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Dead For A Dollar | Rachel Brosnahan, il West e la ballata femminista di Walter Hill

Waltz, Dafoe, Brosnahan, Bratt: un grande cast per un western anomalo. In cui non tutto funziona…

Dead For A Dollar
I magnifici quattro: Rachel Brosnahan, Christoph Waltz, Willem Dafoe e Brandon Scott.

MILANO – Siamo nel 1897. L’espansione verso Ovest degli Stati Uniti è ormai sostanzialmente terminata. Per completare la lista dei cinquanta Stati odierni, oltre ad Alaska e Hawaii – che però non hanno nulla a che fare con il West cinematografico – mancano solo l’Oklahoma delle ormai circondate riserve indiane, l’Arizona e il New Mexico. Ed è proprio tra queste ultime due terre e il Messico dell’Estado del Chihuahua che è ambientato Dead For A Dollar – presentato a Venezia fuori concorso e ora in streaming su Prime Video e Google Play – ultima fatica dell’ottantenne Walter Hill, ex allievo di Sam Peckinpah salito alla ribalta nel 1979 con il cult I guerrieri della notte e poi diventato regista di punta del buddy movie poliziesco di fine Anni Ottanta – pensate a Danko e a 48 Ore – oltre che di chicche memorabili come Johnny il bello con Mickey Rourke (film totalmente dimenticato).

Dead For A Dollar
Rachel Brosnahan, Christoph Waltz e Brandon Scott in una scena.

Per chi se lo ricorda, Hill si era già cimentato più volte con il western, districandosi abilmente tra il revisionismo degli Anni Settanta (con Geronimo), l’omaggio a Leone dal sapore gangster-noir (Ancora vivo) e gli accenti biografici di Wild Bill e I cavalieri dalle lunghe ombre. Questa volta però il regista prova una operazione di maggior azzardo, esplicitata nella dedica “in memory of Budd Boetticher” che apre i titoli di coda. Il tentativo? Quello di difendere il western nella sua semplicità originaria, girando un film ostentatamente low cost. Boetticher era infatti il mago dei low cost negli Anni Cinquanta e Dead For A Dollar è privo di barocchismi estetici e scritturali (che sia una critica a Tarantino?) e va a richiamare l’originario orgoglio civico americano insito nella forma classica del genere. Tutto questo, però, rendendo compatibile il modello con le nuove conquiste della civiltà contemporanea, come i diritti delle donne e il superamento del razzismo.

Rachel e la fuga verso un altro futuro della fantastica signora Maisel.

La trama è – come detto – semplice e lineare. Anche se i personaggi sono molti, lo sviluppo si coglie al volo, grazie a una sceneggiatura essenziale pur con qualche uscita divertente, alla quale l’autore non riesce a resistere. L’imprenditore in odor di carriera politica Nathan Price (Hamish Linklater) ingaggia il vecchio cacciatore di taglie Max Borlund (Christoph Waltz) per recarsi oltre il confine e recuperare sua moglie Rachel (Rachel Brosnahan), che crede sia stata rapita da Elijah Jones (Brandon Scott), un disertore, per di più dalla pelle nera, che l’avrebbe portata con la forza nel Messico. A dire il vero, ma lo scopriamo subito, la signora Price è scappata volontariamente da un matrimonio tossico e da un marito violento, maschilista e incapace di amare. Sa bene quello che vuole ed è fuggita in Messico perché la supposta civiltà americana, in realtà, non tutela affatto il suo diritto di liberarsi di un matrimonio che è una prigione.

Dead For A Dollar
Willem Dafoe nel ruolo del bandito Joe Cribbens.

Nel film il Messico è mostrato come un posto spoglio, polverulento arido e pianeggiante, molto meno maestoso degli scenari della Monument Valley, ed è interpretato come un luogo barbaro, in cui l’assenza della civiltà si manifesta nelle scorribande di Tiberio Vargas (Benjamin Bratt) e nella corruzione di una polizia vigliacca che, priva di eroi-sceriffi paragonabili a quelli del mito west (vedi lo Wayne di Un dollaro d’onore), permette al manipolo di delinquenti di dettare legge. Ma se canonicamente lo stato di natura e il disordine sono lo scenario ideale per i loschi affari e le pistole di delinquenti e vecchi furbetti del west che venderebbero la madre per un dollaro (da cui il titolo di sapore leoniano), in Dead For A Dollar – e questa è la trovata più significativa di Hill – c’è qualcosa di più, perché nella confusione messicana, superati i pericoli, è presente uno spazio di libertà in cui potersi rifugiare quando gli strumenti dell’ordine e i confini della della civiltà americana si fanno oppressivi e discriminatori.

Dead For A Dollar
I tre protagonisti in un’altra scena del film.

Ed ecco che una donna e un disertore di colore hanno un luogo dove andare, seppur a loro rischio e pericolo. Ma perché siano davvero liberi, perché trovino davvero giustizia, c’è di nuovo bisogno dell’eroe. Non certo un eroe senza macchia (Borlund resta un signore che uccide per soldi), ma qualcuno capace di muoversi nel caos, un civilizzatore capace di ingentilire con un certo ordine la convivenza e, soprattutto, di saper riconoscere quella sia la cosa giusta da fare. L’eroe americano di Hill è superiore agli agenti del disordine per capacità (tipicamente con la pistola), ma lo è anche rispetto a un ordine costituito tutt’altro che perfetto, dal quale riesce a divincolarsi diventando il braccio destro della nuova lotta (questa volta femminista e tutta interna alla civiltà) che il destino gli ha posto di fronte. E questa collaborazione rappresenta il passaggio di testimone tra gli eroi del West ottocentesco che furono e quelli che verranno con il nuovo secolo, ovvero le donne (Rachel entrerà a far parte delle suffragette) e la comunità nera, con le loro lotte e la loro dedizione alle rispettive e cause, poste qui in totale continuità e coerenza con l’epica battaglia di civilizzazione western. A dispetto delle accuse di maschilismo e razzismo che molte volte – e qualcuna non del tutto a torto – erano state portate al western e ai suoi autori.

“Tarantino? No, qui è Walter Hill”. Christoph Waltz in un altro momento del film.

Visto in quest’ottica, Dead For A Dollar funziona e si colloca in maniera sfidante all’interno del lungo discorso di interpretazione-reinterpretazione del genere e della storia del West. Meno efficace, invece, il tentativo di introdurre l’elemento di disturbo rappresentato dal bandito Joe Cribbens (Willem Dafoe) che rappresenta il passato che torna a cercare Borlund per regolare i conti, ma risulta poco convincente e slegato dall’intreccio. Una nota positiva, al contrario, è il personaggio dell’avvocato Esteban Romero (un perfetto Luis Chavez), portavoce del potente Vargas e ambasciatore delle contrattazioni tra bene e male, presenza che segnala una certa forma di istituzionalizzazione del crimine. Un film che chi ama il cinema di Walter Hill saprà comunque apprezzare nonostante i (molti) difetti, mentre chi non apprezza il genere è meglio passi la mano…

  • WEST CORN | Il western visto da Hot Corn
  • VIDEO | Il trailer di Dead For A Dollar:

 

 

 

 

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