PARIGI – Il suo film precedente, Liberté con Helmut Berger, non era mai arrivato in Italia, proprio come i suoi primi cinque lavori. Fortunatamente però dopo il felice passaggio a Cannes dell’anno scorso e la vittoria di due César, arriva ora al cinema Pacifiction, nuova opera firmata dal regista catalano Albert Serra i Juanola, classe 1975, nato e Banyoles, vicino Girona, in Catalogna. Un film diverso, potente e visivamente abbagliante (ve ne abbiamo parlato qui) ambientato in Polinesia e costruito su un gigantesco Benoît Magimel – vincitore del César come miglior attore – nel ruolo dell’ambiguo De Roller, l’Haut-Commissaire rappresentante dello Stato francese a Tahiti. Qui Serra racconta la genesi di un film davvero unico.
IL FILM – «Il progetto iniziale per Pacifiction era un film che si svolgeva in Francia. Non volevo però filmare Parigi, la banalità della Francia borghese e metropolitana, volevo qualcosa di diverso, volevo andare lontano. Perché non la Francia d’oltremare? Così ho cominciato a scrivere una sceneggiatura ispirandomi alle memorie di Tarita Tériipaia, che per dieci anni fu la moglie di Marlon Brando. Si erano conosciuti nel 1962 sul set de L’ammutinamento del Bounty. In quella biografia, che si chiama Marlon Brando. Il mio amore, la mia ferita (in Italia pubblicato da Giunti nel 2005, nda) Tarita racconta della sua vita con l’attore, ma non solo, anche della sua infanzia in cui evidenzia la purezza della sua Papeete e la presenza, a volte nociva, degli occidentali. Da una parte il paradiso, dall’altra l’arrivo di una troupe di Hollywood. Questo rapporto tra paradiso sognato e corruzione reale mi è parso molto stimolante. E da lì sono partito…».
IO & BENOIT – «Ho incontrato Benoît Magimel a Cannes quattro anni fa, era lì per Un’estate con Sofia di Rebecca Zlotowski. Mentre parlavamo ho subito notato in lui la capacità di essere al tempo stesso naturale e artificiale. Avevo bisogno di un attore così per interpretare il personaggio principale di De Roller, perché volevo seguirlo, aderire ad ogni suo pensiero, sapere tutto quello che pensava ma senza saperne troppo. Volevo che lo spettatore vedesse le cose attraverso i suoi occhi. Accade una cosa simile in Chinatown di Roman Polanski: l’investigatore J.J. Gittes interpretato da Jack Nicholson è presente in ogni scena e lo spettatore scopre le cose insieme a lui perché ha le stesse informazioni del personaggio. Ecco, in Pacifiction è la stessa cosa: lo spettatore è sempre con De Roller – il personaggio di Benoît – e condivide in tempo reale questa paranoia che lui, pur mostrando una compostezza incrollabile, si trascina dietro ovunque vada…».
I RIFERIMENTI – «Per il personaggio di De Roller ho pensato ad un personaggio de La Certosa di Parma di Stendhal: il conte Mosca della Rovere Sorezana, ministro della guerra del principe di Parma Ernesto IV. Una creatura un po’ cinica, un politico che ha sempre a che fare con l’ambiguità della manipolazione. De Roller era così all’inizio: manipolatore e cinico. Alla fine lo è meno, perché tutto rimane poco chiaro. Durante le riprese, ho pensato anche a film degli anni Settanta o dei primi anni Ottanta come Perché un assassinio di Alan J. Pakula o Alla maniera di Cutter di Ivan Passer: pellicole sulla paranoia, sulla fine di un sogno, sulla perdita del controllo. De Roller è questo. Non riesce a gestire tutto, teme che i suoi superiori possano metterlo da parte, sembra convinto di essere fatto fuori. Immagina che le cose siano decise in sfere di potere alte, in luoghi segreti e nascosti, mentre in realtà tutto si riduce a cose piuttosto elementari».
IL CINEMA – «Penso che i film contemporanei che vediamo – non tutti, ma la maggior parte – tendano ad essere davvero troppo esplicativi e didattici. Mi sembra si rivolgano a dei bambini a cui bisogna spiegare tutto e indicare ogni cosa che stanno vedendo. Credo sia un fenomeno che derivi dalle serie, dai team di scrittura che lavorano a partire da una sceneggiatura iniziale che viene analizzata, riscritta e seguita passo per passo, punto dopo punto. L’esatto contrario di ciò che cerco: io voglio la pura creazione, voglio il rischio di chi fa un salto senza sapere in anticipo cosa farà dopo e dove cadrà…».
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