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7 Prisioneiros | Lo sguardo di Alexandre Moratto e la durezza di un film necessario

L’opera (disponibile su Netflix) testimonia con forza un vergognoso fenomeno dei nostri tempi

7 Prisioneiros
7 Prisioneiros

MILANO – Dopo la presentazione a Venezia 77 nella sezione Orizzonti Extra, Netflix ha scelto di distribuire (a ragion veduta…) 7 Prisioneiros, il secondo lungometraggio del regista brasiliano Alexandre Moratto, già selezionato come candidato brasiliano agli Oscar al suo primo film, Socrates. Con queste premesse erano alte le aspettative su quest’opera seconda, e possiamo serenamente scrivere che le attese non sono state deluse. La storia? Mateus (Christian Malheiros) è un ragazzo diciottenne che vive con la famiglia in periferia, ma al quale viene offerta l’opportunità di raggiungere São Paulo, con la promessa di un lavoro stabile e ben remunerato. Separatosi dai suoi cari insieme ad altri giovani malcapitati, si troverà in realtà invischiato in una situazione di prigionia e sfruttamento lavorativo da parte del gretto boss Luca (un super efficace Rodrigo Santoro) all’interno di una discarica.

Christian Malheiros in 7 Prisioneiros
Christian Malheiros in 7 Prisioneiros

A seguito di vari tentativi di fuga non andati a buon fine, capirà che solo l’intelligenza e la ricerca di complicità con l’inquietante villain potranno salvarlo da un triste destino. Mateus non sa però ancora cosa si celi realmente dietro la misteriosa ricchezza economica di Luca: la penosa e dilagante piaga del commercio di vite umane. Dunque, ve lo diciamo subito: la visione di 7 Prisioneiros non è una visione facile, ma non per questo deve essere liquidata come meno necessaria. Il film è un coming-of-age tenuto in piedi da una forte tensione di natura morale, che lo stesso spettatore si trova a condividere con il protagonista.

7 Prisioneiros
Rodrigo Santoro e Christian Malheiros

È sempre interessante quando al cinema non ci sia spazio per distinzioni manichee tra buoni e cattivi, tra vittime e carnefici, e in 7 Prisioneiros accade questo. Si entra con tale efficacia nei punti di vista di Mateus e Luca che, se magari non si riesce a giustificare la condotta disdicevole dei personaggi, perlomeno la si comprende e ci si interroga su cosa si sarebbe fatto al loro posto. C’è qui un oppresso che vive il dilemma morale dell’elevarsi o diventare egli stesso un oppressore, come desiderio di rivalsa rispetto al triste destino subito. Ma la vera pugnalata che giunge allo spettatore è l’impressione che forse i personaggi non abbiano neanche l’effettiva possibilità di scegliere il loro destino e siano anzi condannati a perpetuare inesorabilmente il male.

Una scena del film

La visione non indolore dell’opera guadagna inoltre forza e spessore nel dare testimonianza di un vergognoso fenomeno dei nostri tempi (purtroppo non circoscritto alla realtà brasiliana), sul quale abbiamo forse troppo spesso chiuso gli occhi, perché sconcertati della sua esistenza. Ogni qualvolta infatti una situazione politico-economica perde in stabilità, vi è un ingiusto contraltare umano, di cui son vittime soprattutto le comunità più povere, facilmente asservite a nuovi padroni. Il regista Alexandre Moratto ha voluto fare un film dalla parte di queste comunità, dopo aver lavorato per quattro anni con soggetti provenienti da queste realtà degradanti: ha voluto dar voce a chi non la ha. E quando un colosso come Netflix decide di dar spazio al cinema d’autore e ad opere più scomode come 7 Prisioneiros, la comunità cinefila ha solo che da festeggiare.

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Qui il trailer originale del film:

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