ROMA – Disturbi post-traumatici da stress, rabbia, disorientamento e il vitale bisogno di trovare un nuovo eroe. I Marvel Studios, dopo averci mostrato il loro lato più libero e colorato in WandaVision, (ri)tirano fuori dalla sceneggiatura di Malcol Spellman le ombre e le paure che hanno fatto da protagoniste nell’escalation drammatica del MCU, da Captain America: The Winter Soldier a Civil War fino a Avengers: Infinty War. E, fin dalla prima scena della nuova serie original, The Falcon and the Winter Soldier, capiamo che il tempo della leggerezza è finito: Thanos è sconfitto, ma le macerie sono ancora tutte lì, sparse in un mondo che ha perso la bussola e ha perso una certezza. Ovvero quello scudo indistruttibile sotto cui ripararsi.
E proprio dallo scudo di Steve Rogers parte la serie diretta da Kari Skogland: Cap America, alla fine di Endgame, lo aveva ceduto all’amico Sam Wilson/Falcon, ma lui sente di non poterlo ereditare. Lo scudo in vibranio rappresenta Rogers ma in senso metaforico rappresenta anche gli Stati Uniti d’America. Dunque: come può un afroamericano rappresentare una terra che non lo rappresenta nel modo più giusto? Da qui parte The Falcon and the Winter Soldier (sei puntate a cadenza settimanale e in esclusiva su Disney+ dal 19 marzo), una serie che ha il coraggio di prendere di petto politica e società restando legata ai canoni ultrapop dei cinecomic. Il tutto, mentre comprendiamo che anche le battaglie vinte, in fondo, lasciano cicatrici profonde e insanabili.
Se Sam Wilson – ovviamente interpretato ancora da Anthony Mackie – è alle prese con una ricostruzione famigliare e professionale (o almeno ci prova…), dall’altra parte c’è Sebastian Stan che riprende il ruolo di Bucky Burnes aka Winter Soldier, tornato a Brooklyn e consumato dai tormenti. Sta cercando di rimettersi in sesto e, provando a gestire un passato ingombrante, si ritrova al centro dell’azione, formando con Sam una coppia a dir poco esplosiva. Così, il nuovo show del MCU va a giocare con i contrapposti, approfondendo due personaggi emblematici eppure mai protagonisti al cinema, spingendo l’acceleratore sull’action e sulle questioni in sospeso che abbiamo visto sul grande schermo.
Sia Bucky sia Sam devono combattere contro nuovi (e vecchi) nemici ma, soprattutto, contro un presente drasticamente mutato dal fatidico Blip: cinque anni sospesi, in cui la figura dell’eroe è mutata e sdoganata. Niente maschere, ci dissero in Endgame tra lacrime e sussulti, ma solo l’esaltazione assoluta dell’essere umano, capace di sconfiggere il terrore solo grazie all’unione, al coraggio e al sacrificio. E come spesso accade nella narrazione Marvel anche in The Falcon and the Winter Soldier i riferimenti sull’attualità non sono casuali. Anzi, come fu per il “livellatore mondiale” Thanos, qui lo script di Malcol Spellman immagina (e prevede) una realtà frastornata e confusa, che rispecchia gli incubi di una società cristallizzata. Ma che rispecchi anche i sogni e le speranze, quelle aggrappate ad un nuovo eroe invocato come fosse un nuovo, straordinario salvatore.
Qui il trailer di The Falcon and the Winter Soldier:
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