in

Niccolò Ammaniti: «Il Miracolo? Solo lo schermo avrebbe potuto dare forza al sangue»

Le ispirazioni, la musica e la bellezza della condivisione: lo scrittore racconta la sua prima serie tv

Niccolò Ammaniti sul set de Il Miracolo. Foto di Antonello&Montesi

Un’operazione della polizia nel covo di un boss della ‘ndrangheta porta a un ritrovamento incredibile: una statua della Madonna che piange sangue umano. Da qui parte Il Miracolo – da martedì 8 su Sky Atlantic HD – esordio di Niccolò Ammaniti sul piccolo schermo. Lo scrittore romano, dai cui libri sono stati tratti cinque film, si cimenta per la prima volta con la scrittura e la regia di una serie incentrata su un mistero destinato a cambiare le vite dei personaggi che vi entreranno in contatto. Un evento inspiegabile in un’Italia sulla soglia di un referendum che potrebbe portare il Paese fuori dall’Europa. Un mondo plausibile, dunque, centrato su personaggi inseriti in situazioni limite come ha raccontato Niccolò Ammaniti in conferenza stampa, dove c’era anche Hot Corn.

Guido Caprino in una scena de Il Miracolo.
Guido Caprino in una scena de Il Miracolo.

LA SCELTA «Quando finisco un romanzo, il mio l’ho fatto. A volte arriva qualcosa in più, ossia una trasposizione al cinema, ma mi interessa fino a un certo punto. Qui la situazione era diversa. Una cosa originale non l’avevo mai fatta e l’idea di iniziare la storia senza portarla a termine non era accettabile, mi dava fastidio. Soprattutto perché mi piaceva tantissimo. Quello che mi ha spinto a fare la serie era il problema che poche volte ho avuto la sensazione che il cinema potesse esprimere meglio le mie idee rispetto alla scrittura. Nel caso de Il Miracolo è stato così».

LO SCHERMO «La piscina vuota con dentro la statuetta? Mi sono detto che quell’immagine la dovevo vedere. È stata una delle ultime scene girate, come se la protagonista dovesse arrivare per ultima. Abbiamo faticato come pazzi a trovare la location. Ho girato tutte le piscine di Roma, e non ne andava bene nessuna. Alla fine abbiamo trovato il set a Parma, per giorni abbiamo lavorato su come posizionarla e su come sarebbe dovuto cadere il sangue. Lì, dopo mesi di lavoro, ho capito che solo lo schermo avrebbe potuto dare quella forza al sangue. La letteratura non lo poteva trasmettere con la stessa intensità delle immagini».

La piscina che custodisce la statuetta. Foto di Antonello&Montese.
La piscina che custodisce la statuetta. Foto di Antonello&Montese.

LA SQUADRA «Siamo tre persone diverse che hanno fatto esperienze diverse, ma ho sentito subito, sia da parte di Francesco (Munzi, nda) che di Lucio (Pellegrini, nda), un’adesione totale al progetto. Abbiamo dovuto trovare una grammatica comune che abbiamo sviluppato lentamente, con una progressione che somiglia alla scrittura. Ognuno di noi si è scelto dei personaggi ma le puntate sono il frutto di scene girate da noi tre poi amalgamate da musica, montaggio e fotografia. Sono convinto che ora, guardando la serie, nessuno sarebbe in grado di dire chi ha girato cosa…».

Alba Rohrwacher in una scena de Il Miracolo.
Alba Rohrwacher in una scena de Il Miracolo.

LA STATUETTA «Ogni personaggio si trova in situazioni limite e reagisce in modo diverso al miracolo. Ho inserito una statuetta che spalanca domande. Non c’è nulla di più forte iconograficamente di una madonnina che piange sangue. Per chi piange? Per me? Per i miei sensi di colpa? Per redimere l’umanità? Contenendola all’interno di una piscina, senza vedere la reazione del mondo, potevo osservare come cambiavano i destini di chi le girava intorno senza mai entrare nel merito del mio rapporto con la religione».

La preparazione di una scena de Il Miracolo. Foto di Antonello&Montesi.
La preparazione di una scena de Il Miracolo. Foto di Antonello&Montesi.

BLACK MIRROR «Abbiamo lavorato per creare personaggi molto diversi ma che insieme collaborassero per spiegarsi un miracolo per il quale non ci sono risposte. Ero rimasto molto colpito dalla prima puntata di Black Mirror, The National Anthem, dove un Primo Ministro aveva la responsabilità di risolvere qualcosa mettendo sé stesso al centro del problema. In una situazione come quella de Il Miracolo mi piaceva l’idea di inserire un personaggio così in un momento di grande difficoltà. La premessa era quella di creare un’Italia odierna che fosse plausibile».

Una scena tratta da The National Anthem, primo episodio di Black Mirror.
Una scena tratta da The National Anthem, primo episodio di Black Mirror.

LA CONDIVISIONE «Finita la sceneggiatura ho iniziato a pormi il problema di trovare i posti immaginati. Era come se cambiasse la mia esistenza. Dalla fine dell’infanzia, quando hai la capacità di giocare da solo, all’adolescenza, il momento in cui quello che hai fatto lo devi condividere con gli altri. Scoprire che ci sono persone con le quali condividi un’idea è meraviglioso. Con la scrittura hai la percezione di un sogno, come se l’immagine fluttuasse nel buio e dove c’è un’idea a 360° dello spazio. Grazie a loro ho capito che le immagini vanno scomposte. A cinquant’anni iniziare un’esperienza del genere è un privilegio, mi hanno dato una nuova vita. Un culo così non me l’ero mai fatto. Ero convinto di essere pigro e invece no. Anche questo è un miracolo».

Elena Lietti è la firt lady Sole Pietromarchi.
Elena Lietti è la first lady Sole Pietromarchi.

IL SANGUE «Della Madonnina di Civitavecchia mi aveva molto colpito il sangue. Ero abituato a vederlo negli horror, a leggere i libri di Stephen King, a essere un grande esperto di splatter. I miei primi racconti grondavano sangue ma era per ridere. L’unico che mi ha colpito era proprio quello della statuina. Il soprannaturale è qualcosa che ho sempre coltivato e mi sembrava interessante applicarlo su un fenomeno del genere».

LE ISPIRAZIONI «Non capisco mai quali siano le ispirazioni che entrano nel mio lavoro. Ovviamente qui ci sono anche degli elementi di genere, richiami a mondi completamente diversi. Esiste anche un mondo fantastico, ogni personaggio vede e sogna delle cose. Una serie che mi ha colpito, anche perché rompeva il piano del genere è c’era una forte destrutturazione della trama, è The Leftovers. Sentivo che c’era qualcosa d’inesplicabile, una premessa impossibile…».

Una scena del finale di stagione di The Leftovers.
Una scena del finale di stagione di The Leftovers.

LA MUSICA «È stata il motore principale. Da quando sono bambino invidiavo il momento in cui i registi potevano scegliere le canzoni da inserire nel film. Ho passato la vita a togliere le musiche degli altri e a mettere quelle che mi sembravano più giuste. La prima cosa che ho detto quando ho accettato di fare la serie è che avrei speso un sacco di soldi per le canzoni e la maggior parte erano già annotate in fase di sceneggiatura. Poi abbiamo scelto la musica ambient di Murcof (produttore messicano, nda) per fare da collante tra le scene, un tappeto di droni che serviva a poggiare la struttura geografica e il movimento dei personaggi».

Lascia un Commento

Volete vedere Deadpool 2? Hot Corn vi invita a una serata esclusiva

Rambo 5: Sylvester Stallone si occuperà anche della regia