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A Qualcuno Piace Caldo | Jack Lemmon, Marilyn Monroe e la storia del classico di Billy Wilder

La lavorazione, Tony Curtis, il trucco verdastro e quella celebre battuta. Riscoprire una leggenda

Tony Curtis, Marilyn Monroe, Jack Lemmon e il cuore di A qualcuno piace caldo, un film di Billy Wilder del 1959
Tony Curtis, Marilyn Monroe, Jack Lemmon e il cuore di A qualcuno piace caldo, un film di Billy Wilder del 1959

ROMA – Scomparve di polmonite Billy Wilder, il 27 marzo 2002, alla veneranda età di 96 anni. Con lui 7 Oscar vinti, venticinque film realizzati, oltre settanta sceneggiature scritte lungo la sua cinquantennale carriera caratterizzata di genio creativo, umorismo lubitschiano, ironia. Quella l’accompagnò letteralmente nella tomba. Perché se andate a trovare Wilder al Westwood Village Memorial Park Cemetery di Los Angeles, magari a lasciargli un fiore o più semplicemente per ringraziarlo, leggerete un epitaffio che in qualche modo ne racchiude l’essenza: «Sono uno scrittore, ma dopotutto, nessuno è perfetto». Una frase niente affatto casuale. Una citazione, di una delle sue opere migliori: A qualcuno piace caldo del 1959, un capolavoro. Uno dei tanti voi direte. E d’altronde non può che essere così per un autore che nel proprio opus filmico annovera opere come La Fiamma del Peccato, Giorni Perduti, Scandalo Internazionale, L’Appartamento, Irma La Dolce, e tanti altri.

«Beh, nessuno è perfetto!»
«Beh, nessuno è perfetto!»

Ovviamente il rimando è a quell’ultima battuta del film. Quel «Beh, nessuno è perfetto!» dai calcolati tempi comici pronunciato in modo secco, ironico e giocoso – e quindi wilderiano – da un caparbio Osgood (Joe E. Brown) nei confronti di uno sconfortato e rassegnato Jerry (Jack Lemmon) che proprio non sa più cosa inventarsi per rompere il fidanzamento con il poco arrendevole miliardario. Quella battuta, in un modo o nell’altro, catapultò A qualcuno piace caldo in una dimensione altra. Di per sé parliamo di un’opera magistrale. Solo Wilder tra gli autori della sua generazione avrebbe potuto raccontare l’America violenta e selvaggia del Proibizionismo per mezzo di una narrazione di comicità purissima fatta crescere e vivere in un impianto narrativo dolce e armonico da commedia d’equivoci. E solo Wilder – aggiungiamo – avrebbe potuto raccontarla dal punto di vista di due musicisti squattrinati ritrovatisi, loro malgrado, nel mezzo di una retata.

Tony Curtis e Jack Lemmon in un momento di A qualcuno piace caldo
Tony Curtis e Jack Lemmon in un momento di A qualcuno piace caldo

Ma, anche qui, non una retata qualunque, ma una retata in uno speakeasy nel retro di un onoranze funebri dove il Commissario di Polizia, in incognito, anziché bersi un whisky sceglie un caffè (e già questo avrebbe dovuto far allarmare i presenti nda) per poi chiedere al cameriere il conto prima che si verifichi l’imponderabile, ovvero: incastrare gli uomini di Piccolo Napoleone (Nehemiah Persoff). Ora, se Wilder si fosse fermato qui, parleremmo oggi di A qualcuno piace caldo come di una rielaborazione comune – seppur ironica e avvincente – di un mob movie in un gioco di guardie e ladri. L’ingegno, però, sta nel come la cinepresa va a zoomare sui due musicisti, i Joe e Jerry dell’irresistibile coppia Tony Curtis e Jack Lemmon. Affidando a loro la coscienza del racconto, A qualcuno piace caldo (lo trovate su Prime Video) cambia marcia e diventa un altro film.

Marilyn Monroe nel climax del film
Marilyn Monroe nel climax del film

E quindi la retata (finalmente!), il magistrale omaggio alla Strage di San Valentino, e infine quell’innalzare la posta in gioco come solo Wilder e il fido I.A.L. Diamond avrebbero potuto fare: con grazia artistica, intuito e ironia. Al punto che solo vestendo i panni di Josephine e Daphne i poveri Joe e Jerry possono riuscire a scamparla dall’orda omicida degli uomini di Piccolo Napoleone. In quel momento A qualcuno piace caldo cambia pelle, ancora una volta, lasciando sottotraccia l’anima gangster – quasi disattivandola per larga parte del secondo e terzo atto – per diventare una commedia brillante e romantica sul mettersi nei panni dell’altro – in questo caso in quelli di una donna – e su di esso giocare su stereotipi, doppi sensi e luoghi comuni, vizi e virtù, passione e desiderio, e tutto ciò che ruota intorno all’eterna incomunicabilità tra uomo e donna.

