MILANO – L’oggetto è riposto in un angolo, dentro una teca. Sopra un cuscino rosso, riposa un orologio con un cinturino di tessuto segnato dall’uso e dagli anni. Il quadrante, piuttosto piccolo, racconta di un tempo che non c’è più e che appare ormai lontanissimo. Questa storia comincia esattamente da qui, da un piccolo oggetto di culto appartenuto a Marilyn Monroe e acquistato, poco meno di un anno fa ad un asta, da Lorenzo Riva, CEO e Presidente di LR Wonder Company, marchio di cosmetici italiano ispirato alla fabbrica dei sogni per eccellenza: Hollywood. «Sono riuscito ad acquistare l’orologio ad un’asta da Christie’s», spiega, «è uno dei suoi ultimi oggetti che ho comperato. Lo avevo notato in alcune vecchie fotografie, ma non credevo fosse ancora in vendita. Quando l’ho saputo, non ci potevo credere. Così mi sono lanciato, ci ho provato ed è andata bene…».

Una delle fotografie in cui si vede Marilyn con quell’orologio venne scattata da David Cicero che immortalò l’attrice sdraiata su un prato a leggere Foglie d’erba di Walt Whitman. Uno scatto che fece epoca. «Quasi casualmente però l’orologio in questo caso è diventato il tramite per qualcos’altro di più grande», prosegue Riva, «perché proprio grazie a questo oggetto, entro in contatto con Black Rock, fondo americano che detiene i diritti di Marilyn. Parliamo con loro, capiamo cosa possiamo fare. Da lì nasce l’idea di acquisirne i diritti per l’Italia». Il sogno comincia a diventare concreto, alle telefonate seguono contratti e contatti, e un’icona del Novecento diventa un brand, tanto che Riva e la sua LR Wonder Company lanciano ora il marchio di cosmetici con il marchio Marilyn Monroe TM .

Ma una grande passione comporta anche una grande responsabilità, per citare Ben Parker, lo zio di Peter alias Spider-Man, e Riva lo sa bene: «Una grande responsabilità, esatto, perché l’ultima cosa che volevo fare era una cosa cheap, non volevo svilire Marilyn e il suo fascino eterno», precisa lui, «infatti sui singoli prodotti non c’è il volto, ma la sua firma. Come fosse un marchio. L’idea è creare un oggetto di culto, qualcosa bello da possedere, oltre che da usare». Non contento, Riva ha anche voluto aggiungere un piccolo dettaglio, un riferimento che potranno capire solo gli intenditori e gli amanti di MM: per posizionare i prodotti nei negozi, ha voluto costruire un cartonato che ricalca l’architettura di un luogo tanto caro a Marilyn: «Il Roosevelt Hotel. Lo so, potrà sembrare esagerato, invece è una sorta di firma, per far capire che non vogliamo sfruttare, ma celebrare. E chissà che magari qualcuno più giovane non scopra Marilyn proprio grazie ai prodotti LR Wonder, no? È bello anche solo pensarlo…».

Una suggestione che ha (molto) senso e che arriva a oltre cinquantotto anni dalla morte di Marilyn e che ricorda ancora una volta – se davvero servisse – non solo l’attualità del mito, ma anche della donna dietro al mito: «Perché sono affascinato dalla figura di Marilyn?», riflette Riva, «perché è una figura senza precedenti, una donna immersa nello spirito del suo tempo capace di unire la sicurezza della femminilità a un femminismo sui generis in anticipo su tutto». Oltre all’orologio, Riva si è aggiudicato altri oggetti di Marilyn, vedi la chiave gigante degli studi della Warner Bros conferitole durante una premiazione, ma tra i cimeli figurano anche un autografo di un altro mito come Montgomery Clift e la macchina usata da Leonardo DiCaprio in The Wolf of Wall Street. Pezzi di mito, oggetti che non sono semplici oggetti ma sottendono uno stato mentale. «Il cinema è mito, meraviglia, non a caso uno dei miei film preferiti è Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato».

Adesso che la trattativa per la licenza d’uso è conclusa, Riva si coccola il suo mito, ricorda il suo film preferito (Gli uomini preferiscono le bionde, probabilmente) e le visioni di vecchi film che però non invecchiano. Ma mentre si entusiasma a un altro pensiero di brand («Elvis? E perché no?») riflette anche su un altro aspetto: tutti dovrebbero ricordare Marilyn non solo per la bellezza e lo stile, ma anche per altro, perché – ancora una volta in grande anticipo sui tempi – rifiutò regole sbagliate quando un movimento come il Black Lives Matter era lontano anni luce da venire e gli afroamericani erano considerati cittadini di serie B che nei locali dovevano entrare da porte laterali oppure non potevano entrare affatto.

«Ecco, per chiudere ci tengo proprio a ricordare un aneddoto forse poco conosciuto», conclude Riva, «che credo serva per capire quanto fosse all’avanguardia Marilyn, per capire come fosse contro le regole sbagliate dell’America di allora e non temesse di ribellarsi: al Mocambo di Hollywood, negli anni Cinquanta, non potevano entrare gli artisti afroamericani e ovviamente nemmeno suonare, ma lei un giorno decise di chiamare il proprietario per dirgli che sarebbe andata e si sarebbe seduta nel suo locale solo se avesse fatto entrare la sua grande amica Ella Fitzgerald. E così fu. Ecco chi era Marilyn Monroe…».
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