ROMA – Cos’è Cinema Speculation? Un libro sul cinema? No, o almeno non solo perché è anche la storia di un bambino innamorato del cinema che passa le serate con la madre nelle sale di Los Angeles a vedere film di tutti i tipi. Quentin Tarantino spettatore vorace, che preferisce ai giochi l’incanto del grande schermo, affascinato da una nuova generazione di attori e registi – come Steve McQueen, Burt Reynolds, Clint Eastwood, Sam Peckinpah, Don Siegel, Brian De Palma, Martin Scorsese – che dalla fine degli anni Sessanta spazzano via la vecchia Hollywood per far spazio alla Nuova. Pellicole rivoluzionarie che ispirano l’immaginario di quel ragazzo, un incontro che si rivelerà decisivo per la sua carriera.
Prima di essere un grande regista – si sa – Tarantino è uno straordinario appassionato di cinema, in tutte le sue forme: Cinema Speculation – edito in Italia da La Nave di Teseo – è il racconto di com’è nato questo amore ma al tempo stesso è un’entusiasmante, sovversiva, dirompente storia del cinema secondo QT. Raccontato in prima persona con recensioni, ricordi, aneddoti, autobiografia, critica e reportage dalla prosa coinvolgente e trascinante, Cinema Speculation, offre uno sguardo unico (e differente) sulla settima arte. Noi della redazione di Hot Corn abbiamo scelto 4 aneddoti corrispondenti a otto film che, se possibile, vi faranno amare ancor di più Tarantino…
ALLIGATOR E IL FUTURO DI ROBERT FORSTER – Che ci crediate o meno per Tarantino, Alligator, diretto da Lewis Teague nel 1980 e oggi totalmente dimenticato e introvabile anche in streaming, fu molto più di un semplice monster movie di terza categoria: «Nel 1980 Kevin Thomas scrisse una recensione che lessi diciottenne e che diciassette anni dopo ebbe un’influenza significativa sul mio lavoro da regista. Parlava di Alligator, un’imitazione de Lo Squalo scritta da John Sayles e diretta da Lewis Teague. Nella recensione sul film sull’alligatore gigante, Kevin si concentrava sulle interpretazioni dei protagonisti Robert Forster e Robin Riker. E poi veniva la frase che mi rimase in mente per tutti quegli anni: “C’è una naturalezza, una spontaneità nei due attori che li fa sembrare una delle coppie di Il ritorno del Secaucus 7”. Quell’anno vidi Alligator tre volte e pensai che Thomas avesse perfettamente ragione sul fascino di Forster e Riker…». Diciassette anni dopo quel film, Robert Forster finì in Jackie Brown.
Da qui uno degli aneddoti più preziosi di tutto Cinema Speculation che racconta di quando, alla fine del 1980, Tarantino fa la sua Top 10 dei film dell’anno e Robert Forster vinse come miglior attore, battendo di poco Robert De Niro in Toro scatenato. «Quindici anni dopo, quando stavo scrivendo il mio adattamento di Punch al rum di Elmore Leonard (ribattezzato poi da Tarantino Jackie Brown, nda), pensai a chi potesse interpretare il protagonista, Max Cherry. Due scelte ovvie sarebbero state Gene Hackman e Paul Newman. Presi in considerazione anche John Saxon. Ma c’era qualcosa, nell’interpretazione di Robert Forster in Alligator, che mi era rimasta dentro. Rividi il film e pensai che il personaggio di Alligator potesse essere Max Cherry quindici anni prima…».
CARNY, O DEL TALENTO DI GARY BUSEY – Dopo Alligator, ecco tra le pagine emergere un’altra chicca degna del miglior Tarantino: Carny – Un corpo per due uomini, film del 1980 con una Jodie Foster seducente come non mai, Gary Busey e Robbie Robertson, scritto da Thomas Brown. «Sì, peccato che Carny fosse diretto da un incapace come Roger Kaylor. La sceneggiatura di Peter Baum e l’ottima novelization che ne trasse mostrano il lato squallido della vita dei luna park, concentrandosi sui giochi d’azzardo. Baum voleva fare con il mondo dei luna park quello che in seguito fecero Ron Shelton e Kevin Costner in Bull Durham con il baseball: condurre lo spettatore in un mondo di cui sapeva poco…».
Espediente efficace, ma come sottolineato bene da Tarantino, i meriti non erano, di certo, della scrittura: «Almeno in parte Carny ci riesce, anche se tutti gli errori e le occasioni sprecate rendono la visione insoddisfacente. Se in Carny si sente una voce autoriale, non è per via di chi sta dietro la macchina da presa, ma per la combinazione di energia e naturalismo che mostra Gary Busey. Veniva dalla nomination all’Oscar per The Buddy Holly Story e confermò di poter reggere alla grande ruoli da protagonista. Che ci crediate o no, Busey, il buffone ragliante di tanti reality show (prima di essere vittima di un incidente motociclistico) fu uno dei più grandi attori degli anni Settanta».
Tra le pagine di Cinema Speculation emerge così un’ode d’amore profonda a Busey e al suo talento sempre troppo poco celebrato: «Busey aveva un talento per un naturalismo sopra le righe che non si trova in nessuno della sua generazione. Era qualcosa di spontaneo, che gli veniva da dentro. E recitava le battute con tale convinzione che si stentava a credere che le avesse scritte qualcuno. Sembrava che uscissero da lui bell’e finite. L’unico altro attore dei suoi tempi a condividere la stessa combinazione di naturalismo e intensità dinamica era Robert Blake. Busey recitava dialoghi con un realismo documentaristico, ma alle spalle c’era un senso del racconto e della drammaturgia ignorato dalla maggior parte degli attori naturalistici».
