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TV COLUMN | Bruce Willis, Cybill Shepherd e l’infinita nostalgia di Moonlighting

Sperimentazione, metalinguaggio e guest star come Orson Welles: così lo show cambiò la tv

Bruce Willis e Cybill Shepherd in Moonlighting, in onda dal 1985 al 1989.

MILANO – Siete stati contagiati dalla nostalgia degli anni Ottanta e cercate una serie che vi riporti indietro nel tempo? Allora vi consigliamo di scoprire, oppure (ri)scoprire, Moonlighting, una detective story che ha stravolto tutti i canoni nonché un cult che ha lanciato la carriera di Bruce Willis e ha avuto fra le sue guest star anche Orson Welles. Ma procediamo con ordine: siamo a metà degli anni Ottanta quando Glenn Gordon Caron (futuro ideatore di Medium) attira l’attenzione della ABC con la serie Mai dire sì incentrata sulle avventure degli investigatori Remington Steele (Pierce Brosnan, molto ma molto prima di 007) e Laura Holt (Stephanie Zimbalist).

Una scena di Moonlighting
Cybill Shepherd e Bruce Willis in una scena di Moonlighting

A Caron viene quindi chiesto di creare un nuovo show (allora si chiamava telefilm, oggi la chiameremo una serie) ma per non ripetersi, lo sceneggiatore scombina completamente le carte e si inventa Moonlighting. Ispirandosi a La bisbetica domata di Shakespeare, alla screwball comedy e alle migliori commedie sofisticate, Glenn dà vita a Maddie Hayes, ex modella caduta in disgrazia che tutti conoscono come la testimonial dello shampoo Blue Moon, e David Addison, investigatore privato, sornione e scavezzacollo. Costretti dalle circostanze a collaborare, i due diventano i titolari della Blue Moon Investigations e risolvono un nuovo caso in ogni puntata.

Bruce Willis è David Addison

E se l’algida Maddie ha il volto di Cybill Shepherd, ormai lontana dai fasti di Taxi Driver (e de L’ultimo spettacolo), a interpretare David è uno sconosciuto: Bruce Willis, scelto senza il consenso del network. In scena però Cybill e Bruce hanno un’alchimia miracolosa, considerando che dietro le quinte non si sopportano. Potenza della sceneggiatura. Caron non si risparmia, scrive copioni lunghissimi con fulminei scambi di battute, richiede interminabili ore di lavorazione sul set ad alto budget, rompe la quarta parete per lanciare frecciatine al network e impone un canone: lui, lei, la tensione sessuale alle stelle e quel “will-they-won’t-they” (lo faranno/non lo faranno) che farà poi – nel decennio successivo – la fortuna di Friends e X-Files. 

Bruce Willis e Cybill Shepherd nell’episodio pilota di Moonlighting

La sigla? Moonlighting cantata da Al Jarreau, subito un pezzo d’antologia. Non mancano poi le guest star come Orson Welles, alla sua ultima apparizione in tv, che introduce l’episodio The Dream Sequence Always Rings Twice, un omaggio ai noir degli anni Quaranta (e a Il postino suona sempre due volte). I riferimenti al grande cinema, le citazioni cult e i folli slanci creativi diventano il marchio di fabbrica dello show, altrettanto famoso per la sua travagliata conclusione. All’apice del successo, la terza stagione si chiude con (spoiler!) il definitivo avvicinamento tra Maddie e David. Ma è l’inizio di quella che gli addetti ai lavori chiamano la “Maledizione di Moonlighting”: gli spettatori perdono interesse.

Orson Welles

Nel frattempo Bruce vince un Emmy e ottiene il ruolo della svolta con Trappola di cristallo. Cybill invece si concentra sulla sua gravidanza. La produzione quindi corre ai ripari: riduce il numero degli episodi, gira puntate incentrate sui personaggi secondari e scene senza la presenza in contemporanea di Maddie e David. Ma arrivati alla quinta stagione, la chiusura è inevitabile. Da qui il colpo di genio: il finale meta-testuale con l’annuncio della cancellazione della serie inserito nella sceneggiatura. Così Maddie e David vagano nella loro ex agenzia, ormai ridotta a un set spoglio, con un’unica consapevolezza: niente sarà più come prima. Nemmeno per il pubblico.

  • Qui la sigla di Moonlighting:

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