ROMA – La prima parte della stagione conclusiva non ci aveva convinti. Una narrazione caotica che procedeva per accumulo finendo per girare su se stessa. Ma La Casa di Carta 5 Parte 2 ci ha fatti ricredere. Gli ultimi cinque episodi della serie ideata da Álex Pina hanno saputo riportare equilibrio ad una storia che ci sembrava aver perso la bussola. Avevamo lasciato la Banda a fare i conti con la morte di Tokyo (Úrsula Corberó) e Il Professore (Álvaro Morte) in fuga con Alicia Sierra (Najwa Nimri). Li ritroviamo assediati dall’esercito e sconvolti dalla perdita della loro compagna. Ma per loro c’è ancora un obiettivo da portare a termine: trasferire tutto l’oro della Zecca di Stato all’esterno dell’edificio.
Compito per nulla facile se vieni braccato dai militari e parte dei tuoi compagni sono caduti o in preda allo sconforto. E, come sempre, è Il Professore a riportare lucidità all’interno di un gruppo che ha avuto più di un momento di cedimento, personale e collettivo. Quello che funziona di questi cinque episodi conclusivi è la capacità di Álex Pina e del team di sceneggiatori capitanati da Esther Martinez Lobato di dare ai flashback una valenza ancor più forte.
Se fino a questo momento, infatti, il Berlino di Pedro Alonso serviva al racconto per approfondire il suo rapporto con Il Professore e con gli altri membri della Banda o spiegare passaggi chiave nell’ideazione delle rapine, ecco che ne La Casa di Carta 5 Parte 2 ci mostrano le vere motivazioni che hanno portato ad escogitare il furto alla Zecca di Stato e come tutto ha avuto inizio. Berlino così si ritrova ad essere ancora una figura centrale. E non è un caso se Netflix abbia messo in cantiere uno spin-off proprio su questo personaggio, il più complesso, affascinate e profondo della serie.
Ma La Casa di Carta è diventata celebre anche per quel suo mix di azione e risvolti da soap opera che ne hanno decretato il successo. E questa stagione finale non è di certo da meno, tra parentesi ad altro tasso drammatico e un numero imprecisato di proiettili sparati. Quello che negli anni è diventato un fenomeno globale capace di «fare perno sulla stanchezza della gente, sull’esasperazione dell’oppressione da parte del sistema» come ci ha raccontato Enrique Arce (Arturito) nella nostra video intervista, non smette di inserire all’interno del racconto riferimenti all’economia globale e all’inadeguatezza e alle bugie dei governi.
La Banda in questi anni è diventata un simbolo di resistenza e rivoluzione contro un sistema che mente e tiene sotto scacco le persone comuni. Tokyo, Denver (Jaime Lorente), Stoccolma (Esther Acebo), Rio (Miguel Herrán), Nairobi (Alba Flores) e gli altri hanno rappresentato quella libertà che a quasi nessuno di noi è concessa, quella di chi è pronta a mettere a rischio tutto pur di fare il proprio personale scacco matto (che in questo caso non coincide con la legalità!). Come afferma Lisbona (Itziar Ituño) in una scena, è il picaresco spagnolo a pervadere il racconto. Un racconto fatto di delusioni d’amore e voglia di riscatto, lingotti d’oro e maschere di Dalì, piani geniali e perdite. Ma, sopratutto, di sogni che non sono ancora finiti.
- La Casa di Carta 5 Parte 1: la recensione
La video intervista a Pedro Alonso è a cura di Manuela Santacatterina:
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