DAISY MILLER O DELL’IRRESISTIBILE CYBILL SHEPHERD – Qui entriamo in uno dei cuori tematici di Cinema Speculation, a cui Tarantino dedica un intero capitolo, spiegando che ciò che differenzia Daisy Miller di Bogdanovich da Via dalla pazza folla, Tess o L’età dell’innocenza, o dalla maggior parte dei classici adattamenti, sono le scelte del regista. «Che cerca di trasformare la prima metà del film in una commedia, imprimendo ai dialoghi un ritmo degno di Howard Hawks, con le battute che si accavallano. Il che significa semplicemente che gli attori parlano a raffica? Sì. Ma Peter aveva una capacità di velocizzare i dialoghi ignota agli altri registi di commedie. Ma va detto che Daisy Miller inizia in modo un po’ bizzarro. Il film pian piano acquista forza, fino a una conclusione che è un pugno nello stomaco».
Parliamo di Bogdanovich del resto, un fuoriclasse a cui Tarantino rende omaggio in modo sincero e affettuoso in alcuni passaggi: «Peter aveva in mente gli adattamenti letterari vivaci e divertenti della Hollywood degli anni Trenta e Quaranta: Anna Karenina e Margherita Gautier con Greta Garbo, Notre-Dame con Charles Laughton, Le due città con Ronald Colman, La voce nella tempesta con Laurence Olivier. Affrontò il materiale di partenza come immaginava avrebbe fatto il suo mito Howard Hawks trent’anni prima e girò un film così per lo stesso motivo per cui probabilmente lo avrebbe fatto Hawks. Non perché venerasse il racconto di Henry James, ma perché si prestava a mettere in luce la star Cybill Shepherd».
Grande merito anche al talento della Shepherd che secondo Tarantino però era sopravvalutata dal regista, anche se l’attrice aveva un talento innegabile: la capacità di recitare i dialoghi come se fosse proprio in una commedia di Hawks, come mostrano bene Daisy Miller e le scene di Finalmente arrivò l’amore in cui non canta, o anche i suoi botta-e-risposta con Albert Brooks in Taxi Driver, Uomini d’argento di Ivan Passer, fino al suo ritorno alla ribalta nella televisione degli anni Ottanta con Moonlighting. «Shepherd è assolutamente convincente nei panni di Daisy Miller. Ma non nel modo in cui lo sarebbe stata un’attrice del passato, come siamo abituati quando vediamo un classico della letteratura. E questo perché Bogdanovich trasforma il materiale di partenza in una commedia e fa affidamento sulle sue forze per infondere ritmo ai dialoghi».
È lei la chiave di volta di Daisy Miller come emerge dalla chiave di lettura offertaci da Cinema Speculation in cui Tarantino spiega di avere l’impressione che Bogdanovich giochi su una dualità di personaggio e attrice. Come la sfacciata e innocente Daisy è un pesce fuor d’acqua nell’alta società degli americani espatriati a Roma, Cybill è un pesce fuor d’acqua nel film in costume. «Ma Cybill, come Daisy, è all’altezza della situazione. L’attrice condivide con il personaggio il gusto di trasgredire alle regole, l’umorismo sarcastico, la capacità di rendere gli uomini schiavi dei suoi capricci. Possiede anche una sfacciataggine menefreghista e tipicamente yankee, che le consente di ignorare la richiesta che le fa la signora Walker di mettersi in riga e rispettare le norme sociali».
DIECI MINUTI A MEZZANOTTE, BRONSON E CALLAGHAN – Altra chicca targata Tarantino, uno dei tantissimi cloni tematici della saga dell’Ispettore Callaghan, ma con tanto carattere: ecco rispolverato anche un film dimenticato del 1983 come Dieci minuti a mezzanotte, di John Lee Thompson, che mette in scena un cattivo (interpretato da Gene Davis) ispirato a un vero serial killer: Richard Speck, che nel 1966 fece strage di otto infermiere e la violenta messa in scena degli omicidi è roba per stomaci abbastanza forti. «Di solito, in questi film, valgono le stesse regole che funzionano nel caso dei cloni de Lo Squalo e di Alien. Il protagonista (Charles Bronson) è caratterizzato come Callaghan, fa battute simili, il suo capo stressato e vociante dice le stesse cose ed è vestito nello stesso modo e i pessimi attori che recitano la parte dei cattivi non sono diversi dai cani che si vedono in tanta robaccia straight-to-video».
Da qui in poi, Cinema Speculation spazia ponendo in confronto diretto il Leo Kessler di Bronson e il Callaghan di Eastwood, ponendo l’accento sulla visione reazionaria di Don Siegel. «Sì, e niente lo mostra con maggiore chiarezza di una delle sue scene più famose: quella in cui Callaghan sventa una rapina in banca con il suo cannone, senza smettere di masticare un hot dog. Ciò che rende la scena politica è il fatto che i tre rapinatori siano interpretati da attori neri. Se fossero stati bianchi, il sottotesto sarebbe stato diverso. Callaghan sarebbe stato solo uno sbirro che per caso interveniva in una rapina in banca e la fermava: come succede in migliaia di fumetti di Superman. Se fossero stati bianchi, sarebbero stati visti tendenzialmente come professionisti del crimine (come il vero Willie Sutton, il Parker di Richard Stark e il Doc McCoy di Jim Thompson)…».
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Qui sotto potete vedere il trailer di presentazione di Cinema Speculation:
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