MILANO – Era il 1976 quando un Brian De Palma in stato di grazia usciva con Carrie – Lo sguardo di Satana (disponibile sulla nuova piattaforma MGM+), adattamento di Carrie, il primo romanzo di Stephen King, del 1974, che in Italia uscì però solo nel 1977 (forse proprio grazie al successo del film). Il De Palma degli anni Settanta-Ottanta – vedasi Scarface e Gli Intoccabili – è un regista che mostra un talento unico nel gestire i movimenti della macchina da presa, ma è anche un curioso sperimentatore a cui piace giocare con i generi horror e thriller, nei quali prova a inserisce le nuove scoperte della scienza psichiatrica pescate tra i suoi ritagli di giornale. Non gli servono solo per trovare lo spunto, ma anche per provare a dare un fondamento di verosimiglianza scientifica (e dunque maggior credibilità e coinvolgimento per lo spettatore) alle motivazioni che spingono i suoi personaggi a compiere le varie efferatezze.
L’operazione, di cui due mirabili esempio sono Le due sorelle e Vestito per uccidere, non è certo originale – già l’Hitchcock di Io ti salverò e Psycho lavorava sul legame tra crimine, inconscio e psichiatria – ma trova in De Palma un appassionato interprete. Quello che interessa al regista in questo film lo si vede subito dalla prima sequenza. La carrellata orizzontale nello spogliatoio, oltre ad anticipare le squisite geometrie depalmiane che rivedremo in Omicidio a luci rosse, ci pone subito di fronte al tema della contrapposizione tra individuo e collettività, una massa che ha come suo unica arma di azione la violenza e il conformismo, di fronte alla quale il soggetto non può che sentirsi nudo, isolato, incompreso e inerme, dando potenzialmente vita alla psicosi (e al dramma).
E così è per la povera Carrie White (una perfetta Sissy Spacek): umiliata a scuola per via della sua patologica e paralizzante timidezza che non solo è frutto della sua natura di adolescente riservata, ma è amplificata dalla claustrofobica ossessione religiosa della madre, dall’incubo di una casa cupa in cui ogni tentativo di comunicazione viene soffocato da citazioni bibliche, schiaffoni educativi e castighi nello sgabuzzino delle preghiere. Carrie, però, non è una lezioncina sulla genitorialità o sul bullismo nei licei americani -come sembra essere stato interpretato recentemente, visto anche il discutibile remake del 2018- ma un vero film dell’orrore. A completare il quadro, infatti, ci sono le tenebrose ombre morboso-sataniche di Stephen King (che diverranno suo marchio di fabbrica), la presenza del demoniaco, le capacità telecinetiche della ragazza, la paura, il rancore e la cattiveria umana.
Sfruttando la scia positiva di Rosemary’s Baby e de L’Esorcista, De Palma confeziona così un perfetto gioiellino che rientra a pieno titolo tra i migliori tentativi di attualizzazione e umanizzazione del genere horror tipico di quegli anni, film grazie ai quali il malefico viene a infiltrarsi nella nostra quotidianità, a turbare le vite dei cittadini comuni entrando nelle loro case, tra le loro relazioni familiari, fin dentro la psiche dei protagonisti, con l’astuzia di cui il vecchio Satana è notoriamente dotato. Superlativa la colonna sonora di Pino Donaggio, compositore italianissimo che oltre ad essere un fedelissimo di Brian De Palma, ha lavorato -tra gli altri- anche con Dario Argento e Pupi Avati (ve lo ricordate L’arcano incantatore il cui remix spopolò nelle discoteche tra il 1996 e il 1997?). Il commento musicale in Carrie è decisivo per dettare i tempi, il ritmo del film, e altalenare i nostri umori tra la leggerezza della vita qualunque di un’ora di ginnastica al liceo (forse il passaggio musicalmente più bello, quello degli esercizi in giardino) e le cupe e spaventose profondità del mistero e del sovrumano.
È la rabbia a guidare Carrie? O qualcos’altro? E’ una ragazza innocente e bullizzata, o un agente del demonio? E cosa nasconde la madre nel suo passato? Non è che nella sua follia, in fondo a ragione lei? Domande a cui (forse) troverete risposta in 98 minuti che passano in uno schiocco di dita, spesi benissimo per un grande classico che val la pena di (ri)vedere. Attenzione alla presenza di un giovanissimo e ancora sconosciuto John Travolta, qui nei panni del ragazzotto belloccio ma tontolone, e proprio per questo capace di tutto, specie se pilotato da una perspicace e impudente ragazzetta a caccia di rivalsa, peraltro interpretata da Nancy Allen, già moglie ed ex-moglie proprio di Brian De Palma e volto noto dei suoi film (ritroverà proprio John Travolta cinque anni dopo, nel bellissimo Blow Out).
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Qui sotto potete vedere il trailer del film:
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