adattamento straordinario, insieme rispettoso e personalizzato, aspettando la prossima sfida targata Herbert: Messia di Dune

  • OPINIONI | Dune – Parte Uno, la recensione
  • LONGFORM | Dune, tra Jodorowsky, Scott e Lynch, alla origini del mito
  • OPINIONI | Dune – Parte Due, la recensione

Qui sotto potete vedere il trailer del film

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