A qualcuno piace caldo di Billy Wilder fu distribuito nei cinema statunitensi il 19 marzo 1959
A qualcuno piace caldo di Billy Wilder fu distribuito nei cinema statunitensi il 19 marzo 1959

Ma sempre alla maniera di Wilder, ovvero aggiungere a un duo irresistibile quella Zucchero Candito Kandinsky, cantante e suonatrice di ukulele, radiosa e bellissima, con una fiaschetta sempre pronta all’uso nella giarrettiera e che proprio non sa resistere al fascino dei sassofonisti, che solo l’animo puro di un’attrice come Marilyn Monroe avrebbe potuto portare in scena in quel modo. E poi – appunto – la battuta di chiusura, la quintessenza delle punchline, capace di elevare A qualcuno piace caldo a capolavoro vero e che per certi versi sembra quasi chiudere la narrazione proprio sul più bello, come se, a modo loro, le vicende di Joe/Josephine, Jerry/Daphne e Zucchero e Osgood continuino a cineprese spente, dietro il nero dei titoli di coda. Che ci crediate o meno, però, arrivò unicamente per volere del caso.

I miliardari della Florida pronti "ad accogliere" Josephine, Daphne e Zucchero
I miliardari della Florida pronti “ad accogliere” Josephine, Daphne e Zucchero

In origine, infatti, «Beh, nessuno è perfetto!» non era mai stata pensata per essere inserita nello script definitivo. Wilder e Diamond la misero lì, provvisoriamente, come segnaposto, in attesa che arrivassero soluzioni migliori, Ma più andavano avanti affinando lo script di A qualcuno piace caldo, più appariva perfetta lì dov’era. L’ultima linea dialogica di un processo di gestazione lunghissimo di quasi un anno che vide Wilder e Diamond trarre ispirazione dallo script di Robert Thoeren e Michael Logan per Su con la vita!. Un film del 1935 di Richard Pottier su due musicisti disoccupati che si travestono da donne per unirsi ad un’orchestra tutta al femminile diretta in Costa Azzurra. Saltò fuori, però, che lo script di Su con la vita! risultava essere disperso. L’executive Walter Mirisch, allora, fece carte false pur di ottenere i diritti del remake tedesco: Fanfares of Love del 1955 di Kurt Hoffmann dalla trama pressoché identica.

Not Tonight Josephine era il titolo di lavorazione di A qualcuno piace caldo
Not Tonight Josephine era il titolo di lavorazione di A qualcuno piace caldo

A Wilder e Diamond bastò semplicemente aggiungere la sottotrama gangster, in modo da discostarsi a sufficienza dal concept. Semplice a dirsi, perché ci volle quasi un anno prima che i due capissero come renderlo al meglio su carta. Tanto che in origine, A qualcuno piace caldo – all’epoca intitolato provvisoriamente Not Tonight Josephine – si sarebbe dovuto ambientare nella contemporaneità degli anni Cinquanta, di certo non durante l’età del jazz. Dalla sua, però, Diamond credeva che un’ambientazione storica avrebbe permesso al pubblico accettare meglio l’imitazione femminile. Gli fece eco Wilder che scelse proprio i ruggenti anni Venti così da inserire gangster e omicidi come perfetta base narrativa. Non andrà esattamente così. Ad un primo test screening il film fu accolto da sonori fischi. La cosa non scompose minimamente Wilder: «È un film molto divertente e ci credo così com’è. Forse è semplicemente il quartiere sbagliato in cui averlo proiettato».

Tony Curtis e Marilyn Monroe in un momento di A qualcuno piace caldo
Tony Curtis e Marilyn Monroe in un momento del film

Ad un secondo, infatti, tenutosi alla sezione Westwood di Los Angeles, A qualcuno piace caldo venne apprezzato a dismisura dal pubblico. Merito anche dell’alchimia scenica della coppia Curtis-Lemmon – che andrà poi a ripetersi ne La grande corsa di Blake Edwards del 1965 – che in origine sarebbe potuta essere composta da ben altri elementi: Danny Kaye, Jerry Lewis, Bob Hope e non ultimo Frank Sinatra che perse l’opportunità di vestire i panni di Jerry perché semplicemente diede buca a Wilder al pranzo in cui gli avrebbe offerto il ruolo nel film. Quel ruolo andò poi a Lemmon, al tempo sotto contratto con la Columbia Pictures, a cui bastò una stretta di mano e un accordo verbale per garantire la sua presenza nel film. Nessun dubbio, invece, per Curtis che Wilder ritenne la prima e unica scelta per il ruolo di Joe, sotto benestare della United Artists.

«Non voglio interpretare qualcuno che non può dire a Daphne e Josephine che sono davvero uomini vestiti da drag» (Marilyn Monroe)
«Non voglio interpretare qualcuno che non può dire a Daphne e Josephine che sono davvero uomini vestiti da drag» (Marilyn Monroe)

La stessa, avrebbe voluto un altro attore di primissima fascia accanto a lui per il ruolo di Jerry. Non Wilder però, che in testa aveva in mente solo e soltanto Lemmon. La differenza la fece il casting di quella Monroe in totale ascesa tra Niagara, Come sposare un milionario – ma soprattutto il wilderiano Quando la moglie è in vacanza – anziché di Mitzi Gaynor nel ruolo di Zucchero. Un ruolo inizialmente mal digerito da lei: «Non voglio interpretare qualcuno che non può dire a Daphne e Josephine che sono davvero uomini vestiti da drag», che poi è la ragione per cui A qualcuno piace caldo dovette essere girato necessariamente in bianco-e-nero. Nonostante la prima volta sul set come Daphne e Josephine riscosse successo ai Goldwyn Studios – al punto che, entrati nel bagno delle donne, Lemmon e Curtis passarono inosservati – lo stesso non poté dirsi durante le riprese.

