ROMA – «Nel buio la luce» recita la tagline di Anna, serie Sky Original diretta da Niccolò Ammaniti che ne ha firmato anche la sceneggiatura insieme a Francesca Manieri. E per Anna (l’esordiente Giulia Dragotto), adolescente di una Sicilia post-apocalittica in cui un virus ha ucciso tutti gli adulti, quella luce nel buio è sua madre Maria Grazia (Elena Lietti). O meglio la sua voce che le risuona in testa tutte le volte che legge il Libro delle cose importanti. Un diario che la donna, consapevole della sua fine e del destino che toccherà ad Anna e al suo fratellino Astor (Alessandro Pecorella), scrive quotidianamente con regole, consigli e avvertimenti che torneranno utili ai suoi figli quando lei non ci sarà più. Perché «le mamme servono a ricordarti le cose importanti» e in quelle pagine Maria Grazie conserva tutto l’amore del mondo per quei figli che non vedrà crescere ma che riuscirà a guidare anche nell’assenza.
Basato sul romanzo omonimo del 2015 – che Ammaniti e la Manieri espandono narrativamente – Anna parte da un virus, La Rossa, che ha distrutto la vita come la conoscevamo, lasciando in vita solo bambini e adolescenti che una volta diventati “grandi” si ammaleranno a loro volta. Impossibile non pensare alla pandemia che stiamo vivendo e che ha ridisegnato le nostre vite nelle prime sequenze della serie che, in una serie di flashback, racconta come tutto ha avuto inizio. Ma Anna è molto più di una serie su un virus, di un parallelo con la situazione in cui siamo immersi. Anna è una metafora potentissima sulla fine dell’adolescenza, un racconto di speranza, una storia sulla memoria e l’importanza del ricordo.
La letteratura di Niccolò Ammaniti ha spesso raccontato storie di bambini e adolescenti calati in contesti senza adulti o in cui rappresentavano gli antagonisti. In Anna l’autore e regista li cancella – eccezione fatta per la Picciridduna di Roberta Mattei, unica adulta sopravvissuta alla Rossa -, per provare a immaginare come si comporterebbero i bambini una volta rimasti soli. C’è chi come la giovane protagonista si prende cura del fratello più piccolo cercando di proteggerlo da quel mondo distopico e chi come Angelica (Clara Tramontano), la Regina dei Blu, vuole prevaricare sugli altri. In mezzo una serie di azioni più o meno nobili che raccontano dell’animo umano chiamato a confrontarsi con situazioni (extra)ordinarie.
Ma Anna è anche la storia dell’amore della protagonista per il fratello Astor che farà di tutto per riabbracciare quando le loro strade verranno separate. Per ritrovarlo la giovane eroina di questa storia sarà pronta ad attraversare qualsiasi prova pur di ristringerlo a se e tenere fede alla promessa fatta alla madre. In quel cammino che li separa, Ammaniti ci mostra un mondo collassato in cui la natura si è insinuata prepotentemente in luoghi un tempo abitati e ora lasciati all’oblio. La sua sconfinata immaginazione si intreccia con effetti speciali usati con intelligenza e credibilità che fanno delle otto puntate di Anna anche l’esempio delle ambizioni ripagate quando la nostra serialità decide di osare.
Ma quello che più di tutto colpisce di questa favola nera è la capacità di Niccolò Ammaniti – che dopo Il Miracolo si conferma anche ottimo regista – di costruire un mondo in cui convivono ferocia e tenerezza, ironia e crudeltà, poesia e disperazione. Anna è un’adolescente chiamata ad affrontare una prova inimmaginabile, a diventare donna e madre senza ancora esserlo, a combattere mostri che le somigliano. E in tutto questo lottare non smette mai di ascoltare quella voce nella sua testa che le ricorda di amare. Perché «le mamme servono a ricordarti le cose importanti».
- Niccolò Ammaniti: «Anna? La mia storia di speranza»
Qui potete vedere la nostra video intervista a Giulia Dragotto ed Elena Lietti:
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