ROMA – Per i nati negli Anni Ottanta era un must: la casacca extra large con il mitico logo dei Mighty Ducks, ovvero una maschera da papero e i bastoni da hockey incrociati. Quella squadra, divenuta famosissima, non faceva parte della National Hockey League, ma era il frutto dell’immaginazione cine-sportiva del regista Stephen Herek, dello sceneggiatore Steve Brill e della Disney che – nel 1992 – fece uscire un cult assoluto, Stoffa da Campioni – The Mighty Ducks (lo trovate su Disney+). Il film fu il primo di un’epica trilogia (nel ’94 uscì Piccoli Grandi Eroi e nel ’96 Ducks – Una Squadra a Tutto Ghiaccio), con al centro le avventure di un gruppo di ragazzi un po’ sfigati – i classici underdog – che trovano riscatto nell’hockey, grazie agli allenamenti del coach Gordon Bombay aka Emilio Estévez .

Così, quasi trent’anni dopo, gli irresistibili paperi sono cresciuti e, in tempo di remake e sequel, eccoli arrivare sul piccolo schermo in Stoffa da Campioni – Cambio di Gioco, serie originale Disney+ in 10 episodi. Ma attenzione, se li avevamo lasciati perdenti e adorabili, li ritroviamo cambiati: sono (ultra) competitivi, arroganti e sì, molto vincenti. Un cambio di rotta che sta tanto nel titolo quanto nella storia, dato che i Mighty Ducks sono dei “villain”, pronti a tagliare fuori dal team chi non è abbastanza bravo. Come nel caso di Evan Morrow (Brady Noon) che, allontanato dalla squadra, decide insieme alla mamma Alex (Lauren Graham) di mettere in piedi una squadra tutta sua, così da sfidare i paperi e sfatare il mito della vittoria a tutti i costi. Ad aiutarli? Ovviamente lui, Gordon Bombay, ovviamente interpretato da Estévez .

In Stoffa da Campioni: Cambio di Gioco il capovolgimento di fronte funziona, e di conseguenza funziona la totale riscrittura del cult Anni Novanta, ma nonostante una netta sterzata lo spirito rimane intatto. Ed è proprio Bombay a tenerlo vivo. Lo (ri)troviamo sconfitto, depresso, vive nel palaghiaccio e mangia le torte avanzate dalle feste di compleanno. Insomma, Bombay è diventato l’underdog per eccellenza, un coach in cerca di riscatto sportivo e, ancora di più, in cerca di riscatto morale. Impossibile resistere ad Emilio Estévez ed impossibile non affezionarsi ai nuovi (e vecchi) protagonisti, metafore perfette di uno sport inclusivo, che non insegue la vittoria ma l’unione, l’amicizia e la passione.
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