ROMA – L’articolo 112 del disegno di legge (DDL) di Bilancio 2025 introduce nuove regole di controllo che sembrano colpire in modo diretto le società di produzione cinematografiche indipendenti. Queste realtà, che si affidano storicamente ai contributi pubblici per finanziare la produzione delle opere, risultano primariamente coinvolte da questa normativa. Perché? Perché la norma stabilisce che le società che ricevono contributi pubblici superiori a 100mila euro annui debbano includere obbligatoriamente un rappresentante del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) nei loro organi di vigilanza. Tuttavia, resta da chiarire se tale obbligo si applichi anche alle società che non superano i limiti patrimoniali previsti dall’art. 2477 del Codice Civile.
Secondo l’art. 2477, l’obbligo di nominare un organo di controllo o un revisore legale scatta solo se una società supera uno dei seguenti limiti per due esercizi consecutivi: 1 – Totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 4 milioni di euro. 2 – Ricavi delle vendite e delle prestazioni: 4 milioni di euro. 3 – Numero medio di dipendenti: 20 unità. Dalla lettura preliminare del testo normativo, sembra che la soglia di 100mila euro in contributi possa essere l’unico criterio per l’applicazione della norma, a prescindere dalle dimensioni della società. Il rappresentante del MEF dovrà essere designato entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge e integrato nei collegi sindacali alla prima scadenza naturale successiva. Questo professionista avrà specifiche competenze in materia di controllo contabile e gestione finanziaria, con l’obiettivo di garantire l’indipendenza e l’imparzialità nella verifica dell’uso dei fondi pubblici.
Le sue funzioni? Accesso completo alla documentazione aziendale, partecipazione alle riunioni degli organi sociali e possibilità di richiedere informazioni agli amministratori. In caso di irregolarità, il rappresentante è tenuto a segnalare la situazione al Ministero. Il mancato rispetto della norma comporta conseguenze severe: sospensione dei contributi, esclusione da future erogazioni pubbliche e possibili sanzioni amministrative. Una società che non integra il collegio sindacale nei termini previsti rischia di perdere non solo i contributi già assegnati, ma anche l’accesso a futuri finanziamenti. Questo apre a scenari complessi per le piccole e medie produzioni indipendenti, che dipendono fortemente dai finanziamenti pubblici e che potrebbero trovarsi a gestire obblighi di controllo più stringenti. Le produzioni sono già soggette alla certificazione obbligatoria dei costi, affidata a revisori legali iscritti al MEF, secondo quanto previsto dalla legge 14 novembre 2016, n. 220 e dai decreti del Ministero della Cultura.
Questa certificazione ha l’obiettivo di verificare la corretta destinazione delle spese sostenute, con un controllo accurato ex post. L’introduzione del rappresentante MEF nei collegi sindacali sembra aggiungere un controllo preventivo, sollevando il dubbio sulla reale necessità di un doppio sistema di verifica. Questa duplicazione potrebbe aumentare il carico burocratico per le società, senza fornire reali vantaggi in termini di trasparenza. Inoltre, la nuova norma pone una questione pratica cruciale: la disponibilità e la gestione delle risorse umane necessarie per attuarla. Considerando l’elevato numero di contributi pubblici erogati ogni anno al settore cinematografico, si prevede un fabbisogno significativo di rappresentanti del MEF. Ogni produzione che riceve contributi superiori ai 100.000 euro potrebbe richiedere una nomina specifica, portando a un possibile aumento esponenziale del personale ministeriale dedicato. Data l’importanza e l’impatto delle nuove regole sul settore, è essenziale che il legislatore chiarisca i dettagli della norma.
E quindi? E quindi sarà fondamentale seguire con attenzione l’iter parlamentare del DDL per capire se verranno introdotti chiarimenti interpretativi o deroghe specifiche per le società che già si sottopongono a un rigoroso sistema di certificazione contabile tramite revisori legali iscritti al MEF. Una revisione della norma potrebbe risultare necessaria per evitare un carico amministrativo eccessivo sulle produzioni indipendenti, garantendo al contempo trasparenza e controllo nell’uso dei fondi pubblici, senza penalizzare un settore che si regge in gran parte proprio sui finanziamenti statali.
- INDUSTRY #1 | La BCE, il taglio e l’industria cinematografica
- INDUSTRY #2 | L’Intelligenza Artificiale e i diritti d’immagine
- INDUSTRY #3 | Le nuove regole per la certificazione?
- Articolo tratto da CineFO Insights, Cinema Finance Overview
- INDUSTRY | La nostra sezione invece la trovate qui
Lascia un Commento