ROMA – «Eravamo quattro amici al bar. Che volevano cambiare il mondo» recitava Gino Paoli nella (quasi) omonima canzone del 1991. Ci riuscirono? Forse. Quelli di Cin Cin invece – o di Cheers per usare il titolo originale statunitense – andarono ben oltre: fecero la storia come poche altre opere seriali del tempo cambiando per sempre la televisione. Un’epoca, i gloriosi anni Ottanta, dove accanto a telefilm come A-Team, Colombo, Miami Vice e Magnum P.I. (di cui potete leggere qui) – per citarne alcuni – si assisteva al massimo splendore della situation-comedy/sit-com de I Robinson, Seinfeld, Casa Keaton, Gli amici di papà. Prima di tutto però ci fu Cin Cin che, con i suoi 271 episodi in 11 stagioni dal 1982 al 1993 e 117 candidature agli Emmy (record superato solo dalle 124 di E.R. – Medici in prima linea), divenne un appuntamento fisso per milioni di spettatori.
Il concept di Cin Cin? Elementare ma di successo. Il Cheers, il più famoso pub di Boston – liberamente ispirato al Bull & Finch Pub che dalle parti dello stato del Massachusetts è considerato un’autentica istituzione – e le vite di cinque personaggi: Sam Mayday Malone (Ted Danson), il proprietario di Cheers, ex-lanciatore dei Boston Red Sox dalla carriera fulminata dall’alcolismo nonché barista sciupafemmine; Ernie Pantusso (Nicholas Colasanto), ex-allenatore smemorato dei Red Sox, barista e mentore di Sam; Diane Chambers (Shelley Long), cameriera di Cheers, letterata, brillante, principale interesse amoroso di Sam; Carla Tortelli (Rhea Perlman), altra cameriera di Cheers, semplice, dai modi bruschi e dalle battute taglienti; Norm Peterson (George Wendt), contabile sfaticato dalla vita, dal lavoro e dall’impossibile moglie Vera, sempre abbracciato ad un boccale di birra; Cliff Clavin (John Ratzenberger), postino onorevole, instancabile fucina di aneddoti e migliore amico di Norm.
Con il proseguo delle stagioni Cin Cin mutò i suoi personaggi e da sei i regular avventori di Cheers divennero otto. Accanto a Sam, Carla, Norm e Cliff si aggiunsero Frasier Crane (Kelsey Grammer) psichiatra sui generis entrato in scena come antitesi caratteriale di Sam e interesse amoroso di Diane per poi crescere; Woody Boyd (Woody Harrelson) barista dal cuore d’oro e fintamente ingenuo; Rebecca Howe (Kirstie Alley) donna forte, in carriera, che svilupperà una dinamica di amore-odio con Sam, e Lilith Sternin (Bebe Neuwirth), psichiatra collega di Frasier, glaciale ma passionale (i due si sposeranno). Il resto è umorismo tagliente, brillante, mai banale, con cui raccontare – attraverso lo sviluppo caratteriale dei personaggi – di emancipazione, femminismo, relazioni umane, dipendenze e lotta di classe. Non basta tutto questo per giustificarne il successo? Risposta: no! C’è ancora molto altro da scoprire a proposito di Cin Cin.
Scritta da Glen Charles, Les Charles e James Burrows (anche regista di 243 episodi), che al momento del pitch alla NBCUniversal si presentarono come: «Due mormoni e un ebreo», l’idea alla base di Cin Cin era – sullo sfondo di un’unica location alla maniera della britannica Fawlty Towers – una relazione in stile Spencer Tracy e Katherine Hepburn tra i personaggi principali: Sam e Diane. Ne venne fuori, a conti fatti, una delle più interessanti dinamiche relazionali della serialità. Un tira-e-molla autentico apripista di ciò che saranno poi Ross e Rachel/Monica e Chandler (Friends), Ted e Robin (How I Met Your Mother), Leonard e Penny/Sheldon e Amy/Howard e Bernadette (The Big Bang Theory) senza cui una sit-com – grande o piccola che sia – non può vivere: fu proprio quello il focus di Cin Cin nelle prime cinque stagioni.
A detta di Glen e Les Charles c’era qualcosa di familiare in Sam e Diane: «Ricordava un po’ la relazione dei nostri genitori. Nostra madre era composta e corretta, una lettrice vorace. A nostro padre invece piaceva uscire al bar e guardare lo sport. Non crediamo abbia mai letto un libro» – per poi proseguire – «Una piccola, annoiata e stupita parte d’America amava davvero Sam e Diane». Le cose cambiarono per Cin Cin quando la Long, dopo oltre cento episodi girati, decise di lasciare la serie per stare più vicina alla famiglia e per tentare il salto dal piccolo al grande schermo. Non le andò bene. Un paio di (s)cult (Casa, dolce casa?, Una fortuna sfacciata, Bentornato fantasma, In campeggio a Beverly Hills) e qualche buon film (Vertenza inconciliabile, Il dottor T. e le donne) dopo fu chiaro come Hollywood riconoscesse Shelley Long come unica e sola Diane Chambers.
