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New Normal | Jung Bum-sik, l’altra faccia della società e la vita dopo la pandemia

Un horror psicologico nell’era post-pandemica? Sì, secondo il punto di vista del regista coreano

New Normal
Un dettaglio del poster di New Normal.
Freshly Popped

MILANO – Cinefili e appassionati di cinema orientale si ritrovano a Firenze per il Florence Korea Film Festival che presenta anteprime e chicche provenienti dalla Corea del Sud, in diverse sezioni, tra cui anche una dedicata ai registi emergenti e alle produzioni indipendenti. Tra i molti abbiamo scelto New Normal, film del 2022 diretto dal regista sudcoreano Jung Bum-shik, già ben più che noto agli amanti del filone horror asiatico per opere come Epitaph, Gonjam: Haunted Asylum e Horror Stories 2. Con un cast altrettanto famoso al pubblico asiatico e agli appassionati di questo tipo di cinema in occidente – tra cui Choi Ji-woo, Yoo-Mi Lee, P.O e il rapper Choi Min-ho – New Normal è un lungometraggio della durata di due ore che, non solo si guarda con piacere, ma lascia anche il segno, per molti motivi.

Una scena di New Normal.

La sceneggiatura è firmata dallo stesso Jung Bum-shik, particolarmente ispirato nel raccontare la storia di sei personaggi le cui vite sembrano così distanti le une dalle altre, ma risultano poi unite nella rete tessuta dal destino, in circostanze cupe e inquietanti. Il regista ci mostra uno spaccato, in un arco temporale di quattro giorni, della cosiddetta nuova normalità narrata dai mass media di tutto il mondo in seguito alla pandemia da Covid-19. Qui non ci sono mascherine, tamponi antigenici e non si parla di virus, eppure New Normal è di un’attualità disarmante e probabilmente è una delle poche ma migliori opere riguardanti il momento post-pandemico che siano state fatte finora.

New Normal
La vita dopo la pandemia, tra normalità e paranoia.

A metà tra l’horror e il thriller, con una colonna sonora straniante – in corrispondenza di un montaggio su scene dal tono decisamente diverso dalla musica in questione – e che omaggia persino Kubrick con la scelta del Così parlò Zarathustra di Strauss, New Normal cattura lo spettatore con i suoi episodi – divisi in capitoli – che sembrano quasi dei mini racconti in un’antologia dell’incubo. Qui non ci sono spettri, eppure la femme fatale dai capelli neri, letale come non mai fa da leit motiv e diventa la protagonista di questo racconto, una storia che mira a mostrare come i rapporti sociali e le relazioni umane siano uscite dalla pandemia più dilaniate che mai. Anzi, l’umanità ha imparato a individuare nel nemico un virus che aveva poi il volto “dell’altro”, dunque a chiudersi in sé, nella propria abitazione, lontano da tutto e da tutti, per poi affacciarsi alla ripresa della vita “di prima” con un timido desiderio di riappropriazione di ciò che si era perso.

Un altro momento del film.

Una ritrovata fiducia nel prossimo? Sì, che però può sfociare in ingenuità, in patetico abbandono del senso di sopravvivenza, facendo sì che ci si venga a trovare in situazioni potenzialmente pericolose, forse quando proprio non lo si aveva immaginato. I personaggi di New Normal sono mossi da un desiderio che si intreccia con la morte, in un gioco di contrasto che li vede come marionette mosse dai fili delle oscure e sadiche parche. La regia di Jung Bum-shik è magnetica, la fotografia altrettanto, il film è una piccola gemma all’interno del festival, uno spunto di riflessione che in un certo senso può davvero far accapponare la pelle: i pericoli di tutti i giorni si celano solo dietro le grandi catastrofi? Oppure possono essere nascosti in maniera subdola, anche dietro una maschera di cui non avremmo mai sospettato? Perché forse anche il nostro vicino di casa ha uno scheletro nell’armadio…

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