MILANO – Torna al cinema l’epopea fantascientifica di Paul Atreides e i Fremen sul pianeta Arrakis con Dune – Parte Due, kolossal che riconferma l’identità visiva del suo regista, Denis Villeneuve, e una (non ancora completa) trilogia che rimarrà negli annali. Simbolo dell’esperienza in sala e del cinema più autoriale, Villeneuve ci riporta sul pianeta delle spezie, tra visioni di un futuro desolante e vermoni della sabbia, migliorando quanto ci fosse già di buono nel primo capitolo della saga con protagonista Timothée Chalamet. In questa seconda parte, nel tentativo di prevenire un terribile futuro che solo lui può vedere, Paul Atreides con l’aiuto di Chani (Zendaya) e i Fremen, trama la sua vendetta contro gli Harkonnen che hanno distrutto la sua famiglia.
Villeneuve rimanda al mittente qualsiasi critica di un film estenuante, offrendo un’esperienza immersiva che trasporta il pubblico negli ingranaggi in un world-building immenso ma che si dimostra (ancora una volta) di essere la trasposizione più fedele – e migliore – dell’omonimo romanzo cult di Frank Herbert. Dune – Parte Due è il personalissimo Davide contro Golia di Denis Villeneuve, dove il piccolo domina le grandi e titaniche lande desertiche di Arrakis. Lo scontro dei Fremen contro gli Harkonnen è azione coreografata pura come i balli sul manto di sabbia per non farsi sentire dai vermi, ma è anche espresso in un’epicità – che oltre ad essere tangibile negli ambienti – attraversa i personaggi e le loro parole.
L’ideale che muove i popoli di Dune – Parte Due arriva dalla chiara ispirazione di Herbert per i conflitti degli anni Sessanta che vedevano coinvolti i popoli arabi e i loro territori occupati per il petrolio, prendendo a piene mani dalla politica internazionale arrivando fino ai giorni nostri, avvicinando la storia di Dune alla realtà e rendendo la fantascienza per niente anacronistica. Questo lo aveva fatto anche all’epoca il fantasy de Il Signore degli Anelli e Peter Jackson, arrivando fino ai giorni nostri con una rilettura politica errata: Dune – Parte Due fa lo stesso della trilogia di Jackson, ma rimane sul lato giusto del cinema (e della storia) grazie anche ad un cast corale carismatico come pochi ed una visione precisa che giustifica qualsiasi elemento che potesse risultare complicato.
Il risultato? Lo Show, Don’t Tell più autoriale degli ultimi anni del cinema contemporaneo, che mischia fondamentalismo, religione, politica e ispirazioni animate per regalarci una sicurezza e un’autorialità che poche volte spunta fuori dai blockbusters.
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