Lo stesso a dire il vero accadde anche a Ted Danson che – eccetto che per una manciata di film negli anni Ottanta (Creepshow, Tre scapoli e un bebé, Cugini, Dad, Tre scapoli e una bimba) – il meglio di sé lo ha dato sul piccolo schermo (Becker, C.S.I. – Scena del crimine, Bored to Death, The Good Place, Mr.Mayor) nei decenni successivi, a conferma di quanto Cin Cin e Sam e Diane avessero inciso sull’immaginario collettivo, o per dirla con le parole della sua star: «Erano al centro di Cheers, come fossero una partnership. Ora che è finita tutto cambierà, ci saranno confronti da fare». Tutto cambiò a quel punto, dando spazio ad altre story-line, introducendo nuovi personaggi, ma sempre tenendo fede allo spirito brillante dello show.
A conferma della sua modernità, Cin Cin fu la prima sit-com a serializzare il racconto e lo sviluppo dei personaggi. Pratica inusuale per il genere, da sempre caratterizzato da una certa leggerezza di intenti oltre che strutturale – da vedere senza impegno insomma – ma su cui invece credettero tantissimo Burrows e i Charles segnando per sempre la scrittura seriale per come oggi la conosciamo e su cui si espressero (ironicamente) così in un’intervista di un paio d’anni fa: «Noi di Cin Cin potremmo essere responsabili di quello che sta succedendo ora, dove se perdi il primo episodio o due, sei perso» – per poi proseguire – «Devi aspettare fino a quando non avrai come procurarti un DVD della serie e metterti in pari: se quel sangue è nelle nostre mani ci sentiamo un po’ male per questo, può essere frustrante in effetti».
Ci fu anche tanto dolore durante la lavorazione di Cin Cin. Verso la fine della terza stagione gli sceneggiatori dovettero fare i conti con la morte di Nicholas Colasanto. Di stagione in stagione le sue condizioni cardiache peggiorarono tanto da apparire dimagrito ed emaciato nei suoi ultimi episodi, condizione su cui si espresse così la Long: «Penso che tutti negassimo. Eravamo solo contenti che fosse lì con noi, ma aveva davvero perso molto peso» Poco prima della fine del terzo ciclo di episodi, Colasanto fu ricoverato in ospedale a causa di un versamento pleurico. Pur ripresosi non riuscì mai a tornare sul set. Morì il 12 febbraio 1985. In termini di scrittura i Charles e Burrows giustificarono la sua assenza dicendo che era in viaggio per poi – all’inizio della quarta stagione – svelarne il (triste) fato.
In maniera inconsapevole la scomparsa di Colasanto giustificò l’ingresso di un giovane Harrelson in rampa di lancio. Cin Cin fu infatti il suo primo vero turning point artistico, l’inizio di una folgorante carriera. Fu grato a tutta la banda di Cheers, in particolare a Danson con cui nacque una sincera amicizia. Tanto era solido il loro legame che – dopo che l’interprete di Sam Malone annunciò che l’undicesima stagione di Cin Cin sarebbe stata la sua ultima – rifiutò la proposta di rinnovo di una NBC che lo immaginava già protagonista e titolare di Cheers: «Senza Ted (Danson), senza Sam, non possiamo andare avanti». Questo determinò l’ascesa di Frasier, spin-off/sequel di Cin Cin incentrato sul personaggio di Grammer, che nelle battute finali dell’undicesima stagione decide di andare a vivere a Seattle per cominciare una nuova vita.
È la storia a dircelo: Frasier fu perfino più grande di Cin Cin. A conti fatti la più importante (e premiata) sit-com di tutti i tempi con i suoi 264 episodi in 11 stagioni tra il 1993 (anno in cui chiuse Cheers) e il 2004 e ben 37 Emmy vinti: un record! Il primato resistette per dodici anni. Cioè fino al 2016. Anno in cui Il trono di spade mise la freccia e superò Frasier per poi assestarsi definitivamente (nel 2019) a quota 59 Emmy, ma quella è un’altra storia di quel grande mosaico creativo chiamato serialità. Ciò che resta ad oggi di Cin Cin e del suo quarantennale retaggio – il primo episodio fu trasmesso da NBCUniversal il 30 settembre 1982 – è la consapevolezza che per realizzare un prodotto tv di successo a volte basta davvero poco: solo un pub.
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Qui sotto potete rivedere la sigla della prima stagione di Cin Cin:
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