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Ghosts e i fantasmi di Instanbul: «Un film che ricerca la luce, come la nuova Turchia»

L’intervista alla regista Azra Deniz Okyay, che ha presentato il suo film alla Settimana della Critica

Un'immagine di Ghosts di Azra Deniz Okyay
Un'immagine di Ghosts di Azra Deniz Okyay

VENEZIA – A 12 anni ha scoperto il potere della macchina fotografica. A 14 è diventata l’assistente di Dora Gunel. Azra Deniz Okyay, dopo essere diventata la prima regista donna della Depo, società di produzione pubblicitaria di Istanbul, e aver diretto vari corti e video musicali, debutta al lungometraggio con Ghosts in Concorso alla Settimana della Critica. Una pellicola ambientata tra le strade di Istanbul nel corso di una giornata in cui un sovraccarico di corrente minaccia l’intero paese. Un ritratto della Turchia contemporanea grazie alle storie intrecciate di quattro personaggi.

La regista Azra Deniz Okyay
La regista Azra Deniz Okyay

Come hai avuto l’idea di questa storia ambientata nel corso di una giornata?

«Volevo solo ritrarre la mia generazione, i miei amici. La nostra energia, la nostra luce è rimasta bloccata per tanti motivi diversi. Ho iniziato a scriverlo solo per respirare. Non ho scelto specificamente questo argomento come mio primo lungometraggio, stavo solo reagendo a ciò che accadeva intorno a me. Mentre sviluppavo la sceneggiatura ho utilizzato un sistema matematico e dinamico che riuniva tutti i diversi personaggi e li collegava tra loro come un effetto domino. Ho lavorato ai vari elementi stilistici del film proprio come lavoro alla mia video arte, creando una forma ibrida. L’interruzione di corrente è diventata una metafora per portare il pubblico nell’oscurità. I miei personaggi cercano la luce proprio come fa la nuova generazione in Turchia».

Una scena di Hayaletler (Ghosts)
Una scena di Hayaletler (Ghosts)

In Ghosts inserisci un richiamo alle proteste femministe contro l’oppressione e alla comunità LGBTQ. Come regista senti di avere una responsabilità nel ritrarre il tuo Paese e le perosne che faticano ad avere una voce?

«Da giovane regista per prima cosa ho scritto quello che ho vissuto e osservato. A mio parere, i problemi dei diritti delle donne e dei diritti LGBTQ non possono essere considerati separatamente. Come donna, la mia esperienza quotidiana di vita e di lavoro sembra un’opera punk. Quindi il mio film ha finito per riflettere questo, proprio come una donna, sinuosa, colorata e multitasking».

La notte di Ghosts
La notte di Ghosts

La gentrificazione è una co-protagonista del film che cambierà il volto della Turchia. Una realtà con cui si confrontano molte città nel mondo, spesso a discapito dei più poveri. Che tipo di riflessione speri di ottenere?

«Sono cresciuta in una famiglia di urbanisti e architetti. Ho viaggiato molto quando ero bambina La rigenerazione urbana è stata uno dei temi principali non solo nella mia famiglia, ma anche nei cambiamenti del clima politico turco … C’era sempre la distruzione del patrimonio culturale e della natura da un lato e l’idea di “creare una nuova Turchia” dall’altra. Ma per me, questa “creazione” finisce per essere solo un deserto di cemento e argomenti senza senso. Sono cresciuta anche in una cultura ibrida, dove i genitori dei miei genitori erano immigrati. Questa distruzione che il film menziona è anche delle altre culture e del modo in cui vengono respinte».

Hayaletler Ghosts
I fantasmi della Turchia

Segui molto da vicino i personaggi con la macchina a mano. Perché hai scelto questo approccio registico?

«Avevo bisogno di essere coinvolta nella paura dei miei personaggi e nella loro danza. Ho iniziato a scattare foto quando avevo solo 12 anni e ho familiarizzato con la fotocamera molto presto nella mia vita. È come una seconda pelle per me. La mia intenzione principale era afferrare la mano del pubblico con una telecamera, invitandolo a seguirci nella nostra corsa. Ho iniziato a lavorare con il direttore della fotografia e il montatore molto prima delle riprese, spesso riunendoli per dare fluidità e atmosfera al film. Abbiamo girato Ghosts in soli 17 giorni e con così poco tempo dovevo sapere nei minimi dettagli cosa avrei fatto durante la scena. Ho lavorato così tanto in pre-produzione che ho finito per conoscere molto bene ogni sequenza. Questo mi ha dato la possibilità di improvvisare durante le riprese».

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