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Vincent Lindon: «La potenza di Titane, il presente e il peso del cinema politico»

Mezz’ora faccia a faccia con uno dei più grandi attori europei, protagonista nel film di Julia Ducournau

Vincent Lindon
Vincent Lindon

ROMA – Dopo appena un paio di minuti passati al telefono, tornando al tavolo di noi giornalisti, Vincent Lindon ci accoglie con una sincera e non sempre scontata ammissione: “Scusate, ma anche noi abbiamo una vita privata…”. Abbiamo aspettato attori e attrici per molto più tempo senza che avessero un briciolo del suo enorme talento, ci viene quasi da dirgli, ma preferiamo concentrarci sulla dettagliata profondità di pensiero posseduta da uno dei più grandi interpreti francesi ed europei, arrivato a Roma per accompagnare la presentazione di Titane di Julia Ducournau (1 ottobre in sala con I Wonder), Palma d’Oro a Cannes e pellicola scelta per inaugurare la riapertura del Cinema Troisi, restituito alla Capitale dall’Associazione Piccolo America. Trenta minuti condivisi da Vincent Lindon per parlarci dalla possente folgorazione arrivatagli dalla spiazzante sceneggiatura di Titane, ma anche del suo rapporto con i ruoli e, ancora, dell’importanza del cinema politico in un momento di storico di incertezze e cambiamenti culturali.

Cos’ha pensato letta la sceneggiatura di Julia Ducournau?

“Nessuna emozione, ma una sensazione animale. Sentivo la necessità di volerlo interpretare, sentivo un’amore forte. Non potevo non dire di sì a Julia. C’è stata una condivisione di intenti e, incontrando la regista, abbiamo pensato a dove poterlo portare, dove poter andare. Così ho anche capito che Titane è un grande film d’amore”.

Vincent Lindon in Titane
Vincent Lindon in Titane

Come sceglie i ruoli? Questo è decisamente complesso e pieno di rischi.

“Le cose vengono come vengono. Non ho un piano di lavoro, mai avuto. Il campo si sgombra quando capisco le cose che non voglio fare. Non cerco ruoli difficili, ma è certo che nella vita si cresce e si cambia. Magari andando diretti verso le cose. Il rischio? Qui era psichico più che altro: quando incontri un personaggio bisogna fare un buon affare, uno scambio. Cambio qualcosa di me per interpretarlo, e alla fine deve necessariamente restare qualcosa. Anni fa un mio amico mi disse di stare attento, perché i miei personaggi fanno parte di me. Chiaro, tutto dipende dal progetto, quello che ti stanca meno. Pensa al tennis: vince chi è meno stanco. E infatti noi abbiamo vinto la Palme d’Or…”

Titane è, appunto, un film da grande schermo. Come giudica il cambiamento imposto dallo streaming?

“Non sono in grado di capire quello che accadrà, ma resto un uomo di cinema. E mi dispiace che i ragazzi si avvicinino a questa arte guardando in basso verso uno schermo di un telefono, invece che in alto, verso uno schermo grande”.

I temi di Titane sono molti e si presta a diverse letture. Lei come lo ha letto?

“Sì, i temi sono molti: i generi, gli uomini, le donne, la maternità, la paternità… Non so, sento le cose ma non riesco a spiegarle. Ma qui ci sono temi mondiali contenuti in un film”.

Cinema sociale, cinema politico. Cosa ne pensa?

“È un modo di esprimersi. Se chi guarda cambia prospettiva allora cambia prospettiva allora è un film riuscito. In Italia il cinema politico era quasi un obbligo culturale: Pasolini, De Sica, Monicelli. Ma, oltre la politica o la società, oltre far ridere o fare piangere, mi interessa testimoniare il nostro presente per lasciare una traccia futura”.

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Qui il trailer di Titane

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