ROMA – Ci risiamo. Venezia include i film in streaming e rimonta la polemica. È giusto o no, inserire nel programma ufficiale – per di più In Concorso – opere firmate Netflix o Amazon, con uscite limitate prima di una distribuzione effettiva sulle piattaforme? Per l’Unione Internazionale dei Cinema (che rappresenta le associazioni, tra cui l’ANEC e l’ANEM, e i principali circuiti di sale cinematografiche di 38 Paesi europei), assolutamente no. Così, Venezia, si ritrova nuovamente sotto il fuoco degli esercenti, ad un anno dal passaggio (trionfale) di Alfonso Cuarón e del suo Roma, capace di arrivare fino all’Oscar.

E la domanda, quindi, sorge spontanea: il cinema è solo quello proiettato sul grande schermo? No. O almeno, non solo. Perché c’è tanto cinema anche nelle migliori serie tv o in un film prodotto e destinato a Netflix o Amazon, anche se il prodotto non arriva nelle canoniche sale. Lo testimonia la qualità di Roma, lo sarà probabilmente The Irishman di Martin Scorsese. Calcolando poi che sempre più registi e autori enormi, stanno alternando produzioni cinematografiche a quelle “via web”.

Ma è pur lecita la polemica sorta nuovamente quando sono stati annunciati in Concorso Marriage Story di Noah Baumbach (nel cast Scarlett Johansson e Adam Driver) e The Laundromat di Steven Soderbergh (con Meryl Streep e Gary Oldman), entrambi targati Netflix. Considerando anche The King di David Michôd (altri grandi nomi, Timothée Chalamet e Robert Pattinson), sempre Netflix, e Seberg di Benedict Andrews (e c’è Kristen Stewart), di Amazon, che sono presenti a Venezia nella sezione Fuori Concorso. Dal canto loro, le sale sottolineano l’importanza (sacrosanta) dei circuiti, e di un cinema studiato per il grande schermo, soprattutto quello che passa dietro la vetrina del più antico festival di cinema al mondo.

Allora, secondo il comunicato stampa rilasciato da UNIC, a margine della line-up di Venezia, si sottolinea che “L’esercizio cinematografico, da sempre al fianco e a sostegno dei festival cinematografici e dei premi di settore, crede fermamente che chi organizza tali eventi debba celebrare e sostenere la rilevanza sociale, culturale ed economica delle sale cinematografiche, assumendosi la responsabilità della diversità e dell’accessibilità delle opere selezionate”.

Dunque, la domanda è la solita: chi ha ragione? Le sale, i colossi di streaming o la Mostra di Venezia? Come sempre, anche la risposta è scontata. Perché la verità, in un mercato fatto di repentini cambiamenti, è in equilibrio: il futuro, che piaccia o no, ha intrapreso un certo percorso, allargando a dismisura i confini di due elementi fondamentali: il cinema, in senso puramente artistico, e la distribuzione, che non è più quella concepita esclusivamente per le sale . E non c’è associazione o abbonamento che tengano, nel mercato, il pubblico, è l’unico arbitro di una partita appena cominciata.
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