La coppia Tony Curtis-Jack Lemmon tornerà in La Grande Corsa di Blake Edwards del 1965
La coppia Tony Curtis-Jack Lemmon tornerà in La Grande Corsa di Blake Edwards del 1965

Davanti la cinepresa, infatti, il trucco addosso ai volti di Lemmon e Curtis diede loro una sfumatura verdastra che avrebbe reso l’intera illusione scenica di A qualcuno piace caldo – e annessa sospensione della credulità tipica del (grande) cinema – poco credibile. Un’esperienza, in ogni caso, poco piacevole per Curtis, che per la prima scena prevista dal piano di lavorazione come Josephine ebbe un attacco di panico. Tanto che Lemmon dovette prenderlo per mano e trascinarlo letteralmente fuori dal suo camerino. Il suo disagio finì con l’irrigidirlo sul set, come Josephine, mostrandocelo sempre teso, quasi spaventato, eppure abilmente camuffato dal talento come pudore e timidezza. Gli strascichi di quella lavorazione, Curtis se li portò dietro per anni, tanto da dover andare in terapia quattro volte a settimana tutte le settimane dall’uscita del film. Lo stesso non poteva dirsi per Lemmon, sciolto, felice, completamente disinibito nei panni di Daphne.

La scena cult della prova a bordo del treno
La scena cult della prova a bordo del treno

Su ammissione dello stesso Curtis: «Ogni volta che diventava Daphne, usciva dal camerino urlando come fosse la Regina di Maggio!». Non ultimo, A qualcuno piace caldo divenne celebre (purtroppo) per quella che fu l’esperienza sul set della Monroe, costantemente in ritardo e mai in grado di memorizzare una battuta che fosse una, tanto che certe scene dovettero essere ripetute fino a trentacinque/quaranta volte. Il motivo di questo disagio – andato poi ad acuirsi sino al punto di rottura sul set de Gli Spostati di John Huston del 1961 – era la dipendenza da psicofarmaci unita alla presenza tossica e massiccia della sua insegnante di recitazione, Paula Strasberg, e del marito, lo scrittore Arthur Miller. Entrambi fecero di tutto per influenzare la lavorazione. Tutte piccole cose, al tempo accolte come eccentricità, che in realtà non diedero minimamente fastidio a Lemmon.

«Ogni volta che diventava Daphne, usciva dal camerino urlando come fosse la Regina di Maggio!» (Tony Curtis su Jack Lemmon)
«Ogni volta che diventava Daphne, usciva dal camerino urlando come fosse la Regina di Maggio!» (Tony Curtis su Jack Lemmon)

«Magari non sarà stata la più grande attrice, cantante o comica, sapeva di essere limitata, ma sapeva dannatamente bene cos’era giusto per lei. Non aveva intenzione di fare nient’altro. Ha portato sullo schermo più doni di chiunque avessi mai conosciuto, con il suo talento» disse al riguardo Lemmon anni dopo. Non dello stesso avviso Wilder, che durante la lavorazione di A qualcuno piace caldo, in realtà, con la sua solita ironia – qui un po’ più tagliente del solito – si espresse così: «Eravamo a metà volo e c’era già un pazzo sull’aereo» per via dei suoi comportamenti non professionali. Tanto da non arrivare a invitarla alla cena di fine lavorazione a casa sua. E la cosa andò avanti per un po’, anche dopo quel 19 marzo 1959 che vide la pellicola arrivare nelle sale statunitensi, con commenti poco lusinghieri.

Nei cinema italiani il film fu distribuito il 16 settembre 1959
Nei cinema italiani il film fu distribuito il 16 settembre 1959

In un’intervista, in particolare, Wilder rispose così alla domanda di un giornalista che gli chiese se avesse voluto nuovamente lavorare con lei in un terzo film: «Ne ho discusso con il mio medico e il mio psichiatra e mi hanno detto che sono troppo vecchio e troppo ricco per affrontare di nuovo tutto questo. Chiederei a mia zia Minnie a recitare al posto suo, sarebbe sempre puntuale e non interromperebbe mai la produzione, ma chi pagherebbe per vedere mia zia Minnie?». Quella fu l’ultima volta, però, che Wilder si espresse in questi termini verso la Monroe. Si ricredette dopo aver visto Gli Spostati, tanto da ritenerla la prima (e unica) scelta per il ruolo da protagonista di Irma la dolce, ma quel punto fu la vita, purtroppo, a mettersi in mezzo. La parte andò poi a Shirley MacLaine che la resa leggenda, ma quella è tutta un’altra storia…

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Qui sotto potete vedere il trailer del film 

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