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Tra dilemmi morali e vite salvate | Perché tutti stanno parlando di SanPa?

La docu-serie Netflix racconta luci e ombre di Vincenzo Muccioli e della comunità di San Patrignano

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ROMA – Dio aveva i baffi scuri e un portamento imponente. Lo potevi incontrare mentre guidava tra le stradine del suo podere a Coriano, in provincia di Rimini. Dio aveva un nome e un cognome: Vincenzo Muccioli. Un Dio laico che nel 1978 apre la sua porta di casa ad una ragazza con problemi di tossicodipendenza. Nasce così San Patrignano, quella che nel giro di qualche anno sarebbe diventata la più grande comunità terapeutica per tossicodipendenti d’Europa. Gianluca Neri, Carlo Gabardini e Paolo Bernardelli ne hanno raccontato luci e ombre in SanPa, la prima docu-serie originale Netflix diretta da Cosima Spender.

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Vincenzo Muccioli in mensa con gli ospiti della comunità

Un produzione destinata a segnare un prima e un dopo sotto il duplice profilo formale e narrativo. Cinque episodi che ripercorrono le tappe, spesso controverse, che hanno portato Muccioli e la sua comunità sulle prime pagine di tutti i quotidiani nazionali, nelle aule dei tribunali e nei salotti televisivi. Lo fanno attraverso l’intreccio di materiali d’archivio e interviste ad alcuni ex ospiti della Comunità di San Patrignano che ne ripercorrono i primi anni di vita fino al 1995, anno della morte del suo fondatore. In mezzo una fotografia dell’Italia di fine anni Settanta: quella della fine del grandi movimenti sociali e del vuoto di una generazione riempito da un ago che de lì a poco avrebbe dato vita a un esercito di zombie lasciati alla deriva da uno Stato/padre assente.

Vincenzo Muccioli insieme ad alcuni ospiti della comunità

Uno Stato a cui si sostituirà Muccioli – forse per sopperire anche all’assenza, anni prima, del suo di padre – facendo di quella collinetta nel riminese la meta di un pellegrinaggio di anime perse. SanPa, in questi giorni al centro di polemiche nate dalla stessa comunità che accusa i suoi creatori di aver dato vita a un racconto parziale – non cerca però risposte definitive e nette. Non vuole stabile se i metodi (spesso violenti) adottati dalla comunità fossero giusti o sbagliati, se Muccioli fosse o meno un santone in preda a deliri di onnipotenza. SanPa vuole raccontare una storia. Una storia profondamente italiana che affonda le sue radici in un preciso contesto storico e che ha toccato la vita di migliaia di persone. Come sarebbe stata l’Italia senza San Patrignano? Che ne sarebbe stato di un’intera generazione senza Vincenzo Muccioli?

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Un’immagine di SanPa

Quello che ne scaturisce è una complessa duplicità emotiva difficile da dipanare. «Quello che sono, lo sono anche grazie a Vincenzo e a San Patrignano», racconta uno degli ex ospiti, aggiungendo: «Nonostante Vincenzo e San Patrignano». La realtà è materia complessa e i creatori di SanPa lo sanno bene. Inutile provare a cercare di convincere il pubblico. Molto meglio provare che sia quello stesso pubblico a formulare un proprio pensiero ascoltando i racconti di madri disperate che avevano fiducia in un solo uomo al mondo e in chi su quella collina ha trascorso anni e, ancora oggi, fatica a gestire le emozioni contrastanti che quel luogo suscita in loro. La realtà che racconta SanPa è fatta di sfumature, ed è lì che risiede la (propria) verità.

Qui potete vedere il trailer di SanPa:

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