ROMA – No, il male non sarebbe eterno senza un piccolo aiuto. In questa mostruosa rilettura moderna del romanzo Dracula di Bram Stoker, Renfield – il tormentato aiutante del boss più narcisista della storia, Dracula – è costretto a procurare le vittime al suo padrone e ad eseguire ogni suo ordine. Per quanto spregevole, ovvio. Adesso però, dopo secoli di servitù, Renfield è pronto a scoprire se c’è una vita al di fuori dell’ombra del Principe delle Tenebre, se solo riuscisse a capire come porre fine alla sua dipendenza da lui. Parte da qui Renfield di Chris McKay, ora al cinema, un film assurdo e geniale che vive di una miscellanea formidabile di risate, epicità e tanto cinema. A partire proprio dall’intuizione narrativa alla base dello script firmato Ryan Ridley che ha un punto di forza in un enorme Nicolas Cage che, si sa, noi qui a Hot Corn amiamo da sempre.

Perché Renfield, prodotto dai fondatori di Skybound Entertainment – ovvero Robert Kirkman e David Alpert – e da Giant Wildcat, è stato concepito da McKay (attenzione) come il sequel diretto di Dracula, il cult che Tod Browning firmò nel lontano 1931: «Immagino che si possa sostenere che La figlia di Dracula sia un sequel perché la scena di apertura è la conseguenza del film di Tod Browning, ma Bela Lugosi non c’è, quindi è un insieme completamente diverso di personaggi. Ho pensato che il film fosse fantastico, molto selvaggio, ma per me questo è l’unico vero sequel diretto con Dracula e Renfield di quel film…». Suggestioni artistiche rese dati di fatto da un commuovente bricolage narrativo a cavallo tra tradizione e innovazione che ha permesso di accreditare post-mortem nel cast anche Helen Chandler (l’attrice che interpretava Mina Seward, morta nel 1965) ed Edward Van Sloan (Van Helsing, scomparso nel 1964) attraverso sequenze del predecessore come digressioni temporali.

Accanto a loro, ecco l’usato sicuro, Nicholas Hoult, quei Awkwafina, Ben Schwartz e Adrian Martinez autentici mattatori contemporanei della risata e Shohren Aghdashloo. Ma – soprattutto – l’immortale Nicolas Cage la cui magnifica-e-magnetica presenza scenica nei panni del Principe delle Tenebre, arricchisce di senso e di ulteriore sapore cinefilo Renfield. E non solo perché è la seconda volta che Cage veste i panni di un vampiro a trentacinque anni di distanza da quella fucina di meme di Stress da vampiro, ma perché Cage – nato Coppola – come ben sapete è nipote del leggendario Francis Ford che, non meno di trentuno anni fa, diresse proprio quel Dracula di Bram Stoker dal sapore gotico-romantico con Gary Oldman nei panni del Principe delle Tenebre.

In ogni caso un ruolo – quello di Dracula – da lui amato e rincorso da tutta una vita, tanto da metterci la faccia e i capitali come produttore di un altro film, L’ombra del vampiro, che, nel 2000 rievocava la lavorazione di Nosferatu – Il vampiro di Friedrich Wilhelm Murnau e giocava di suggestioni tra storia vera e mito intorno all’aura caratteriale di Max Schreck (un grandioso Willem Dafoe). Un Cage magistrale, tanto da far esprimere simili parole allo stesso McKay: «Ha tutto ciò che cerchi quando ingaggi una grande star. La chimica con gli altri attori, la chimica con la cinepresa, è semplicemente una gioia lavorare con lui e poi ha questo incredibile entusiasmo per il cinema, per la creazione del personaggio». E in effetti è proprio Cage la principale attrattiva di Renfield: pazzesco, sorprendente, straripante, cattivissimo, spaventoso.

Denti aguzzi, urla demoniche, occhi spiritati. Il Dracula di Cage è la sorpresa nella sorpresa nel suo essere un demone infernale inarrestabile, machiavellico e manipolatore. Un casting perfetto reso grande da un Cage ispiratissimo che, sotto la guida sapiente di McKay, non si lascia mai sopraffare dal suo mix irresistibile di mimica iper-espressiva e overacting. Il risultato? Costringere chiunque si trovi a dividere la scena con lui a rincorrerlo nella sua recitazione consumata di intensità pura, poche parole e sguardi che fanno la storia del cinema. La verità? Cage e il suo meraviglioso Dracula avrebbero però meritato ben altro film di Renfield, e questo pur partendo da un concept intelligente nel suo taglio sociale che racconta di PTSD, dipendenza, manipolazione e tossicità.

Purtroppo è il resto in Renfield a soffrire tremendamente. L’intera componente crime/action dello script di Ridley, seppur ben orchestrata e sostenuta registicamente da McKay nei suoi toni fumettosi – bella di per sé l’idea di Renfield/Hoult che cerca redenzione usando i suoi doni malevoli al servizio del bene – non funziona del tutto nel modo in cui cresce e si sviluppa, risultando stantia, forzata, o comunque fuori fuoco, specie in relazione al magnifico e orrorifico Cage. E alla fine rischia perfino di dissipare la carica comica di un grande cast di supporto non opportunamente valorizzato. Insomma non convince del tutto Renfield, ma con un Cage così, degno dei tempi d’oro, qualsiasi ingenuità è perdonabile…
- HOT CORN PICKS | Il meglio del meglio di Nicolas Cage
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- VIDEO | Qui sotto potete vedere il trailer del film:
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